Tunisia: migranti in fuga dalla crisi e daĺla fame
di STRISCIA ROSSA (Gianni Solinas)
Arriva dalla Tunisia la nuova minaccia per il governo italiano sul fronte dei migranti. L’allarme è stato lanciato dai servizi segreti che nella Relazione annuale hanno certificato come il Paese in profonda crisi economica, non sia più in grado di contenere le partenze. Il documento suona come un avvertimento all’esecutivo: non servono slogan e proclami, ma misure concrete. Gli sbarchi sono più che triplicati rispetto allo scorso anno e da gennaio è stata calcolata una media di cinque arrivi al giorno. Numeri destinati a crescere.
Tunisia, un paese in ginocchio
La Tunisia è in gravissime difficoltà a causa della pandemia e della guerra in Ucraina. Il sistema produttivo annaspa e l’inflazione cresce in modo costante, assieme ai prezzi di materie prime ed energia, mentre stipendi e salari restano al palo. Chi vede sfumare ogni prospettiva di una vita dignitosa prende la via del mare. Inutile catalogarli come ‘semplici’ migranti economici e quindi meno meritevoli di essere accolti rispetto a chi scappa da guerre e dittature. Sono comunque uomini e donne disposti a tutto e che vedono nell’Europa, passando per l’Italia, l’ultima chance.
Poi ci sono gli altri: quelli arrivati in Tunisia dall’Africa subsahariana per sfuggire a miseria e guerre e che oggi si apprestano a scappare ancora per paura di persecuzioni e violenze. E questo perché il già disastrato panorama del Paese del Maghreb si è complicato ulteriormente con la deriva razzista alimentata nei giorni scorsi da una sorta di editto del presidente Kais Saied. Il rais tunisino, imitando la destra populista europea, per distogliere l’attenzione dai problemi economici e sociali ha imboccato la strada ultra-nazionalista attaccando gli immigrati africani e innescando una spietata ‘caccia al nero’. In un delirante proclama pubblicato sul sito della presidenza Saied, cavalcando un sentimento sempre più diffuso nel Paese, si è scagliato contro le “orde” dei migranti subsahariani che avrebbero invaso il Paese (in realtà si tratta di alcune decine di migliaia di persone a fronte di una popolazione di 12 milioni di abitanti…). In particolare Saied ha denunciato una sorta di complotto internazionale che sarebbe stato orchestrato per cambiare la composizione demografica della Tunisia tramite una grande sostituzione etnica che minaccerebbe la sua identità araba e islamica. Parole in libertà che però hanno innescato una serie di aggressioni contro gli africani spesso costretti a lasciare case e luoghi di lavoro: altri ‘clienti’ per i trafficanti di esseri umani anche se, secondo un copione ormai sperimentato, dopo l’indignata reazione dell’Unione Africana è arrivata una precisazione del ministro degli Esteri, Nabil Ammar, per cui le affermazioni di Saied sarebbero state interpretate “in modo tendenzioso”.
Nonostante le proteste a livello internazionale e interno, e le successive parziali marce indietro, resta il problema di un Paese in difficoltà, guidato da un presidente autoritario che ha accentrato su di sé tutto il potere innescando una vera e propria guerra contro i partiti politici (peraltro inconcludenti per oltre un decennio dopo la ‘Rivoluzione dei gelsomini’) culminata il 25 luglio 2021 con l’adozione della clausola di emergenza prevista dall’articolo 80 della costituzione. Una disposizione che Kais Saied ha utilizzato per licenziare il primo ministro e nominare due mesi dopo una premier di sua fiducia, congelare le attività del parlamento e infine assumere anche la carica di procuratore generale. Il tutto col contorno di persecuzioni e arresti di esponenti politici, soprattuto del partito islamico Ennahda, e sindacalisti.
Una difficile soluzione
È con questo discutibile capo di Stato che il governo italiano deve fare i conti per tentare di evitare l’annunciata ondata di sbarchi. La strategia sembra quella del sostegno economico. In particolare – al di là di un non meglio specificato intervento dell’Unione Europa – si punta sul prestito di circa due miliardi di dollari concordato dalla Tunisia lo scorso ottobre con il Fondo monetario internazionale. La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, il 28 febbraio ha sentito al telefono la premier tunisina Najla Bouden Ramdhane assicurando che l’Italia continuerà a sostenere finanziariamente, assieme alla Ue, il Paese maghrebino “fornendo il suo appoggio – si legge su Askanews – anche presso le istituzioni finanziare internazionali”. Il giorno precedente il ministro degli Esteri Antonio Tajani aveva chiamato il suo omologo Nabil Ammar ricordando – riferisce Italpress – la recente telefonata con la direttrice generale del FMI, Kristalina Georgieva, durante la quale ha rappresentato la necessità che “il Fondo possa rapidamente intervenire a favore della stabilizzazione e della crescita tunisine con un sostegno economico e finanziario”. Il governatore della Banca centrale Marouane Abassi – riporta African Manager – prevede di raggiungere un accordo con il Fondo monetario nelle prossime settimane su un prestito compreso tra due e quattro miliardi di dollari in tre anni. L’intesa, sostiene, aprirà le porte a ulteriori finanziamenti anche con il Giappone e i paesi del Golfo.
Basterà questa iniezione di denaro fresco ad allentare le tensioni sociali e a frenare la fuga di disperati dalla Tunisia? Difficile al momento fare previsioni e qualche dubbio è lecito avanzarlo, almeno per il breve periodo. Resta l’allarme lanciato dai servizi segreti per una situazione che, sulla base dei dati in possesso, si prefigura esplosiva. Nel frattempo il governo italiano appare ancora pericolosamente impantanato in un approccio ‘securitario’, che con la tragedia di Cutro ha mostrato tutta la sua anacronistica inefficienza, per fronteggiare un’emergenza che meriterebbe una strategia ben di più ampio respiro.
Fonte: https://www.strisciarossa.it/tunisia-migranti-in-fuga-dalla-crisi-e-dalla-fame/
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