Considerazioni a partire da Brexit
di MARINO BADIALE (FSI Liguria)
1.Breve riassunto
Il referendum inglese sull’UE rappresenta un punto di svolta, che non poteva non generare un dibattito sostenuto. Abbiamo cercato di documentarlo in questi giorni sul blog. È probabile che il prossimo futuro ci riservi altri mutamenti politici significativi (la decisione di ripetere il ballottaggio per le elezioni presidenziali austriache va in questa direzione). In un momento simile si può forse provare a fare il punto di quanto fin qui elaborato, per capire se le ipotesi che ci hanno mosso finora hanno retto al confronto con la realtà.
Da quando Fabrizio Tringali ed io abbiamo cominciato ad occuparci di questi temi, cinque anni fa (Liberiamoci dall’euro uscì appunto nel luglio 2011) abbiamo elaborato alcune convinzioni, disseminate in vari scritti, che si possono sintetizzare come segue:
1) Euro e UE sono la forma particolare assunta sul nostro continente dalle politiche neoliberiste. Sono il modo in cui i ceti dirigenti europei hanno cercato, finora riuscendoci, di realizzare le politiche neoliberiste di attacco ai ceti subalterni. Tali politiche sono connaturate al modo come euro e UE sono state costruite, e non possono essere contrastate se non con lo smantellamento di euro e UE. L’Unione Europea si abbatte e non si cambia.
2) Le politiche neoliberiste targate UE portano alla distruzione di tutte le conquiste ottenute dai ceti subalterni europei nel trentennio seguito alla fine della seconda guerra mondiale.
3) Questa distruzione, questo feroce attacco ai redditi, ai diritti, alla vita dei ceti subalterni non può che suscitare reazioni di contrasto e di rifiuto.
4) Per contenere queste reazioni i ceti dirigenti devono ridurre gli spazi della democrazia.
5) Queste dinamiche aprono un grande spazio di azione politica ad una forza anticapitalistica che cerchi di difendere diritti e redditi dei ceti subalterni, e assieme ad essi la democrazia, introducendo elementi di rottura con l’attuale organizzazione sociale. Una tale forza politica dovrà avere il rifiuto di euro e UE come elemento caratterizzante.
6) In mancanza di forze politiche antisistemiche che si pongano su questo piano, la reazione anti-euro e anti-UE verrà egemonizzata da forze reazionarie che non si pongono realmente su un piano antisistemico.
Questi punti fondamentali ci sembrano confermati da tutte le vicende recenti, dalla Grecia all’Austria all’Inghilterra. Purtroppo, la possibilità che abbiamo indicato al punto 5) è rimasta tale: non è sorta una autentica forza politica antisistemica. In questo modo si è realizzata la previsione di cui al punto 6): ormai lo spazio politico della lotta contro euro/UE è stato occupato da forze politiche di destra che non esprimono convincenti posizioni antisistemiche, e anzi spesso esprimono posizioni liberiste (e magari razziste). Le forze anticapitalistiche hanno perso un’occasione storica, dimostrando la propria essenziale inutilità. Naturalmente, sappiamo bene che non tutti sono uguali, e che nell’ambito dell’estrema sinistra alcuni hanno espresso posizioni molto sensate, come abbiamo documentato nel nostro blog: ci basti qui citare il gruppo di “Sollevazione”; quello di “Contropiano”, singole personalità come Giorgio Cremaschi, Ugo Boghetta, Mimmo Porcaro.
Il fatto che, nonostante tutti gli sforzi e tutta l’intelligenza profusa dalle persone e organizzazioni appena nominate, i risultati pratici siano pressoché nulli, è indice di come simili posizioni siano in sostanza irricevibili, nell’ambiente della sinistra più o meno radicale. Non si tratta a mio avviso di semplici errori di analisi, ma della natura più profonda di un intero ambiente politico e culturale, che si ammanta di radicalità ma in sostanza trae la propria ragion d’essere non da una autentica spinta al mutamento sociale ma da meccanismi di riconoscimento identitario e tribale.
Comunque sia, ormai il danno è fatto ed è sostanzialmente irrimediabile. La battaglia politica più importante dell’immediato futuro, in relazione a euro/UE, è rappresentata dalle elezioni presidenziali francesi, e la sfida, con ogni probabilità, sarà fra un esponente dell’establishment e Marine Le Pen. La sinistra antisistemica, come sempre, potrà solo scegliere fra andare in aiuto all’establishment (in nome di antifascismo antirazzismo ecc.ecc.), oppure stare alla finestra a guardare Marine Le Pen combattere la battaglia che avrebbe dovuto essere la sua.
