La strategia del cambiamento
di GABRIELE GERMANI (Pagina FB)
Uno dei programmi più avanzati al giorno d’oggi per il cambiamento strutturale all’interno di uno Stato capitalista è rappresentato dall’alternativa sudamericana.
Intendiamoci, alcuni paesi stanno sperimentando il socialismo di mercato con discreto successo (Cina, Laos e Vietnam) e con alti livelli di gradimento dei propri cittadini, ma questi paesi sono passati già nel corso del ‘900 per il socialismo reale, quello che potremmo chiamare socialismo duro, quello che nell’immaginario comune è il socialismo (come se questo fosse un monolite e no, non lo è).
Al contrario, gli Stati capitalisti che hanno avuto la possibilità di aprire linee di frattura all’interno del dominio capitalista e imperialista hanno dovuto fare i conti con un mondo unipolare e quindi in cui tutta la classe dirigente mondiale è unificata sotto il predominio della classe dirigente USA.
Il caso venezuelano è emblematico, un governo socialdemocratico è riuscito attraverso un’iniziale apertura interclassista a prendere il potere e poi in un secondo momento a riaprire l’orizzonte delle riforme strutturali e quindi con un orizzonte classista. A questo ha fatto seguito una riapertura a livello internazionale dei propri rapporti: freddo con gli USA, apertura a Cuba, regionalismo latinoamericano, graduale apertura a Russia e soprattutto Cina e Iran (con cui sono seguiti ingenti accordi di rifornimenti alimentari, ad esempio).
Tutto è passato attraverso riforme radicali senza nessun processo rivoluzionario: pesanti regole al mercato, controllo sulla produzione del petrolio, servizi pubblici (sanità, cibo, istruzione) per tutte le fasce di popolazione più povere.
Per la verità, pur non dovendo fare una vera e propria rivoluzione si è comunque vista la necessità di mobilitare la popolazione attorno a un clima rivoluzionario, ad esempio per difendere Chavez e Maduro dai ripetuti tentativi di colpo di stato fomentati dalla CIA.
Rimangono tre elementi centrali per capire questo caso:
1) Il posizionamento nella periferia del sistema-mondo; non essere uno dei paesi più ricchi;
2) La necessità di una forte mobilitazione di massa attorno al processo rivoluzionario;
3) L’apertura degli spazi di forza internazionali attraverso l’ascesa cinese e a ruota dei BRICS.
Fonte: https://www.facebook.com/share/p/YW1hvu4NTVfeQue5/
Commenti recenti