Mimmo Porcaro sulla lista Tsipras
Mimmo Porcaro ha pubblicato su Sinistra no euro un articolo dal titolo Tsipras, per non sprecare un'occasione. Lo pubblichiamo, perché all'interno della ormai piccola galassia della sinistra radicale, le analisi e le proposte di Porcaro sono senz'altro le più vicine alle analisi e proposte dell'ARS. Per molti versi, anzi, coincidono. Porcaro non esita a considerare l'Unione europea irriformabile; a chiarire che l'obiettivo deve essere quello di distruggere l'Unione europea (forse l'obiettivo di "distruggere" l'Unione europea, fino ad ora, lo avevamo espresso soltanto noi); a convenire che i diritti costituzionali sono inattuabili dentro l'Unione europea e che l'Unione europea non soltanto è antidemocratica ma ha la funzione di distruggere le democrazie europee. Crediamo di essere stati i primi in rete a porre in evidenza l'irriducibile conflitto tra Costituzione italiana ed Unione europea. E da sempre abbiamo sottolineato che il problema non è (soltanto) l'Euro, che ha "valorizzato" i vincoli imposti agli Stati dall'Unione europea, ma l'insieme dei vincoli di Maastricht parzialmente anticipati dall'Atto Unico – nonché alcuni risalenti vincoli che già caratterizzavano la Comunità economica europea e che sono dannosi nell'attuale contesto storico: il problema è l'Unione europea in sé considerata e quindi il mercato unico, il quale, a rigore, a causa del divieto di "tutte le restrizioni" alla circolazione dei capitali "tra Stati membri nonché tra Stati membri e paesi terzi" (art. 63 del TFUE) è in realtà (la necessità di accettare) il mercato finanziario globale, la concorrenza internazionale nello produzione e nello scambio di merci e servizi e, pertanto, la deflazione salariale strutturale (la quale è, diciamolo chiaramente, il "valore" fondante dell'Unione europea). Volentieri perciò pubblichiamo l'articolo di Porcaro, nella speranza che esso, all'interno del processo di decomposizione della morente sinistra radicale, concorra a formare una di quelle quattro o cinque frazioni necessarie a costuire quell'alleanza sovranista della quale l'Italia ha bisogno e che è iscritta nel destino della storia. Osserviamo soltanto che Tsipras, a nostro avviso, come avevamo scritto già 19 mesi fa, non è la personalità adeguata a rappresentare le analisi e le proposte di Porcaro, trattandosi piuttosto di un Toni Negri che le circostanze storiche hanno beneficiato di un successo immeritato (un Toni Negri con il 16% scrivemmo allora).
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Mimmo Porcaro, Tsipras, per non sprecare un'occasione
La candidatura di Alexis Tsipras alle prossime elezioni europee ha suscitato, come era auspicabile, un’affollata discussione all’interno di ciò che resta della sinistra radicale. Peccato che la discussione verta quasi solo su questioni secondarie e dia per scontata la questione più importante, ossia quella della presunta riformabilità dell’Unione europea.
Secondaria, ed anche un po’ consunta, è infatti la querelle tra partiti e società civile, alla quale non mi sottraggo solo perché sono stanco di sentir ripetere che i partiti sono i malati e la società civile è il dottore: la prima affermazione è giusta, la seconda no. Da chi è composta, infatti la famosa società civile? Da lavoratori di media o alta qualificazione, da intellettuali che tutti insieme vanno a formare quella classe “riflessiva” che è senz’altro decisiva per qualunque seria politica, ma che al momento (con le dovute eccezioni) riflette su tutto tranne che sulle cose essenziali. Che sono: a) come pensare una concreta alternativa al modo di produzione capitalistico (qualcosa, insomma, che vada oltre la rivendicazione di questo o quel diritto e si concentri sui rapporti di proprietà e di potere), visto che il capitalismo attuale non mostra alcuna intenzione di scendere a compromessi? E poi: b) come sanare quella crescente frattura tra frazioni qualificate e frazioni dequalificate del lavoro, tra organizzati e frammentati, tra “democratici” e “populisti” che è il principale ostacolo alla formazione di una efficace alleanza popolare? E infine: c) come continuare a farsi paladini dei valori costituzionali e restare, imperterriti, dentro uno spazio europeo che li rende inattuabili? Non riflettendo su tali questioni, la classe “riflessiva” mostra di non saper fornire le indicazioni di cui abbiamo bisogno: tanto quanto i deprecati partiti.
