Milo De Angelis e la storia di un tema in classe
Milo De Angelis (Milano, 1951) è uno dei maggiori poeti italiani contemporanei. Dagli anni Settanta a oggi ha pubblicato sette raccolte poetiche, fra cui Tema dell'addio (Premio Viareggio nel 2005) e Quell'andarsene nel buio dei cortili (Premio Stephen Dedalus nel 2011).
Torna antica la parola
e quella stanza era un suono
di fogli e neon, lesione
nella castità delle dita
eternità perduta per un soffio
a precipizio tra due pareti,
scendo in un giorno remoto,
il polpaccio s’indurisce,
tutto finisce a mezzogiorno, di ombra
in ombra si abbrevia una vita,
l’erba cresce nei corridoi
bisogna consegnare,
tra qualche minuto, bisogna
consegnare anche la brutta.
Commento dell'autore
Torna antica la parola è la storia di un tema in classe. O meglio, è la storia poetica di tutto ciò che precede la consegna del tema: tensioni, chiaroscuri, fantasie, tutto un mondo in attesa che assume i contorni dell’incubo. Nelle dita che impugnano la penna si forma una lesione, i polpacci sono induriti da un crampo, la vita intera sembra abbreviarsi e non concede più il tempo necessario. «Di ombra / in ombra si abbrevia una vita». A mezzogiorno in punto occorre concludere. Non un minuto oltre. A mezzogiorno. Non bisogna andare fuori tempo o fuori tema. Occorre essere chiari e scorrevoli. Si deve andare a capo dopo il punto. Ma non sempre. Dipende. Periodi brevi. Frasi lunghe ridotte al minimo. La tensione aumenta. Il panico è dietro l’angolo. La realtà, a poco a poco, si sta allucinando. L’aula è un precipizio tra due pareti. L’erba cresce nei corridoi. In un tema si gioca la vita eterna. «Eternità perduta per un soffio». Ore decisive. Ore contate. Tutto dipende da queste pagine.
Fine della prima parte. Il tema è concluso. Rileggiamo. Non ci sono errori, inciampi, ripetizioni. Il lessico è ampio e vario. Le frasi si incidono nette sul foglio. Tutto sembra a posto. Tutto tranne una cosa. Ed è una cosa essenziale. La poesia lo dice alla fine. Lo dice in corsivo. E lo ripete due volte. Lo dice così, come un pensiero improvviso. Un pensiero che sopraggiunge e distrugge tutto il resto. Lo dice come un pensiero istantaneo. O una voce fuori campo. Come un coro greco. Una voce che ammonisce, sapiente e temibile. Una voce interiore che diventa voce di tutti, verità rivelata, comandamento. Non basta, dice, consegnare il tema nella sua forma compiuta, anche se abbiamo lavorato a lungo per raggiungere quella forma. Non basta. Bisogna consegnare tutto, compresi i dubbi, gli errori, i ripensamenti, le incertezze più risibili e penose. Non si può nascondere nulla. Bisogna consegnare ogni cosa, anche gli altri fogli, anche quelli scarabocchiati, stracciati, gettati nel cestino. Bisogna fare così, non c’è scampo: «bisogna consegnare, / tra qualche minuto, bisogna / consegnare anche la brutta».
Qui la poesia vira in un’altra direzione. Quel ritmo breve e percussivo di ottonari e novenari sfocia in una paura più vasta. Non si trattava solo di un tema. Era partito da lì, certo, da quell’aula dell’Istituto Gonzaga di Milano, da quei tremori adolescenti. Ma ora la cosa riguarda ogni età. L’età di allora e l’età di adesso. Il tema era la metafora perfetta della condizione umana. Bisogna consegnare anche la brutta, secondo la legge. Non si può nascondere nulla. Bisogna consegnarsi all’altro per intero, in una nudità senza difese. E’ questo che avverrà? E’ a lui che avverrà? E il suo tema, dunque, assume i lineamenti di una profezia? Il ragazzo non può rispondere a queste domande. Rimane lì, tremante, con i fogli in mano, in un’esitazione cruciale, sente che il momento sta per giungere e non riguarda solo quel tema, ma tutta la sua vita.
NB: Sul peso assoluto del tema in classe, rinvio a questa riflessione biografica apparsa nell’Almanacco dello Specchio, Mondadori, 2007: “Mi preparavo al tema come ci si prepara a un incontro d’amore. Attendevo quel momento con una trepidazione, un batticuore gioioso, un trasporto totale del mio piccolo essere. Continuavo, certo, le cose di tutti i giorni. Giocavo a pallone, accudivo i miei gatti, leggevo Salgari. Ma tutto andava a confluire lì, nell’evento supremo, nel foglio che mi aspettava sul banco e riempiva di sé ogni giornata. E anche ogni notte. Il dormiveglia si popolava di frasi, episodi, volti e strade che avrei fatto rinascere nel tema. Quando giungeva il giorno benedetto, sentivo che da quel tema dipendeva tutta la mia vita e anche quella di chi mi leggeva, il maestro Bruno Piccoli, il mio primo ponte d’ingresso: attraverso di lui, mi rivolgevo al mondo intero. Mi trovavo di fronte a una porta. Quel foglio a righe, foglio di protocollo bianco e rettangolare, era davvero una porta. Bisognava varcarla per entrare nella vita autentica. E scrivere un tema era una profezia. Quello che stavamo per scrivere in un aula era quello che avremmo poi trovato in mezzo agli uomini: era un’anteprima dei nostri amori, dolori, solitudini, una mappa del nostro viaggio, una cartina muta da riempire con la massima precisione, un lasciapassare essenziale per la nostra salvezza”.
Milo De Angelis
Fonte: www.nuoviargomenti.net
da quel tema dipendeva tutta la mia vita e anche quella di chi mi leggeva
Faccio un parallelo musicale. Anche chi esegue un brano sa che da quell'esecuzione "dipende tutta la vita", perchè anni di studio sono condensati in un attimo, l'attimo dell'esecuzione. Se poi si improvvisa (non c'è neanche un tema da eseguire, si ricama sopra l'impianto armonico) l'attimo è ancora più fuggevole, compresso com'è dallo stile in corso e la necessità di sapere dove si finirà.
La tensione, così misurata da quante "brutte copie" si vuole nel caso della poesia, viene portata all'estremo proprio per mancanza di una seconda scelta. Nel tempo musicale, e diversamente dal tempo poetico, esiste un'unica possibilità temporale: un lasciapassare essenziale per la nostra salvezza.
Bell'articolo.
L'esecuzione di un brano musicale, come il tema in classe, è anche una metafora della vita. Tutti gli istanti della nostra esistenza, sebbene raramente ne abbiamo la percezione, sono decisivi e definitivi, perché irreversibili. Il potere dell'arte consiste proprio nel rivelare «l’assoluto stretto a un momento / solo» (come scrive De Angelis in un'altra sua poesia), nel mostrarci che l'intero universo è un susseguirsi di decisioni indifferibili. Il regno della necessità e del destino.