Abitare
“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”
Articolo 2 della Costituzione Italiana
Cari lettori, proviamo insieme oggi a cercare una sintesi dell’Art. 2 della nostra Costituzione, quello che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo.
Se dovessimo “riassumerli” questi Diritti, con quali parole d’ordine noi, come Società, potremmo trovare una facile connessione con i reali bisogni della popolazione ?
Penso che anche un semplice sondaggio avrebbe come risultato le parole Lavoro e Casa, di sicuro i bisogni primari di questa Italia flagellata dalla Crisi.
L’articolo di questo mese si cala su una discussione politica che nelle ultime settimane ha mediaticamente dato i segnali di diventare una emergenza da cavalcare in questi periodi di riscaldamento pre-elettorale, da parte di numerosi esponenti politici.
Molte delle discussioni e delle polemiche di questi ultimi giorni sono incentrate sulla situazione delle Periferie e della questione dell’emergenza abitativa, le immagini di Tor Sapienza a Roma o di Corvetto a Milano ( anche se separate dal contesto inserirei le strade allagate dei quartieri di Genova devastati dalla 3° alluvione dell’anno ) sono un chiaro segnale di un disagio trascinato per anni che non può che avere una pericolosa deriva violenta, unica valvola di sfogo per situazioni incancrenite nel tempo.
La casa è di chi l’abita
La storia della Classe Dirigente della I Repubblica ci ricorda una grande pianificazione urbana , quella voluta con la creazione del progetto INA-Casa, che fu di grande impatto per la ricostruzione di un paese uscito dal II Conflitto Mondiale e che aveva, nella sua progettazione sociale, l’interesse a costruire una società basata su un fondamento importante, oltre al lavoro, cioè l’Abitare.
Difatti il piano INA-Casa contribuì alla creazione di veri e propri quartieri e distretti abitativi sopratutto in quelle circoscrizioni depresse del paese, facendo sorgere sui residui agricoli a ridosso delle città i nuovi quartieri popolari.
Nei quattordici anni di progetto, dal 1949 al 1963, il piano INA-Casa generò questi primati:
- 2.800 unità abitative costruite e 550 famiglie intestatarie a settimana
- 20.000 cantieri edili aperti in tutta Italia
- 355.000 alloggi di residenza popolare costruiti in 14 anni
- 41.000 lavoratori edili all’anno impiegati durante tutto il progetto
Ora avanti mortificatori, per prima cosa interpellerei quelli che hanno ancora da riempirsi la bocca con gli italiani fannulloni o con chi criticava l’immigrazione dal meridione di quegli anni, che invece fu garantita e supportata proprio dalla necessità di concentrare manodopera edilizia e cittadini da includere nell’abitare dei grandi centri urbani del Nord.
Impressionante pensare che nel giro di 14 anni il nostro paese fu non solo in grado di provvedere a soddisfare un grandi bisogno primario ( la Casa e il Lavoro ), ma la cosa che colpisce è l’insieme del progetto, la “visione” di quella Classe Dirigente di creare i presupposti di quelli che sarebbero stati i poli industriali, commerciali e sociali delle future grandi città Italiane.
Sappiamo però che non tutta la progettazione dell’epoca risultò efficace, nemmeno i tentativi di far immaginare l’urbanistica dei nuovi quartieri ad illustri architetti internazionali e nazionali riuscì a colmare profonde ferite della società post II Conflitto Mondiale. L’integrazione di “immigrati interni “ funzionò bene in alcune città, generando anche dei virtuosismi negli anni ’60-’70 con la nascita di tutta una serie di funzioni socio-politiche di supporto all’abitare, come i comitati di quartiere e le organizzazioni associazionistiche o partitiche, ma creò anche delle enclave dove, sopratutto nel periodo che seguì la Crisi del lavoro del 1977, la delinquenza, l’emarginazione, la droga e il degrado fecero da padroni.
Vi sono esempi di coopartecipazione tra Stato e privato, come la realizzazione di complessi urbanistici dell’abitare sorti accanto alla sede di due grandi aziende Italiane: parlo della Olivetti ad Ivrea ( TO ) e dell’Eni a Metanopoli ( MI ). Anche in quel caso Olivetti e Mattei erano “mossi da una visione”, cioè dall’idea di comprendere nella questione Abitativa i bisogni, chiamiamoli secondari anche se non lo sono, come i servizi scolastici, culturali e commerciali.
