Il candidato del Partito repubblicano, Donald Trump, ha vinto le elezioni presidenziali negli Stati Uniti. I repubblicani, peraltro, hanno anche conquistato la maggioranza dei seggi al Senato, ad oggi controllato dai democratici.
Ecco cosa ha promesso Trump – già presidente dal 2017 al 2021; il suo secondo mandato inizierà nel gennaio 2025 – in campagna elettorale su energia, microchip e automotive.
COSA FARÀ TRUMP SULL’ENERGIA
Sull’energia, Trump ha promesso principalmente una cosa: che ne abbasserà i prezzi per i consumatori americani. Anche Harris garantiva che avrebbe fatto lo stesso. I due differivano insomma non sull’obiettivo finale, ma sul metodo da seguire: mentre infatti Harris diceva di voler puntare soprattutto sulla transizione ecologica e sulle fonti a basse emissioni, Trump vuole incoraggiare la produzione di petrolio e gas.
Gli Stati Uniti, però, sono già i maggiori produttori al mondo di questi due combustibili fossili e l’output petrolifero ha raggiunto livelli record proprio durante l’amministrazione di Joe Biden, che pure ha fatto molto per incentivare il passaggio alle energie pulite.
In sostanza, il programma di Trump sull’energia prevede lo stimolo alle trivellazioni oil & gas e l’esportazione di combustibile liquefatto attraverso la rimozione delle normative climatiche di Biden e l’uscita dall’accordo di Parigi. Ha detto anche di voler cancellare i fondi non ancora spesi dell’Inflation Reduction Act – la legge da 369 miliardi di dollari in crediti d’imposta e sussidi vari alla manifattura di tecnologie pulite sul suolo americano -, nonostante abbia portato benefici anche ad alcuni stati che hanno votato per il Partito repubblicano: la Georgia, per esempio, dove sta nascendo un’industria delle batterie.
Trump ha attaccato le regole sul contrasto delle emissioni delle centrali elettriche e ha promesso di rimuovere “ogni ostacolo burocratico in modo da rilasciare autorizzazioni rapide per nuove trivellazioni, nuovi oleodotti, nuove raffinerie e nuove centrali e reattori”. Rispetto al passato, è diventato poi molto critico nei confronti dell’eolico in mare (offshore).
COSA FARÀ TRUMP SUI MICROCHIP
Oltre che dell’Inflation Reduction Act, Donald Trump è molto critico anche di un’altra delle leggi più importanti dell’amministrazione Biden: il Chips Act, che stanzia oltre 50 miliardi di dollari per la manifattura di semiconduttori sul territorio americano, più altri fondi pubblici per la ricerca in materia.
Trump considera il Chips Act “pessimo”. Intervistato da Joe Rogan nel suo popolarissimo podcast, ha detto che l’amministrazione Biden ha “messo miliardi di dollari perché le aziende ricche venissero a prendere in prestito i soldi e costruissero aziende di chip qui, e comunque non [avremo, ndr] le aziende buone”. Ha pure accusato Taiwan, uno dei grandi centri manifatturieri dei semiconduttori, di aver sottratto “il business dei chip” all’America e ha promesso l’imposizione di dazi sui semiconduttori.
Non è detto, comunque, la nuova amministrazione Trump elimini il Chips Act, che è stato approvato anche con il sostegno di alcuni repubblicani e che affronta – nonostante il ricorso massiccio ai sussidi statali, generalmente sgraditi – diverse questioni care al partito, come il rafforzamento dell’industria manifatturiera nazionale e il contrasto della Cina, la principale rivale politica ed economica degli Stati Uniti.
È molto probabile, invece, che Trump porti avanti le restrizioni al commercio di semiconduttori avanzati e di macchinari di chipmaking con la Cina, con l’obiettivo di ostacolarne il progresso tecnologico.
IL PIANO PER L’INDUSTRIA AUTOMOBILISTICA
Quanto all’industria automobilistica, si pensa che Trump possa eliminare i nuovi limiti sulle emissioni allo scarico delle automobili, che favoriscono i modelli elettrici. Sembra invece improbabile che possa cancellare del tutto l’Inflation Reduction Act, che prevede anche degli incentivi all’acquisto di veicoli a batteria, ma potrebbe ridimensionare l’entità dei sussidi o bloccare l’emissione di nuovi.
Il cuore della strategia di Trump per l’automotive, però, sono i dazi. L’ex-presidente ha detto di voler imporre delle tariffe sulle importazioni automobilistiche dal Messico per evitare che le case cinesi sfruttino il paese – che fa parte del libero scambio nordamericano – come base per l’esportazione di veicoli elettrici sul mercato statunitense.
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