Noi, schiavi delle nuove libertà
di REMO BODEI (filosofo; Accademia dei Lincei)
Sul muro esterno del tempio di Delfi, accanto alla più nota frase Conosci te stesso, ve n’era un’altra che dice: Niente di troppo. Nel mondo antico, andare oltre i confini stabiliti dalla divinità è hybris [“tracotanza”, ndr] che viene punita: l’esempio più noto è quello di Icaro. La filosofia classica insiste sull’ideale della medietà, in quanto virtù che squalifica gli estremi per difetto e per eccesso: est modus in rebus. Per ciascun essere la perfezione è avere un limite. L’infinito è un concetto negativo, sinonimo di amorfo, confuso, indistinto.
Il mancato riconoscimento della tragicità delle scelte porta a impegni che non impegnano, all’erosione della responsabilità, all’appuntamento mancato con il futuro. E anche, certo, alla rimozione della morte, limite ultimo e indiscusso. In precedenza vigeva una possibile redenzione della vita dopo la morte. Oggi invece si assiste a una presunta redenzione della vita a scapito della morte, che finisce così per incarnare l’osceno.
Paradossale a dirsi, mentre l’esplosione dei diritti individuali e le accelerazioni della tecnica ci invitano a infrangere ogni limite, una terribile situazione economica pare risospingerci entro vecchi limiti: duri, spietati. Gli stoici dicevano: se vuoi essere ricco, sii povero di desideri, e Lao Tse più o meno altrettanto. Si era all’interno di una società della scarsità. Ora si parla della cosiddetta “abbondanza frugale”, che anziché sui consumi indotti, dovrebbe puntare su sobrietà, amicizia, convivialità. Adattarsi a questi comportamenti non sarà facile. Di sicuro non torneremo indietro da un punto di vista tecnologico e scientifico.
D’altronde spero che nessuno voglia santificare i vecchi limiti. Il pensiero filosofico-scientifico consiste nel varcare i confini, è un incessante viaggio di scoperta. Né si possono imporre limiti per decreto, perché la democrazia per quanto debole non lo consente. Ma non si può neppure più affidare tutto alla libertà individuale e narcisistica di cui parlava Lasch.
Credo sia necessario rimodulare l’idea di limite sulla base dei vincoli dettati dalle nuove condizioni storiche. E in questo ci possono aiutare molto proprio i saperi umanistici. Oggi si esaltano e finanziano soprattutto scienze pure e tecnologia e si pensa che la cultura umanistica non serve a niente. Ritengo, al contrario, che essa sia più che mai necessaria per dare senso alla vita individuale e sociale. Così come si ara il terreno per smuoverlo e favorire la crescita delle piante, oggi sarebbe necessario fare altrettanto per coltivare al meglio l’umanità. Per spingerla a varcare nuovi limiti e a considerare l’opportunità di preservarne o rafforzarne altri.
Da un’intervista apparsa su repubblica.it il 6.9.2013
Commenti recenti