Quella gente comprendeva bene che una Casa restano pur sempre 4 mura se non vi si costruisce attorno una visione sull’Abitare, un senso di dovere votato alla creazione della Comunità promosso nel cittadino che vi dimora, una distribuzione dei servizi e delle ricchezze affinchè lo Stato resti presente e vigile con le sue istituzioni locali. Un altro mondo rispetto a quello che, non solo dai racconti e dalle immagini, vivono oggi gli abitanti di posti come Tor Sapienza o i tanti quartieri popolari delle nostre città.
Lo strappo
Cariche della polizia, abusivi che minacciano i condomini, una donna incinta perde un bambino durante uno sfratto, migliaia di case nuove ma chiuse e non assegnate,campi rom sotto casa, racket dell’abusivismo, situazione stabili popolari indicente, amianto sopra le teste dei nostri figli. Possiamo andare avanti per un po’ con il macabro elenco delle dimensioni tese e critiche che si sono create attorno ad una situazione, quella abitativa, che è un problema grosso già da diversi decenni. Abbiamo detto infatti che vi fu un virtuosismo urbanistico che generò grandi distretti sociali ma quel periodo terminò con la fine degli anni ’70 ( guarda che caso, sempre alla fine degli anni ’70 devono concludersi certi primati italiani ? ), da quel momento in poi la Classe Dirigente di questo paese inizierà lentamente a non prendersi più carico della questione abitare e lascerà spazio all’avanzata delle immobiliari e dei fondi finanziari che trasformeranno il nostro paese in quella enorme colata di cemento abusivo visibile a tutti.
Tra i Condottieri di questa battaglia del cemento vi sono nomi illustri di Cavalieri: Berlusconi e Ligresti.
Così, una politica sull’abitare che promosse la società civile e creò socialità, fu sostituita dal mero interesse economico votato alla costruzione di palazzi di cemento che rimangono vuoti per anni, di case costruite con cemento che alla prima scossa di terremoto si sbriciolano come sabbia ( vedi l’abruzzo e l’emilia ) e di vere e proprie cattedrali nel deserto, come sta accadendo sull’area EXPO a Milano, a pochi metri dal quartiere popolare dove vivo e sono cresciuto.
Milano vanta un record negativo, 20 mila alloggi privati sfitti e migliaia ( se ne contato almeno 8.000 ) alloggi di proprietà del Comune e dell’ALER ( l’ente regionale che gestisce il patrimonio immobiliare residenziale e che dal 1 dicembre non gestirà più le case popolari della città di Milano ), di fronte a circa 20.000 richieste in graduatoria, con famiglie che attendono da 5-6 anni l’assegnazione di una casa.
Dietro questo “patrimonio immobiliare” c’è stata una grande regia tra politici corrotti e organizzazioni criminali che hanno gestito il capitale ALER a loro discrezione, di fatti tra il 2003 e il 2008 ALER sub-appalta la gestione delle case popolari ad una società chiamata GEFI , che ha il compito di gestire le ristrutturazioni necessarie e riscuotere gli affitti.
Proprio in quei 5 anni accade qualcosa di inverosimile, sotto gli occhi di amministratori, politici ma sopratutto cittadini.
Gli affitti di alloggi popolari salgono alle stelle ( si arriva anche a 450 euro al mese per 56mq ) e il numero degli sfratti aumenta, con una particolarità agghiacciante, quando una famiglia viene allontanata dalla forza pubblica dall’alloggio sfrattato viene applicata sulla porta una lastra di ferro saldata, per evitare l’occupazione abusiva. Terminata questa procedura, che dovrebbe garantire la liberazione dello stabile per essere nuovamente assegnato, sono gli stessi operai della GEFI che propongono agli sfrattati ( chiaramente in separata sede e in un secondo momento ) di pagare per tornare dentro gli alloggi. Si crea così, con il benestare di dirigenti ALER e GEFI, una gestione del racket dell’abusivismo che arriva all’attenzione dei Magistrati solo nel 2010, quando GEFI ha ormai dichiarato il fallimento e un numero impressionante di case popolari sono state “vendute” ad abusivi per cifre che si aggirano sui 3.000 – 4.000 euro a monolocale.
Non è “sparare nel mucchio” quanto dico, molte e più dettagliate informazioni le trovate in Rete, io sono solo stato uno a cui, nel 2008, hanno vietato di subentrare nell’affitto della casa popolare ( quindi voler regolarmente pagare un affitto come avevano fatto i miei per anni ) dove per 52 anni ha vissuto la mia famiglia, per far si che la casa sgomberata diventasse mercè del racket dell’abusivismo. Bisogna fare i nomi e puntare il dito, perchè questa gestione dell’abusivismo in Lombardia ha come vertici grandi organizzazioni amiche : L’ndrangheta e i vertici di Lega Nord e Forza Italia in Regione.
