La Nazione e la protezione delle imprese italiane nella costituzione economica di Antonio Pesenti
Antonio Pesenti, repubblicano poi socialista condannato a 24 anni di carcere, ne scontò 8 e, uscito di prigione dopo l'8 settembre 1943, si iscrisse al partito comunista. Membro dell'assemblea costituente, come Fanfani e Togliatti, fu incaricato di redigere una relazione in materia di rapporti economici e una proposta di principi giuridici che avrebbero dovuto esprimere la disciplina costituzionale dei rapporti economici.
E' un conforto spirituale trovare tante volte nominata la nazione nella proposta di questo economista marxista e comunista, poi professore ordinario di economia politica, il quale aveva scontato 8 anni di duro carcere per la condanna inflittagli dal Tribunale speciale: non era l'amore per la (e l'adesione al concetto di) nazione a dividere i comunisti dai fascisti. Nel pensiero di Pesenti, le imprese poste sotto il controllo della Nazione ma non pubbliche erano le (future) partecipazioni statali, istituto che tanta importanza avrà durante il trentennio glorioso e che andrà ristudiato e ri-valorizzato. Ugualmente mi conforta il fatto che per Pesenti tutte le imprese italiane, anche quelle di proprietà privata, dovessero essere "protette". Vi trovo conferma del fatto che i "comunisti" moderni, contrari al protezionismo e allo Stato nazione, sono chiaramente anticomunisti e antisocialisti, come vado argomentando da tempo.
Di seguito le disposizioni normative proposte da Antonio Pesenti:
"Senza nessuna pretesa per quello che riguarda la forma, ma solo per indicare la posizione dei vari concetti nella loro conseguenza logica, credo opportuno di formulare una serie di proposizioni soltanto per ciò che si riferisce al mio argomento:
a) la proprietà è il diritto di usare, di godere, di disporre dei beni garantiti a ciascuno dalla legge;
b) la proprietà dei mezzi di produzione può essere privata, cooperativa o di Stato. Lo Stato riconosce e garantisce e tutela la proprietà privata e l'iniziativa economica privata. Lo Stato e tutti i cittadini hanno il dovere di difendere la proprietà statale demaniale, la proprietà delle collettività pubbliche, la proprietà degli Enti pubblici e delle imprese statali e nazionalizzate;
c) la proprietà privata non può essere espropriata che per legge;.
d) il diritto di proprietà non potrà essere esercitato in contrasto con l'utilità sociale, con le direttive e i programmi economici stabiliti dallo Stato o in modo da arrecare pregiudizio alla proprietà altrui, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana col deprimere il livello di esistenza al di sotto del minimo stabilito dai bisogni umani essenziali;
e) ogni proprietà che nel suo sviluppo ha acquistato o acquista, sia per riferirsi a servizi pubblici essenziali o a situazioni di monopolio o a fonti di energia, o a dimensioni relativamente rilevanti, caratteri tali da assumere un aspetto di preminente interesse nazionale, deve diventare proprietà della collettività nazionale o essere posta sotto il diretto controllo della Nazione;
f) per garantire lo sviluppo economico del Paese e per assicurare nell'interesse nazionale l'esercizio del diritto e delle forme di proprietà previste dalla legge, lo Stato assicura al lavoratore il diritto di partecipare alle funzioni di direzione dell'impresa, siano esse aziende private, pubbliche o sotto il controllo della Nazione;
g) lo stato riconosce la funzione sociale:
delle imprese gestite direttamente o indirettamente dalla Nazione;
delle imprese cooperative;
delle imprese private direttamente gestite dal proprietario.
Nell'interesse della Nazione ne assicura lo sviluppo e la protezione.
Credo che nel complesso tali norme siano sufficienti per esprimere e proteggere la realtà sociale del nostro tempo e corrispondere alle esigenze della nostra coscienza popolare".
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