Ma la società civile è formata anche e soprattutto dalle numerosissime associazioni votate all’azione di cittadinanza, all’intervento sociale, alle più varie attività altruistiche. Vero, e vero anche che le associazioni autonome dei cittadini (a cominciare da quelle dei lavoratori), sono componente decisiva di quel socialismo pluralista che alcuni di noi iniziano ad immaginare. Ma mentre, nel mondo ideale, il concetto di libera associazione tenta di tornare in sintonia con quello di socialismo,
nel mondo reale le associazioni concretamente esistenti (anche qui, con le dovute eccezioni) continuano a flirtare col capitalismo e col suo stato. Chi si fa parte attiva della sussidiarietà, e quindi delle privatizzazioni. Chi vive di fondi europei e quindi dipende dalle burocrazie di Bruxelles. Chi è costretto a continue mediazioni con questo o quel governo, mediazioni non necessariamente più onorevoli di quelle, ben più visibili ed esposte alla critica, dei partiti politici. Per non parlare delle zuffe interne, delle fazioni e delle cordate, della formazione di gruppi interessati più alla sopravvivenza dell’associazione che al raggiungimento del suo scopo: tutte dinamiche che non affliggono solo i partiti, ma qualunque forma complessa di organizzazione. Cosicché viene da dire, a chi ha proposto che nella lista Tsipras non vi sia spazio per chi ha avuto incarichi di partito o di governo negli ultimi dieci anni, che lo stesso draconiano divieto andrebbe esteso ai dirigenti ed ai lobbisti (eh sì, ce ne sono, eccome!) delle associazioni.
“Ma come! – dirà a questo punto l’onesto attivista di questo o quel gruppo di volontariato – Nessuno ci può confondere con la casta! Noi ci spendiamo per scopi altruistici! Lottiamo per avvicinare i cittadini alla politica, per la democrazia partecipativa e non per la limitata ed elitaria democrazia rappresentativa!”. Nessuno contesta l’altruismo degli scopi: resta comunque l’egoismo dei mezzi. La democrazia partecipativa (uno dei presunti antidoti al “deficit democratico” dell’Unione europea) è certo una gran cosa, ma funziona solo per chi ha il tempo e le risorse per partecipare. Essa cioè amplia meritoriamente il numero delle persone coinvolte nelle procedure decisionali, e quindi amplia le élite di governo, ma erge tra queste nuove élite e le masse escluse un muro ancor più alto e solido di quello che separava elettori e partiti: perché votare è semplice, partecipare è difficile; per influenzare un partito basta un voto, per influenzare i decisori della governance ci vuole ben altro. Integrare la democrazia rappresentativa con altre forme è certo necessario. Ma se togliete al popolo la democrazia rappresentativa (ovvero la possibilità di operare – pur delegandone ad altri l’attuazione – scelte efficaci in merito ad alternative effettive) e gli date in cambio una democrazia partecipativa a cui non può partecipare, ne ricaverete il populismo, ossia il rifiuto di qualsiasi mediazione: quella dei partiti politici in primis, ma anche quella degli esperti del “sociale”. E’ per questo che sostituire gli esponenti dei partiti con quelli di una società civile spesso impigrita nelle retoriche ormai gergali della “partecipazione” non porterà, se non per caso, a qualche apprezzabile risultato: gli uni e gli altri sono egualmente sconosciuti, o invisi, a quel popolo che hanno da tempo abbandonato nelle mani dei mestatori.
