Oltre l'unica dimensione. Il mondo non è più volontà ma solo rappresentazione
di Massimiliano Scalisi fonte No Reporter
Pierpaolo Pasolini in una ventosa giornata di Sabaudia: “Il regime, oggi, è un regime democratico: quell’acculturazione, quell’omologazione che il fascismo non era riuscito assolutamente ad ottenere, il potere di oggi l’ha ottenuta; la società dei consumi distrugge le varie realtà particolari, togliendo realtà ai vari modi di essere uomini che l’Italia ha prodotto. Quest’acculturazione distrugge l’Italia, il vero fascismo oggi è la società dei consumi che sta rapidamente distruggendo l’Italia. L’Italia è sparita”. La mutazione economico-sociale lenta e devastante percepita dal Pasolini oggi ha, probabilmente, raggiunto il suo apice; l’epoca del nulla è in essere, Herbert Marcuse non arrivò ad immaginare la conseguente monodimensionalità dell’essenza stessa del mondo, l’inesistenza dell’essere umano, lo smaterializzarsi nella massa.
Quasi come un’alchimia, un’atomizzazione: l’uomo si è dissolto nel mercato.
Non esiste uomo libero nel pensiero unico: la differenziazione è una delle tappe della creazione individuale, il branco è deviato dai poteri forti ed in esso si dice quello che il sistema vuole si dica, si mangia quello che il sistema vuole che si mangi, si veste come il sistema vuole si vesta, si pensa quello che il sistema vuole si pensi, si crede quello che il sistema vuole che si creda: “Mi facevano pena quei ragazzi ammassati nelle palestre che cercavano di somigliare a quello che gli dicevano Calvin Klein o Tommy Hilfiger”, si sente in quello straordinario lungometraggio che fu Fight Club.
L’unica cosa libera oggi è il mercato: la società dei consumi non crea uguaglianza, ma crea diseguaglianze omologate; l’uomo è posseduto da ciò che ha.
Il mondo non è più volontà ma solo rappresentazione. La globalizzazione delle intelligenze, il mondialismo della riflessione, il grande imbroglio della libertà, in quest’Italia la libertà è costituzionalizzata, ma si percepisce volatile come una memoria virtuale; il lavorare per poter lavorare il giorno dopo è oltremodo più mercificante della fabbrica marxista. Oggi, parafrasando Toni Negri, vi è alienazione senza fabbrica, l’uomo è schiavo salariato delle macchine; un’alienazione moderna, ergo una lenta distruzione telematica: sa un po’ di Orwell. L’utopia si è fatta realtà, siamo invisibili in un mondo di parvenze: essere è secondario.
Le fabbriche di Engels oggi sono altre: il mondo intero oggi è fabbrica. Vivere per consumare: la politica economica ci impone di aumentare i consumi perché la produzione riesca a crescere e l’economia giri; le macchine che dovrebbero muovere tutto ciò siamo noi, schiavi pur di essere in ogni caso schiavi dell’impero. Servi dei servi di se stessi.
Persa la genuinità dell’essere, le antiche tradizioni, distrutti i valori fondanti dell’Europa ci si è venduti al modello liberalista e, di converso, a quello americano ed americanizzante; senza la storia si perde la luce, l’uomo è spirito e lo spirito ha radici lontane che affondano anche nella profonda terra dei secoli. Come si può tendere all’infinito ed alla bellezza eterna senza possedersi? – L’Italia delle veline e dei tronisti: viviamo una società finta. Sono inutili le campagne pubblicitarie contro le droghe, sono tautologiche, servono solo per mettere apposto qualche coscienza squallido-borghese; i più deboli in un mondo vuoto sono destinati all’auto-annientamento: il paradosso del paradosso sta nei giovani che cercano di dimenticare la vita vuota svuotandosi col rumore dei rave. O più probabilmente cercano di riempire la vacuità con qualche desiderio rumoroso, giovani che cercano di sfuggire da se stessi non ritrovandosi mai più. Sfuggire dalla paura di un mondo che si è fatto inferno, perché è loro nemico; dalla paura del trascendente, alla speranza della morte. La modernità è diventata ottundimento delle menti: paradossalmente l’allargarsi degli orizzonti, delle frontiere, la famosa emancipazione sociale mista al miracolo economico fu ratio del tramonto dei valori; nella foga sessantottina si finì per confondere il teleologico con lo strumento. La lotta giusta contro un potere fin troppo conservatore ma non tradizionale si trasformò nella trasvalutazione della morale, cercando di distruggere ciò che era marcio si estirpò alla radice anche l’erba benefica. Ma Tolkien ci insegna che le radici profonde non gelano.
Molto spesso nella storia pochi uomini sono riusciti ad essere straordinario esempio per l’intera umanità. Tra le rovine di Evola, nel bosco di Jünger e nell’indifferenza alogica e arazionale del folle eroe nietzschiano bisogna ritrovarsi con le coscienze, rileggersi, riflettersi, riprendersi il proprio tempo, cercare di rincontrarsi e di ricominciare da dove ci si era persi. E’ necessario un risveglio del pensiero. Va rianalizzato attentamente tutto, dalla secolarizzazione, alla democrazia rappresentativa, dalla globalizzazione al consumismo, dal capitalismo al liberismo e, soprattutto, bisogna cercare di capire dove stia andando il treno del progresso e della modernità che corre da oltre mezzo secolo a velocità folle. Prima che sia troppo tardi.
Commenti recenti