Il disastro che verrà
di DIEGO MUNEGHINA (RI Pisa)
Non si può uscire dalla crisi continuando a seguire le stesse ricette che l’hanno prodotta. La principale attività dei giornali in questo periodo è quella di spargere ottimismo: Recovery Fund, PIL in crescita, soldi a go-go per tutti. Questo pare promettere il futuro degli italiani. Al contrario, quello che dovremo affrontare nei prossimi mesi è probabilmente la peggiore crisi dal dopo guerra, i cui effetti saranno ancora più devastanti anche perché la maggior parte delle persone, sommerse dalla propaganda liberista, non la vedrà nemmeno arrivare.
Qualche dato per capire meglio.
– Il PIL 2020 italiano è diminuito del 8,9% che tradotto in valore significano circa 160 miliardi. Se le stime per il 2021 sono corrette, il PIL 2021 riprenderà meno della metà di quanto perso in precedenza. In solo due anni perdiamo 250 miliardi di PIL rispetto al trend già non brillante che avevamo negli anni precedenti. Detto così forse non è abbastanza chiaro. Magari risulta più chiaro spiegando che in due anni ogni cittadino ha perso mediamente 4.200 Euro!
– Nel corso del 2020 circa 2,7 milioni di persone hanno chiesto la moratoria o sospensione del mutuo per un valore nominale di oltre 300 miliardi. Non ci vuole un economista per capire che quest’ultimo dato indica con chiarezza che quando terminerà la Cassa integrazione, che oggi dà una fonte di reddito a tanti lavoratori, e verrà trasformata in licenziamento, una parte rilevante di quei mutui non potrà essere ripagata, con le ovvie ripercussioni sui bilanci delle banche.
– Molte attività commerciali stanno già scomparendo e le piccole e medie imprese non sempre hanno a disposizione tesoreria sufficiente per ripartire. Per questo migliaia di aziende rischieranno la bancarotta e gli imprenditori che hanno rilasciato garanzie personali (fideiussioni) potranno perdere gli immobili acquistati con tanti sacrifici.
– Secondo le ultime stime, in Italia si contano 5 milioni di piccole e medie imprese (Pmi). Nel 2020, a causa dell’effetto combinato del Covid e del crollo dei consumi, ne sono scomparse circa 300.000. Secondo uno studio di Fondazione studi dei consulenti del lavoro nell’indagine “Crisi, emergenza e lavoro nelle Pmi”, due imprese su dieci di quelle tuttora in attività potrebbero chiudere nel 2021. Stiamo parlando del 20 per cento del tessuto produttivo di un paese come l’Italia, che si regge proprio sulla piccola e media impresa. Una strage.
– Il debito pubblico è già arrivato oltre 2600 miliardi e certamente il necessario supporto ad imprese e famiglie in questo momento di crisi non potrà che farlo incrementare ancora.
Questi i dati reali. Cosa succederà? Niente che non si sia già visto. Per sostenere un debito pubblico così alto dei paesi dell’Eurozona, la BCE non potrà che mantenere a lungo i tassi d’interesse su livelli molto bassi. Il problema nascerebbe se da Cina e USA la ripresa economica fosse molto forte e portasse ad un rialzo dell’inflazione e soprattutto ai rialzi dei prezzi sulle materie prime. In questo caso la pressione si trasferirebbe sul tasso di cambio dell’Euro e probabilmente avremmo anche una inflazione importata che metterebbe a rischio la politica espansiva di BCE.
In prospettiva la crisi economica produrrà una esplosione del debito pubblico che, per essere rimborsato, stanti le norme sul patto di stabilità, non potrà che essere controbilanciato da un aumento della pressione fiscale che darà il colpo finale, soprattutto alle PMI.
In sintesi, il panorama italiano è quello di un forte depauperamento del tessuto industriale e di una crescita ulteriore della pressione fiscale. Dal lato dei lavoratori la disoccupazione non potrà che mantenersi su livelli elevatissimi stante la morte di tante piccole imprese, che potrà essere compensata unicamente dalle imprese orientate all’export. Ma la disoccupazione crescente metterà anche a rischio il rimborso di prestiti e mutui alle famiglie: di conseguenza, avremo anche un peggioramento dei bilanci bancari.
Vie di uscita semplici non ce ne sono. Quella seguita dai liberisti sarà un ulteriore attacco al patrimonio pubblico italiano ed al poco welfare che è rimasto. Prepariamoci a risentire parlare di sanità troppo costosa, di privatizzazioni, di cessioni di beni pubblici.
L’altra soluzione, è di uscire dalla UE e dall’Eurozona, riprendere in mano le leve della politica fiscale e monetaria e in questo modo cercare di strappare il nostro Paese dal declino cui è sicuramente destinato seguendo le politiche che negli ultimi 30 anni le idee liberiste e la UE ci hanno imposto. Non ha senso continuare a seguire ricette economiche che hanno prodotto il disastro della nostra economia.
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