Detto ciò, non avanzo nessuna obiezione di principio ad una lista che non abbia simboli di partito. Oggi più di ieri quel che importa non sono i simboli, bensì le idee. Ma purtroppo, almeno per quanto riguarda le questioni essenziali, le idee che circolano non sono certo le migliori. La candidatura Tsipras ha infatti acceso, per ora, soprattutto l’interesse della parte più moderata della sinistra radicale quella che, per intenderci, è di gran lunga più disposta a dialogare col gruppo dei “socialisti” europei. Questo uso moderato della figura di Tsipras è dovuto al fatto che il partito della Sinistra Europea ne ha presentato la candidatura con un documento politico in cui prevale senza riserve l’idea della riformabilità dell’Unione e dell’irrinunciabilità dell’euro, un documento che non contiene nessun serio riferimento alla rapida diffusione di sentimenti e di elaborazioni anti-euro nei cittadini, ma anche nella sinistra del vecchio continente (valgano ad esempio i nomi di Oskar Lafontaine e di Wolfgang Streek, che di tutto possono essere accusati tranne che di avventurismo populista). E’ questa dichiarazione di fede assoluta nell’Unione europea ad aprire il campo alle incursioni moderate, perché chi ritiene insuperabile lo spazio dell’Unione (e dell’euro) ritiene di fatto insuperabile anche il liberismo, che nell’Unione (e nell’euro) trova la sua più efficace forma di funzionamento; e per quanto dichiari di avere obiettivi radicali deve rassegnarsi a fare quello che Vendola ed il PD già dicono di voler fare: correggere gli eccessi del liberismo, e poco più.
La caratura del candidato Tsipras, l’acuto conflitto di cui è espressione, le possibili conseguenze di un’affermazione di Syriza in Grecia avrebbero certamente meritato tutt’altra cornice, più aperta ad esiti radicali, più adatta a gestire le diverse alternative che si potrebbero presentare. E invece… . E invece tutto tende a ridursi all’obiettivo (tatticamente valido ma strategicamente insufficiente) della lotta all’austerity: come se fare qualche investimento dopo aver costretto i lavoratori – tramite l’austerity – a vendersi a vile prezzo non fosse esattamente lo scopo dei tanti capitalisti europei; come se l’abbandono della deflazione potesse in qualche modo eliminare quei differenziali di inflazione che sono la matrice principale del crescere degli squilibri intra-europei.
Questo diabolico perseverare, questa vocazione a credere nell’incredibile (ossia nella possibilità di democratizzare una macchina europea che è stata costruita proprio per impedire la democrazia) non sono ormai più comprensibili né giustificabili, soprattutto di fronte a due inequivocabili e recenti fatti che dovrebbero essere ben più convincenti dei nostri argomenti. Primo: il brusco tramonto dell’ipotesi di un ripensamento dei socialisti francesi, e magari tedeschi; ipotesi con la quale molti hanno giustificato nei mesi scorsi la loro rinnovata scommessa sull’euro, e che è stata seccamente smentita dalle scelte di Hollande e dalla completa assunzione della politica europea della Merkel da parte della SPD. Secondo: il brusco tramonto dell’idea per la quale la crisi avrebbe prima o poi indotto la Germania a più miti consigli, idea seccamente smentita dal fatto che le più influenti fondazioni e la più alta carica istituzionale di quel Paese insistono da mesi non già sulla necessità di una svolta inflattiva e cooperativa bensì sulla necessità di trasformare la supremazia economica della Germania in aperta supremazia politico-militare. Come mostrano i fatti di Kiev, significativamente rimossi dalla sinistra europeista, che vedono Berlino sostenere le forze neonaziste ucraine pur di ampliare, coi confini dell’Unione, la propria sfera di influenza. E l’espansione dell’Unione ad est – così rischiosa per quella pace che secondo l’opinione corrente solo l’Unione stessa saprebbe garantire – implica non già l’allentamento della subordinazione economica del sud, bensì la sua stabilizzazione come base di ogni ulteriore sviluppo.
Di fronte a tutto ciò attardarsi sulla riforma dell’Europa è, quanto meno, colpevole pigrizia intellettuale. Ed è di fatto una posizione interna al discorso del Pd, che non mancherà certamente, nel corso della campagna elettorale, di dire che in Europa qualcosa deve cambiare, che ci vogliono più investimenti e magari un po’ più di democrazia. Cosicché la lista Tsipras, se non darà spazio e visibilità a posizioni più radicali, se non indicherà quantomeno la possibilità della rottura dell’Unione europea e dell’euro (cosa pur prevista dal congresso del Prc, cosa che sarebbe certo insufficiente, ma potrebbe esser colta dagli elettori come un inizio di allontanamento reale dal Pd) non farà molta strada. Farà la fine di Rivoluzione Civile: né carne né pesce, troppo radicale per gli uni e troppo blanda per gli altri, non supererà la fatidica soglia. Oppure, se qualche occasionale flusso o riflusso elettorale la porterà oltre lo sbarramento, finirà in mano a gente magari ragguardevole, ma del tutto indecisa sul da farsi e pronta a lasciarsi incantare dal minimo segnale pseudo riformista che dovesse giungere dai “socialisti” europei.