2. Rabbiosi difensori del nulla
Aggiungo due parole a proposito dello spettacolo dell’intellighentzia di sinistra che sputa rabbia sul popolo inglese che osa votare “Leave”. Non voglio insistere sul senso di disgusto generato dai tanti articoli razzisti e offensivi che mi è capitato di leggere. Su questo molti hanno già scritto. Vorrei fare un’altra considerazione. Non sono per principio contrario alle élite, quindi non ho problemi a pensare che un intellettuale, ancorché di sinistra, si senta parte di una élite distaccata dal popolo. Il vero problema è quale idea di futuro hanno in mente le élite, e come pensano ragionevolmente di arrivarci.
Detto altrimenti, il punto è se le élite hanno un progetto di società che consenta a tutti di vivere una vita decente, di realizzarsi come esseri umani, o quantomeno un progetto di società che preveda un movimento di allargamento delle possibilità di una buona vita. Qual è allora l’idea di società futura che hanno in mente gli intellettuali che hanno criticato il popolo inglese per aver osato votare “Leave”? In nome di cosa il popolo inglese avrebbe dovuto invece fare quello che dicevano loro le oligarchie europee? Hanno, queste oligarchie e gli intellettuali mainstream, un’idea di come uscire dalla crisi economica? Visti i risultati, sembra di no. Hanno un’idea di come provvedere all’incombente crisi ecologica, della quale il cambiamento climatico è probabilmente solo il primo passo? Anche qui, visti i risultati, si direbbe di no. Hanno mai fatto qualcosa per combattere la crescita delle ineguaglianze, denunciata come un pericolo per la tenuta delle nostre società da intellettuali non certo bolscevichi come il premio Nobel per l’economia J.Stiglitz? Anche qui, la risposta è facile. Queste oligarchie, assieme alla loro corte di intellettuali di destra e di sinistra, non hanno in realtà nessun progetto, nessuna idea di futuro. Non si rendono nemmeno conto della crisi incipiente della nostra civiltà, perché essi (oligarchi e intellettuali da salotto) sono al momento ben protetti, grazie al loro potere e al loro denaro.
La reazione degli intellettuali di regime (di destra e di sinistra, ma in questo caso soprattutto di sinistra) contro il popolo inglese è in definitiva tanto più disgustosa quanto più evidente appare come essa si basi sulla sostanziale accettazione di una organizzazione sociale che non ha un futuro e che ci può portare solo ad una crisi di civiltà, le cui avvisaglie sono già piuttosto evidenti. Rabbiosi difensori del nulla, verranno ricordati solo come esempi di servilismo, superficialità, corruzione intellettuale.
[Questo articolo viene pubblicato anche sul blog Badiale&Tringali]
E perché mai le elites (oligarchie capitaliste, programmaticamente sovranazionali) dovrebbero avere “ancora” un progetto e un’idea di futuro?
Hanno realizzato, con uno sforzo strategico durato circa 70 anni, esattamente il progetto e il futuro che si erano prefissi.
Forse dovrebbero dare loro una risposta alla crisi, quando negano il concetto di crisi e considerano l’evenienza di alta disoccupazione strutturale e la deflazione-stabilità monetaria, come una condizione di sano equilibrio di mercato?
Le elites, includendovi la classe degli intellettuali convertiti al neo-liberismo (“filosoficamente”, cioè a prescindere dalla comprensione economica dei meccanismi eziologici e degli esiti della struttura economica propugnata), hanno, oggi più che mai, ma non solo “da oggi”, solo il ruolo di difendere l’assetto raggiunto e di plasmare una cosmesi cultural-mediatica che serva per consolidarlo.
Tanto più che la Brexit, nella sostanza, corrisponde anch’essa a una spaccatura interna alle stesse elites britanniche e risulta, dal punto di vista politico-economico e istituzionale, un indicatore “neutro” rispetto ai problemi (ovvero, dal punto di vista delle elites, ai “successi”) derivanti dalla moneta unica…
http://orizzonte48.blogspot.it/2016/06/uk-italia-e-la-sovranita-la-sua-ragion.html