GENERAZIONE ANNI 40
Giorni fa, commentando un post dell’ottimo Fiorenzo, mi sono ritrovato a pensare a quella generazione di italiani nati durante l’ultima guerra.
Quelli che hanno vissuto in prima persona il boom economico, che si sposavano a 20 anni, che si sistemavano per la vita al primo contratto di lavoro. Che compravano la macchina, la televisione, il frigorifero con le cambiali. Che compravano casa prima di qualsiasi altro cittadino europeo.
Quelli che vedevano il futuro come un’opportunità, insomma.
Ecco, pensavo, queste sono le persone a cui andare a chiedere consiglio e con le quali schierarsi in prima linea contro il nuovo stato sociale che ha cancellato le speranze di un futuro migliore per le nuove generazioni.
In fondo è a loro che i “poteri forti” hanno messo le mani nelle tasche. Quelli ai quali viene portato via quel surplus di benessere, faticosamente costruito per essere tramandato alle generazioni successive. Noi siamo solo i fortunati fruitori delle loro decennali fatiche spese per evolvere il paese dallo stato di indigenza postbellico.
Se l’Italia è stata la quinta potenza industriale mondiale negli anni 70 lo dobbiamo fondamentalmente a loro.
E immaginavo che per questo fossero solidali con chi, come noi, questa distruzione del paese, del LORO paese, la vuole fermare.
E invece.
Solidali lo sono, certo, ma al nuovo apparato economico e sociale. Tutti convinti che per l’abitante del belpaese ci sia bisogno del vincolo esterno, di un severo ed autoritario precettore che educhi l’italiano. Italiano nel quale loro ovviamente non si identificano, figure contrapposte appartenenti a mondi diversi.
Ora, io non ho la cultura per addentrarmi in un’analisi sociologica, ma una spiegazione minimamente razionale ci deve essere per questa evidente incongruenza storico-sociale.
Ma come? Tu che hai fatto l’Italia quando l’Italia stessa era, perdonatemi l’eccesso, libera economicamente e politicamente, mi vieni a dire che adesso c’è bisogno di un potere esterno disciplinante perché l’italiano non è capace di gestirsi da solo?
Consideri l’italiano d’oggi diverso da quello che eri tu un tempo? Più menefreghista, lazzarone, opportunista? Eppure l’Italia l’hai fatta tu, i frutti che oggi cogliamo nascono dalla tua semina. Non puoi escluderti dalle responsabilità della creazione dell’attuale stato di cose.
Troppo facile dare per questo la colpa ai politici corrotti che rubano, perché le mazzette giravano anche negli anni 50 e 60. Perché nonostante ciò la tua generazione ha prosperato economicamente risparmiando fino a meritarsi il titolo di “formichina europea”. I politici di oggi sono i nipoti dei politici del tuo tempo, caro nonno.
Io posso immaginare che la paura di perdere quello che si è conquistato, in questo tempo che non da sicurezze ma alimenta paure, induca la gente a isolarsi, a difendere il proprio territorio solidarizzando con il sistema attuale nella speranza che il proprio benessere si perpetui.
Forse è nella natura umana l’istinto di schierarsi con il più forte, con il dominatore del tempo presente, per salvaguardare i propri interessi a discapito anche di quelli dei propri fratelli.
E posso anche comprendere che arrivato a settant’anni uno non abbia più voglia di stravolgere la propria vita, i propri valori per perseguire idee reazionarie e destabilizzanti. A quell’età si ha voglia di pace, serenità e tranquillità circondato dall’affetto dei propri cari.
Ma nessuno ti chiede questo, caro nonno.
Nessuno ti vuole sulle barricate. A quello ci pensiamo noi giovani.
A te chiediamo di essere una guida spirituale, quel tramite fisico tra i padri Costituenti e la nostra generazione.
Perché è a te che Calamandrei parlava della Costituzione nel 1955, non a noi che non eravamo ancora nati. E’ a te che chiedeva di difenderla.
Tu eri il giovane a cui è stata affidata. Tu ne hai attinto a piene mani evolvendo il tuo presente in un futuro migliore. E a te che sono state aperte le porte democratiche di uno stato sociale migliore e migliorabile.
Tu ne hai goduto i frutti e adesso reggi la scure del nemico che sta tagliando l’albero?
La responsabilità di questo autorazzismo delle generazioni che ti sono succedute è colpa tua. Che non ti sei accorto in che Paese sei cresciuto e che non lo hai saputo raccontare ai tuoi figli. Faticare sui libri per comprendere la grandezza di quello che era il proprio paese da parte dei giovani d’oggi, quelli che hanno la coscienza, la volontà, la grandezza e la pazzia di farlo, è una tua sconfitta, caro nonno.
Non hai saputo perpetuare quelle basi democratiche che ti hanno fatto grande, non le hai capite, le hai considerate ovvie, banali, semplici.
E hai sbagliato.
Non potrai dunque lamentarti se gli stessi personaggi che tuo padre ha combattuto si sveleranno e verranno a prendere quello che hai conquistato.
Non potrai stupirti scoprendo che chi stai spalleggiando adesso è lo stesso che ti costringeva in cantina in attesa che si esaurisse il fuoco della guerra quando avevi i pantaloni corti.