Come ho appena detto, so bene che il Prc – che poi è il mio partito – ha recentemente ribadito la propria presa di distanza dal PD, la volontà di rompere la forma attuale dell’Unione e addirittura di mettere in discussione l’euro, pur se solo in casi estremi. Ma è impossibile rompere davvero col Pd se poi si accettano di fatto le opzioni internazionali di quel partito. E quanto alle bellicose (ma contraddittorie) intenzioni verso l’Europa, per adesso non se ne parla con la necessaria nettezza, e quando se ne parla non si è capiti (per forza: cosa mai vorrà dire “disobbedienza ai trattati”, e che senso ha rompere con l’Unione per tenersi il suo frutto più avvelenato, ossia l’euro?) e quand’anche si venisse capiti il tutto comunque si confonderebbe nella melassa dell’ “Europa migliore”. Perché il
punto è sempre lo stesso: o si è per distruggere l’Unione europea e l’euro (scegliendo adeguatamente tempi e modi, e prospettando un altro tipo di europeismo) o si è per tenerseli. Chi è per la prima scelta voterà Grillo, chi è per la seconda voterà Pd: i nostri sottili distinguo – a meno di robusti correttivi – non verranno per nulla compresi dall’ ”elettore medio”. E nemmeno “dalla sua gentile signora”, come avrebbe aggiunto il Gadda in tempi in cui il politically correct, così caro alla burocrazia europea, non lo impediva ancora.
P.S. Questo articolo è stato scritto prima delle conclusioni del congresso di Sel. Mi pare che esse confermino ed aggravino quanto ho qui sostenuto: il moderatismo implicito nell’europeismo dogmatico fa balenare la possibilità di un utilizzo della lista Tsipras anche da parte di chi, critico del Pd solo quando è il Pd a non volerlo, ha comunque deciso che non entrerebbe nel gruppo parlamentare che l’ha promossa. Spero che al presuntuoso cinismo di questa proposta non corrisponda la colpevole acquiescenza dei destinatari.
Quoto Porcaro
Chi è per la prima scelta voterà Grillo, chi è per la seconda voterà Pd
E ARS quindi voterà Grillo?
Perché bisogna capire cosa dobbiamo fare a maggio, non è che uno sta fuori da tutto per tre anni perché deve preparare il suo movimento e poi si degna di uscire e fare il protagonista della recita.
ARS è interessante e la seguo ma per capirne la reale serietà, la vera intenzione di ottenere dei risultati e non solo di auto affermarsi vorrei sapere cosa intendete fare hic et nunc.
A maggio bisogna votare tutti per Grillo e bisogna dichiararlo apertamente.
ARS lo farà?
Dopo un grande risultato o addirittura la vittoria dei grillini si potrà ricominciare coi sottili distinguo ma oggi se non si sta con Grillo si dimostra di essere preoccupati più della propria bottega che dell’inetresse dell’Italia e della democrazia.
Ninco Nanco da come la metti non c'è scelta !
In realtà, non ne abbiamo ancora discusso, perché il nostro processo di formazione è ancora in corso e non è detto che sia giusto, utile e sensato prendere una posizione collettiva, come se fossimo un soggetto davvero consistente e quindi, seppure piccolo, esistente nel panorama politico. L'ARS esisterà, come soggetto ancora piccolo, a conclusione di quel processo di tre anni che tu indichi (mancano ancora 17 mesi, perché 19 sono trascorsi). E' soltanto allora che avrebbe senso prendere una posizione vincolante per i membri, altrimenti incorreremmo nel solito errore dei gruppi virtuali, che si comportano come fossero reali, ingannando se stessi. Ci vogliono umiltà e realismo.
Nelle scorse elezioni politiche decidemmo di andare in ordine sparso. Credo che la gran parte di noi abbia votato cinque stelle (il mio voto per i cinque stelle l'ho pubblicamente dichiarato e anticipato con un articolo su Appello al Popolo); una seconda parte si è astenuta, qualcuno ha votato rivoluzione civile e uno o due pcl.