Proprio le stesse persone che sfilano per Tor Sapienza a ricordare che “ quando dicevamo Roma Ladrona era rivolto ai politici non alla gente onesta di Tor Sapienza “ ( come ha detto Borghezio ) e che cercano di fomentare l’odio tra i poveri indicando nell’immigrato colui che ruba la casa all’italiano.
Da residente in Periferia, una situazione come quella di Tor Sapienza posso comprenderla bene, cioè posso capire che l’esasperazione di chi vive già un emergenza costante ( sia abitativa, per la scarsa qualità degli alloggi e la mancanza di servizi che economica, perche già soggetti in difficoltà da prima della Crisi ) non può che scoppiare quando ti ritrovi “ circondato” da centri d’accoglienza, campi Rom, degrado e micro-criminalità.
Ubicare, o meglio scaricare, in pochi territori i vari centri d’accoglienza per i migranti o lasciare che il campo Rom diventi la regola e passi da poche baracche a diventare un borgo di illegalità non può che generare la disperazione e la rabbia degli abitanti.
Rabbia che in Italia si annida ovunque, dietro ogni pretesto, anche il meno immaginabile, come il riunirsi rabbiosi e tesi in Trentino per “l’aggressione del Orso Daniza” che porta alla costituzione di un gruppo di cittadini che avrebbero cercato l’orso con fiaccole e fucile o la rabbia della gente del quartiere Trainano a Napoli, dopo la morte per mano di un Carabiniere del giovane ragazzo Davide Bifolco.
Rabbia e tensione sociale che si respirano al prim Beep di clacson al semaforo e che qualcuno intende cavalcare politicamente.
Occorre la visione comunitaria
Vi ho proposto di trovare la sintesi di un articolo tra i più importanti e fondamentali della nostra Costituzione, nel fra tempo ho accennato alla questione Abitare, riportando l’attenzione sull’importanza che ha la Casa nella nostra società post II Conflitto Mondiale e su come, in alcuni casi, si sia arrivati a trascinare una situazione d’emergenza diventata ormai critica. La Classe Dirigente della I Repubblica ebbe la capacità di investire in una grande opera ( fate il conto di quanti anni sono passati dall’apertura dei cantieri del TAV, del MOSE o di quante macchine usano la BREBEMI qui in Lombardia, autostrada privata che non usa nessuno ), quella legata all’Abitare, seppe interrogarsi sulle esigenze e diede continuità alla realizzazione di nuovi centri abitativi e all’allargamento delle città, già avvenuto nel periodo 1932-1938 durante il Fascismo, per provvedere alle esigenze dei propri cittadini.
Attraverso l’Abitare, quindi non solo il contesto della casa e delle sue mura, si è potuto costruire una società di legami e di partecipazione che ha voluto mantenere in parte attiva l’usanza della società Contadina di vivere in condivisione degli spazi ( l’aia della cascina sostituita dal cortile del palazzone popolare ), quindi mantenere vivo il rapporto e il confronto tra i cittadini anche provenienti da contesti diversi ( vedi la questione “ immigrazione interna” ). Credo che noi sovranisti dovremmo strappare una promessa a questa Italia, quella di mettere tra i primi punti del nostro programma politico l’Abitare e avere il coraggio di avere quella “visione” e di accettare che la base dei rapporti e dei confronti, ciò che stabilisce le condizioni paritarie e di riscatto sociale anche delle classi popolari, passino da due Fondamenti della società costituzionale, il Lavoro ma sopratutto l’Abitare.
Una delle sfide maggiori, che ha un che di interessante e avvincente, sta proprio nella capacità un giorno di far prendere forma a quella “visione” coinvolgendo professionisti dell’edilizia, dell’architettura, della sociologia urbana e della politica al fine di comprendere quali grandi imprese necessita realmente il nostro paese, affinche le condizioni delle Famiglie sia stabili e godano di benessere proprio a partire dal contesto abitativo. Insomma, se vogliamo sconfiggere la Rabbia e tornare ad essere in grado di ristabilire gli equilibri e la stabilità che i nostri Cittadini cercano da anni non possiamo non partire dalla costruzione di un immaginario: Pensare al Paese come una grande Casa.
Aaron Paradiso
ARS Lombardia
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