Riforma costituzionale e memoria storica
di LUCA CANCELLIERE (ARS Sardegna)
Il disegno di legge di riforma costituzionale approvato con legge costituzionale del 12 aprile 2016, che sarà sottoposto a referendum confermativo nel prossimo ottobre, prevede tra l’altro: il superamento del c.d. “bicameralismo perfetto”, con attribuzione di una potestà legislativa soltanto eventuale al Senato, che viene ridotto da 315 a 100 membri nominati dai consigli regionali; l’abolizione delle province e del CNEL; modifiche al regime del referendum abrogativo; l’abolizione della potestà legislativa concorrente e l’attribuzione allo Stato di materie precedentemente rientranti in essa.
Non passerà sicuramente alla storia, dal punto di vista giuridico e politico, come una pietra miliare della storia del costituzionalismo moderno. Stupisce tuttavia l’ostilità con cui detta riforma, concernente essenzialmente la Parte Seconda della Costituzione e gli organi da essa disciplinati, viene osteggiata proprio da coloro che hanno assistito passivamente o addirittura cooperato alla demolizione della Prima Parte della stessa, quella che statuisce i diritti civili, politici, economici e sociali dei cittadini.
Dov’erano, i difensori della Costituzione, quando con legge ordinaria si calpestavano questi principi costituzionali?
Il diritto al lavoro, pregiudicato da riforme che mettono in discussione la centralità del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e la sua stabilità (art. 4);
l’unità e indivisibilità della Repubblica, messa a repentaglio dagli abusi delle Regioni (art. 5);
la condizione giuridica dello straniero clandestino, che de facto è ormai affrancato dall’osservanza delle leggi nazionali (art. 10);
la sovranità nazionale e in particolare monetaria, che legittimamente potrebbe essere oggetto di limitazioni ma non certo di pattuizioni ineguali o cessione pura e semplice, come avvenuto nei confronti di NATO, UE e BCE fino alla proditoria rinunzia alla valuta nazionale (art. 11);
le libertà di associazione (art. 18), manifestazione del pensiero (art. 21) e di appartenenza a partiti politici (art. 49), minacciate da norme e comportamenti discriminatori imposti dalla dittatura del “politicamente corretto”;
il principio di legalità (art. 24 e 25), messo a repentaglio da interpretazioni giurisprudenziali delle norme spesso totalmente svincolate dalla lettera della legge;
il matrimonio e la famiglia (art. 29 e 30), cui vengono negati la tutela e la centralità spettanti in base al dettato costituzionale;
il diritto alla previdenza (art. 38), messo a repentaglio da riforme pensionistiche sempre più penalizzanti; l’intervento pubblico in economia (art. 41, 42 e 43), inibito dal principio di libera concorrenza stabilito dai trattati UE e WTO;
la tutela del risparmio e della proprietà dell’abitazione (art. 47), messe a repentaglio da una pressione fiscale che è l’inevitabile conseguenza dell’indebitamento derivante dalla rinuncia alla sovranità monetaria.
E’ la storia d’Italia da Maastricht (1992), o meglio dal “divorzio Banca d’Italia – Tesoro” (1981), a oggi. La storia del suicidio di una Nazione. A proposito, la “memoria storica”: un’altra espressione che piace molto proprio a coloro che ne sono totalmente sprovvisti.
Se come molti sostengono l’attacco alla Costituzione è iniziato il giorno dopo la sua promulgazione è certamente vero che cambiamenti importanti l’hanno profondamente snaturata in particolar modo negli ultimi decenni. Oggi però ci troviamo di fronte ad un attacco importante,solo fermandolo possiamo ridiscutere i cambiamenti precedenti. In questa battaglia abbiamo bisogno di tutti, anche di quelli che in passato non si sono accorti dei danni che venivano fatti.
Certamente.