Soprattutto non sentirti mortificato se sarà tuo nipote a insegnarti la tua storia, il tuo passato ed il tuo presente.
E l’amore per te ed il tuo paese.
Forse il consiglio bisognerebbe chiederlo a quelli che nel 40 la guerra la combatterono. L’Italia fondata sul lavoro la dobbiamo a loro. Purtoppo non ci stiamo coi tempi
Appunto. Si e' interrotto il tramite tra noi e loro, quelli che hanno combattuto e redatto la Costituzione. La generazione del titolo ha sfruttato i principi democratici della carta ed ora ce li toglie collaborando con il "nemico".
Chiedere consigli a quelli degli anni quaranta non so quanto sia utile visto che ormai sono troppo vecchi anche per dare consigli e comunque io ritengo che queste continue forzature storiche (2014=1939=1914) non portino da nessuna parte. Quella era un'epoca questa è un'altra. Qua si deve fare una rivoluzione, non una guerra, la guerra è un'altra cosa.
Credo che Roberto abbia scritto questo articolo per dimostrarci altro, cioè si cerca di far capire che una parte della responsabilità di quanto ci accade è da associare anche a quella generazione.
Spesso noi la osanniamo, sbagliando, perchè non tutti furono protagonisti dei processi di cambiamento, molti stettero a guardare ma c'è da ricordare la bassa scolarizzazione di quella Generazione.
Se prendiamo, per esempio, la situazione in Grecia penso che abbiamo visto tutti in piazza a fare gli scontri ( non la Rivoluzione, un processo che non può realizzarsi senza una Ribellione degli Individui al modello sociale alla quale sono stati incatenati, il Consumismo ) anche gente di 70 anni.
Manolis Glezos, il partigiano Greco che beffò i Nazisti e lancio l'appello alla mibilitazione contro la Troika, è lontano anni luce dagli esponenti dell'ANPI Nazionale ( associazione nazionale partigiani d'italia ) che continuano a ripetere di " vigilare" sulla Costituzione ma poi appoggiano chi la Costituzione la vuole distruggere e investono, dell'onoreficenza Antifascista, Martin Schulz mentre si rifiutano di far tesserare alcuni esponenti del Movimento No TAV.
Qui sta la differenza, ci si aspettava che i "nostri vecchi", indipendentemente se furono partigiani o repubblichini o semplici ragazzi sfollati di guerra, formassero la contro-cultura utile a spronare i Giovani, un po come ci immaginiamo quando si leggono romanzi o libri storici sugli Indiani d'America, dove è l'anziano la memoria storica.
Credo che Roberto voglia dire questo, dell'opportunità persa da parte di una Generazione di "tramontare" in questo periodo buio nell'auspicio di una lotta, portata avanti dai Giovani, per la Libertà del paese.
Dopo di loro c'è una generazione peggiore, quella che "ha avuto tutto e subito" e che ora ti dice " che non serve a niente lottare".
Mi ricordano un detto dei miei "vecchi contadini " in merito alle generazioni: Il primo se la suda ( tuo nonno), il secondo se la gode ( tuo padre ) e il terzo piange ( tu ), in dialetto rende meglio.
Io denuncio la mancanza di un senso di appartenenza in questa generazione. Forse ho incontrato i rappresentanti sbagliati, forse non si sono fatti capire in modo chiaro, forse sono stato io prevenuto in merito.
Ma il refrain nel raccontare il proprio paese era sempre quello : pizza, mafia, mandolino. Nessun amore verso il proprio paese, nessuno spirito di difesa verso la propria gente ma solo verso ße stessi.
"meglio che vengano i tedeschi perche' noi ( voi ) non siamo capaci di governarci". Questa e' l'idea di paese che ha chi in sostanza di questo paese ha preso la parte migliore.
E se la sta tenendo…
"Dopo di loro c'è una generazione peggiore, quella che "ha avuto tutto e subito" e che ora ti dice " che non serve a niente lottare"."
Hai assolutamente ragione. Purtroppo sento anch'io gente dire frasi fatte del tipo "Sì, è finita la II guerra mondiale ma cosa è cambiato?" Come se in settant'anni tutto fosse rimasto come prima, come se i favolosi trenta, il boom, etc… non fossero mai esistiti. Ecco perchè io penso sia inutile continuare a guardare indietro a un passato che diventa sempre più remoto ma guardare sempre avanti.
Mi pare che la generazione dei nonni si possa grossolanamente dividere in tre gruppi: 1a) i nostalgici del PCI-PSI, sinceramente convinti che il PD sia un partito di sinistra, che continueranno a votarlo finchè campano; insieme a 2a) i nostalgici dell'ala progressista della DC; 2) i “folgorati” (da tutti i punti di vista) del clown di Arcore, che continueranno a votare per il suo partito finchè campano; ma soprattutto l'enorme maggioranza di 3) menefreghisti che badano solo che la pensione continui ad arrivare e che non votano da decenni.
Non credo sia un caso che l'unica “guida spirituale” sorta in questa crisi sia un ex-comico, perchè in Italia da secoli “La situazione è grave, ma non seria” (E. Flaiano).