Dunque esiste anche questa possibilità, che, forse, è la più seria, perché un soggetto politico in fase nascente non ha bisogno di spaccarsi o di discutere o di imporre la linea, quando esso non si candida e "la linea" (sic!) consiste nel votare uno o altro partito. La costruzione di un soggetto richiede per un verso unanimità, per altro verso autonomia e libertà. Questo mi sembra più un caso di libertà che di unanimità.
L'alternativa vera, secondo il mio punto di vista – il comitato direttivo dell'ARS non ne ha ancora discusso – e quella astrattamente migliore sarebbe quella di promuovere un boicottaggio di queste elezioni del tutto inutili, cosa che a mio avviso avrebbe dovuto fare proprio il M5S (dire che si va nel parlamento europeo per cambiare i trattati è oggettivamente una balla colossale), il quale avrebbe avuto la forza per organizzare un boicottaggio di enorme rilievo e avrebbe generato effetti dirompenti. Per me, personalmente, sarebbe una scelta in perfetta continuità, visto che l'ultima volta che ho votato alle europee è stata nel 1999.
Tuttavia, per quanto si organizzi per bene la campagna di boicottaggio, che risultati si possono ottenere senza la partecipazione del M5S? Il rischio è di avere risutati soltanto simbolici, ossia nessun risultato. I possibili risultati concreti, invece, consistono nell'uso della campagna di boicottaggio come forma di aggregazione sovranista (non ti preoccupare per il M5S; cosa gli andremmo a togliere, 20000 voti?), ossia proprio la realizzazione dello scopo sociale dell'ARS. Sarebbe anche una posizione coerente: chi vuole distruggere l'Unione europea, la vuole distruggere attraverso una pluralità di processi centrifughi promossi nei e dai dai vari stati nazionali, non certo entrando nell'insignificante parlamento unionsta.
Quindi non credo che ci sarà una presa di posizione ufficiale che vincoli i militanti o li esorti a votare in un modo o nell'altro (fino ad ora, che io sappa, nessun militante e nessun membro del comitato direttivo ha mai nemmeno ipotizzato una cosa del genere). Una presa di posizione ufficiale potrebbe essere soltanto nel senso del boicottaggio, in coerenza con la posizione dell'ARS. Non sarebbe "uno sta(r) fuori da tutto per tre anni", perché anzi ci impegnerebbe nell'azione politica di boicottaggio e diffusione di analisi e valutazioni politiche. Si tratta però di una idea appena ventilata nella mia mente, sulla quale non ho ancora riflettuto; in particolare non ho considerato quali forme e mezzi potremmo utilizzare per la campagna di boicottaggio e quali risultati concreti, in termini di aggregazione e diffusione di idee sovraniste, potrebbero essere ottenuti. Se i risultati concreti, sia pure minuscoli, fossero identificabili, bisognerebbe optare per il boicottaggio, perché niente nasce da niente e niente è sufficientemente grande all'improvviso. Si lavora giorno dopo giorno, accumulando risultati, entusiasmo, organizzazione, uomini di valore, notorietà in ambienti esterni. Nella vita individuale o della serie organizzazioni collettive, soltanto con questo antico metodo si ottengono risultati.
Non è che sia decisivo il sostegno di Ars, lo è quello congiunto di tutti i blog e piccoli movimenti.
La gente rimarrebbe impressionata a vedere questo sostegno proveniente da tutte le parti e sarebbero molti più di ventimila i voti aumentati.
Il movimento cinque stelle è straordinario in Grillo e Casaleggio, coraggioso nei suoi parlamentari, disastroso nei suoi kilitanti che sono litigiosissimi, divisi in fazioni con capi e capetti, di un’ignoranza abissale nelle questioni politiche e economiche.
È evidente che dovesse realmente sfondare si aprirebbero degli spazi enormi per quei gruppi fondati sulla perfetta competenza politico economico istituzionale.
Un consenso, quello grillino, che quindi dovesse svanire non sareste più in grado di intercettare.
Vedete un po’ voi; col trenta per cento alle europee succederebbe di tutto, ma gli italiani sono specialisti nel non afferrare le opportunità che si presentano una sola volta.
ARS coltiva un progetto politico il cui successo o fallimento dipende sia da fattori interni (ingegno, capacità pratiche, militanza) che esterni. Tra questi vi è la scansione temporale degli eventi futuri.
