Il controllo sulla esportazione della valuta e il “monopolio” dell’Ufficio Italiano cambi (UIC)

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3 risposte

  1. Massimo Costa ha detto:

    Ho seguito con attenzione questa rassegna di articoli.
    Volevo chiedere all'autore il suo parere sul significato che avrebbe avuto l'attuazione dell'art. 40 dello Statuto siciliano che così recita:
    "Le disposizioni generali sul controllo valutario emanate dallo Stato hanno vigore anche nella Regione.
    E' però istituita presso il Banco di Sicilia [che allora era ente di diritto pubblico "controllato congiuntamente" da Banca d'Italia e Regione siciliana, nota nostra], finché permane il regime vincolistico sulle valute, una Camera di compensazione allo scopo di destinare ai bisogni della Regione le valute estere provenienti dalle esportazioni siciliane, dalle rimesse degli emigranti, dal turismo e dal ricavo dei noli di navi iscritte nei compartimenti siciliani."
    L'articolo in questione, dopo un certo dibattito nel Dopoguerra, cadde in completa desuetudine e, almeno in termini letterali, oggi non sarebbe più applicabile proprio perché il regime vincolistico delle valute è tramontato nel 1989/90. Ma cosa significava? Io ho capito che si voleva restaurare la gestione autonoma delle riserve valutarie che il Banco aveva fino al 1926, quando era istituto di emissione. Come? Considerando la bilancia commerciale (si indicano le partite attive soltanto, ma per semplicità, essendo allora la Sicilia un paese esportatore netto di significative materie prime quali lo zolfo, il grano o le rimesse degli emigranti) e decentrando nell'isola le funzioni che la legge riservava nel resto del territorio alla Banca d'Italia.
    Quali conseguenze economiche avrebbe avuto l'attuazione di questo articolo per la Sicilia e per l'Italia? E per quali ragioni teoriche all'Assemblea costituente il liberale Einaudi (poi Presidente) tentò di opporsi alla ratifica di questo articolo sostenendo che, con esso, il potere d'acquisto della lira in Sicilia sarebbe stato diverso che in Italia e quindi che spianava la strada alla creazione di una "lira siciliana"?
    La ringrazio per un suo parere.

  2. stefano.dandrea ha detto:

    Gentile Massimo Costa,

    quella che Lei cita è una disposizione di difficile lettura, tanto più che non ha mai avuto attuazione. Né conosco la dottrina che si è formata sul punto, essendo io un civilista che ama indagare altri settori normativi, legati all'economia. Direi che è una di quelle disposizioni che si conoscono al meglio leggendo i "lavori preparatori", i quali, in questi casi, sono il miglior selettore tra i possibili significati.

    Senza studiare, direi soltanto che dicendo che "Le disposizioni generali sul controllo valutario emanate dallo Stato hanno vigore anche nella Regione", il legislatore ha precisato che i divieti e il potere autorizzatorio statali non venivano menomati.  I residenti siciliani erano sottoposti alle normative e ai controlli nazionali.

    Gestione autonoma delle riserve valutarie? Non mi è chiaro, sinceramente. Ad una prima lettura, la singolarità è che allo scopo di soddisfare i bisogni della regione erano destinate (tutte?) le valute straniere derivanti da esportazioni. Se lei non mi avesse suggerito una interpretazione ragionevole, io avrei preso le mosse dallo scopo dichiarato dal legislatore: spendere le valute straniere per soddisfare i bisogni della regione. Insomma, la prima lettura mi suggeriva che l'obiettivo era spendere più che costituire riserve.

    Adesso la mia curiosità è grande. Approfondirò, e la cercherò, non certo per darle una risposta ma per cercarla assieme o magari per confermare la sua ipotesi.

  3. Massimo Costa ha detto:

    La ringrazio per la sollecita risposta. Da qualcosa che ho letto sui lavori della Consulta regionale che stilò lo Statuto mi pare che si riferissero solo alle eventuali eccedenze di riserve da spendere. D'altronde una "clearing house" per funzionare ha bisogno di riserve, non può spenderle tutte. Sembra che la norma attribuisse alla Regione la proprietà delle riserve ma non la sua gestione. Questione attuale per lo Stato, che, anche secondo il Trattato di Lisbona, è "in teoria" proprietario delle riserve, ma non può gestirne o incamerarne le eccedenze senza il parere favorevole della BCE (che non lo darà mai, ma questa è altra storia).
    Mi rendo conto che è difficile trovare il materiale su questo argomento, tutto su cartaceo e piuttosto "locale". La Regione siciliana, negli anni '60/'70 pubblicò i lavori della Consulta e poi c'è un contributo dell'economista Frisella Vella sugli Annali della Facoltà di Palermo degli anni '40. Ma è tutta roba piuttosto difficile da reperire. Più facile trovare il dibattito alla Costituente nel gennaio '48, quando lo Statuto doveva essere recepito e fu recepito nella sua versione integrale e originaria del 1946.
    Sorprende in positivo, per i tempi, la lungimiranza nell'individuare una fonte finanziaria importante e nel preservarla al dominio pubblico con una lucidità che non si riscontra neanche nella Costituzione repubblicana. Ad ogni modo, ormai,…
    Grazie comunque per l'attenzione.

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