Una "via di mezzo"

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2 risposte

  1. Giovanni ha detto:

    Mi pare una descrizione impeccabile. Io non ho mai tenuto il piede in due staffe perché so fare una cosa per volta. Nonostante ciò ho spesso dovuto cambiare staffa più o meno alla cieca, senza mai sapere se vi fosse la meta. Sono ancora nella via di mezzo, che si prospetta eterna ma solo nella migliore delle ipotesi, alla peggiore meglio non pensarci.

    Che questa sia una tendenza importata dagli USA non vi è dubbio. L’altro giorno ho scoperto per caso dei siti dove i carcerati statunitensi (gli USA sono un vero e proprio stato penale) tengono dei loro profili per cercare contatti col mondo esterno. Mi sono soffermato proprio spinto dalla curiosità di vedere delle realtà così lontane dalla mia e non solo per ragioni geografiche. Quello che mi ha colpito negativamente e che molti di loro si premurano a scrivere frasi del tipo: “I’m still committed in being succesful”.
    Esprime la condizione di chi, essendo stato sbattuto ai gradini più bassi, deve purificarsi dallo stato di peccato mortale e deve pure mostrare entusiasticamente il desiderio di tornare allo stato, superiore dal suo punto di vista, di “eterno transito senza meta”.

    L’ho trovato davvero inquietante, è l’eliminazione anche dell’anelito alla normalità. I’m not committed in being succeful, I’m committed in being normal.

  2. ndr60 ha detto:

    Concordo con quanto sopra. Non a caso è proprio il “being normal” che viene spesso deriso, o
    compatito, specialmente sui social forum. L’esistenza commerciale e la visibilità mediatica (comunque
    ottenuta) sono instillati fin dalla più tenera età. Per parte mia cerco di convincere mio figlio (12 anni)
    che avere 1000 amici su Fess book è un’idiozia, ma che fatica!

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