In politica è fondamentale essere presenti al momento giusto, né troppo in anticipo né troppo in ritardo. Poiché la scansione degli eventi futuri è un fattore esterno indipendente da noi, ci si pone la domanda sul "che fare" in presenza di un'accelerazione della crisi. Questa è la vera domanda, non le prossime elezioni europee, salvo che queste si rivelino, nelle prossime settimane, come una manifestazione di questa accelerazione. Di questo io non sono ancora convinto ma, se così fosse, non esiterei a mettere da parte il progetto dell'ARS per gettarmi nella mischia. Anche per questa ragione seguo gli eventi con particolare attenzione.
Mi si consenta, infine, un'ulteriore, apparentemente paradossale, osservazione. Se l'obiettivo politico è distruggere l'UE, ci si deve anche porre la domanda su quale potrebbe essere l'atto elettorale o di propaganda più efficace a tale scopo. Non è detto che questo non possa (perfino) essere una sconfitta del m5s… (vi avevo avvertiti… osservazione paradossale… ma io voglio distruggere l'UE in primis!)
Almeno il tuo Fiorenzo è un ragionamento che non si limita alla difensiva.
Giustamente parli di agire sull’accelerazione della crisi ma considera che un risultato superiore al 30% dei grillini sarebbe precisamente un fattore scatenante di questa accelerazione.
Comunque la campagna elettorale delle europee rivelerà la sua effettiva valenza verso fine marzo e lì le persone intelligenti capiranno se e come cogliere la palla al balzo.
N.N.: "Non è che sia decisivo il sostegno di Ars, lo è quello congiunto di tutti i blog e piccoli movimenti. La gente rimarrebbe impressionata a vedere questo sostegno proveniente da tutte le parti e sarebbero molti più di ventimila i voti aumentati".
Potrei essere d'accordo ma allora è bene che tra tanti blog e piccoli movimenti l'ARS, tra le poche associazioni che si pongono un obiettivo politico, scelga la migliore posizione in considerazione del suo scopo e del suo progetto,posizione che potrebbe essere l'astensione oppure l'indifferenza e quindi la libertà e autonomia di ciascun socio.
N.N. "Il movimento cinque stelle è straordinario in Grillo e Casaleggio, coraggioso nei suoi parlamentari, disastroso nei suoi kilitanti che sono litigiosissimi, divisi in fazioni con capi e capetti, di un’ignoranza abissale nelle questioni politiche e economiche".
Casaleggio non l'ho mai ascoltato proporre uno scopo o obiettivo o valore che io condivida. Quindi la sua straordinarietà non mi interessa e potrebbe farmi paura.
Sulla straordinarietà di Grillo convengo: credo che sia enormemente superiore alla media dei migliori militanti del suo movimento. Soltanto che non ho capito cosa vuole; scrive e dice tante cose che condivido e tante cose che non condivido per niente e spesso le cose che dice un giorno sono in contraddizione stridente con altre che ha detto giorni prima. E io purtroppo odio il marketing.
Parlamentari coraggiosi che significa? I parlamentari devono essere moralmente profondi, maturi, intelligenti, furbi, compatti, disciplinati, lungimiranti. Il coraggio non mi sembra una dote predicabile con riguardo ai parlamentari. Certo, se si scambia lo spettacolo della politica per un film di guerra e il film di guerra per la guerra vera, allora ha un senso dire che alcuni parlamentari sono coraggiosi.
Quanto al fatto che "i kilitanti… sono litigiosissimi, divisi in fazioni con capi e capetti", se ciò è vero – non conosco a fondo il fenomeno – la colpa è tutta di Grillo e Casaleggio, che hanno scelto, deciso e proposto l'organizzazione del M5S. Infatti, se "uno vale uno" e il parlamentare è un portavoce, se non esistono titoli per essere un parlamentare (positivi: lunga militanza, intelligenza fuori dall'ordinario, esperienza amministrativa, capacità e attitudine alla lettura critica di documenti normativi, esperienza amministrativa; o negativi: potere politico o numero di tessere controllate), allora posso immaginare che nel M5S oggi vi siano migliaia di ambiziosi, individualisti, opportunisti, privi di particolari virtu' che stanno facendo iscrivere amici e parenti per poter avere la loro opportunità e che sgomitano quotidianamente. Mentre i partiti tradizionali avevano nei singoli collegi tre, quattro massimo cinque aspiranti alla candidatura, probabilmente in ogni collegio vi saranno cento pentastellati che aspirano ad essere candidati alle prossime elezioni. Ciò mi fa orrore ed è una ragione per ipotizzare che il M5S sia fragile e che verrebbe spazzato via da un nuovo più robusto partito o movimento (il PD non è fragile; il PD muore soltanto se si suicida: e lo farà, come ha fatto il Pasok).
