Partiti associazioni e partiti istituzioni
di STEFANO D’ANDREA
Esiste una profonda simmetria tra la struttura dei partiti politici e le politiche realizzate dal Parlamento e dai Governi.
L’epoca del liberalismo fu caratterizzata da “partiti associazioni”; l’epoca successiva da “partiti istituzioni”.
Man mano che tornavano i partiti associazioni, tornava il liberalismo.
C’è una (soltanto apparentemente) singolare coincidenza temporale tra i referendum elettorali promossi da Mario Segni e Gianfranco Pasquino (ah la sinistra indipendente che disastro che è stata!) e l’approvazione e l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht.
I referendum elettorali servivano e reintrodurre partiti associazioni, che avrebbero dovuto attuare le politiche economiche liberali imposte da Maastricht.
Resta confermato, dunque, che il primo dovere di chi vuol cambiare qualcosa è concorrere a creare un partito istituzione.
Senza partiti istituzioni, il liberalismo economico è ineliminabile, in ragione dei caratteri, della psicologia, delle modalità di scalata del potere e della appartenenza di classe dei politici nazionali appartenenti ai (o meglio che detengono o sono azionisti dei) partiti associazioni.
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