Se veramente tra i militanti ci fosse una così "abissale ignoranza nelle questioni politiche ed economiche", Grillo e Casaleggio non sarebbero straordinari politici, bensì straordinari venditori di fumo. In realtà ho conosciuto parecchi militanti del M5S validissimi, per intelligenza e per moralità. Tuttavia la macchina del M5S non ha lo scopo di farli emergere,perché non aspira a dare all'Italia una classe dirigente. Una delle tare strutturali del M5S sta proprio qua. Invece, il fine di produrre una classe dirigente bisognerebbe che i partiti e i movimenti lo avessero. Poi magari si sceglie il metodo sbagliato. Ma rinunciare al fine e credere soltanto nelle idee e nelle procedure e non negli uomini è puro nichilismo. E' il limite più grande del M5S.
"È evidente che dovesse realmente sfondare si aprirebbero degli spazi enormi per quei gruppi fondati sulla perfetta competenza politico economico istituzionale.
Un consenso, quello grillino, che quindi dovesse svanire non sareste più in grado di intercettare".
Il consenso del M5S non sparirà akmeno per un po' di tempo. Poi o si consoliderà, se il M5S saprà cambiare o si sposterà su un nuovo movimento, se qualcuno saprà crearlo. In caso di sfondamento del M5S non si aprirebbe alcuno spazio agli esterni e alle idee che questi ultimi sostengono, salvo che qualche interno le faccia proprie, tenti di farle valere e ci riesca. La tua affermazione dimostra che non hai riflettuto a fondo sulla natura del M5S e confondi speranza e realtà.
"Vedete un po’ voi; col trenta per cento alle europee succederebbe di tutto, ma gli italiani sono specialisti nel non afferrare le opportunità che si presentano una sola volta".
Per coerenza ti dovresti iscrivere al M5S, accettare tutte le regole del non statuto e militare disciplinatamente. Ma gli italiani sono specialisti nel credersi allenatori di pallone geniali e da quanto vedo – si stanno moltiplicando a dismisura le persone che vengono a darci consigli – nel credersi strateghi politici che indicano scopi e metodi a gruppi ai quali non si associano.
Personalmente condivido pochissimo del M5S e non mi fido dei suoi capi, quindi non lo votero'. Riguardo a un possibile boicottaggio delle prossime elezioni europee, ricordo che, anche quando il tasso di astensionismo e' altissimo, poi dicono che si tratta solo della solita pigrizia e disinteresse degli Italiani che preferiscono andare al mare. Se le elezioni europee saranno, almeno in certi posti, abbinate con altre elezioni, per es. amministrative, potrebbe forse essere utile far conoscere il fatto che si puo' andare a votare, ma rifiutare la scheda per il Parlamento europeo, facendo mettere a verbale che non si riconosce tale istituzione. I Presidenti di seggio non possono rifiutarsi.
Parlando per paradossi potrebbe essere paradossale ma interessante partecipare alle elezioni della UE proprio dichiarando l'intenzione di distruggerla…
Mi rendo conto che non ci sono le condizioni organizzarive e di tempo ma potrebbe essere interessante sfruttare la tribuna delle elezioni europee proprio perdiffondere idee antiUE e anti Euro.
Perché legarsi ad un movimento con luci e ombre come quello del M5S che non si è mai espresso con chiarezza riguardo alle proprie intenzioni ?
Perché non cominciare a muoversi in autonomia ?
IN fondo perché non sfruttare le norme che impongono alla RAI di dare spazio a tutte le liste ?
Sarebbe bello fare una campagna all'insegna del " boicottate la UE, NON VOTATECI"…
"…o si è per distruggere l’Unione europea e l’euro […] o si è per tenerseli. Chi è per la prima scelta voterà Grillo, chi è per la seconda voterà Pd".
In questo passaggio mi perdo un pochino. Che cosa fa pensare a Porcaro che Grillo è per la distruzione dell'euro? La proposta di referendum??