Riserva frazionaria, Decrescita e Sovranità
di Stefano D'Andrea
Questo articolo contiene alcune osservazioni sulla “riserva frazionaria”. Esse non sono comuni e anzi sono, al più, rare, anche se, a chi non è economista, sembrano estremamente logiche ed evidenti. Perciò, mi auguro che qualche contestatore del cosiddetto signoraggio secondario (ossia del meccanismo della riserva frazionaria), letto l’articolo, voglia esprimere le sue riflessioni, in un commento o, eventualmente, con un articolo autonomo. Se saranno sollevate convincenti obiezioni che tolgano valore alle osservazioni critiche su un ipotetico regime di “riserva obbligatoria totale”, sarò felice.
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Non sono pochi coloro che considerano ingiusto che le banche debbano mantenere a riserva soltanto una percentuale del denaro depositato dai clienti presso di esse (per esempio il 4%) e reputano che il prestito del medesimo denaro da parte del sistema bancario considerato nel suo complesso, potenzialmente per un numero di volte pari a cento diviso la percentuale di riserva frazionaria, costituisca una “creazione di denaro dal nulla”, che debba essere vietata. Si dice, infatti, che, posta una riserva obbligatoria del 4%, il deposito di centomila euro presso una banca darebbe luogo alla possibilità del sistema bancario di prestare, ad interesse, fino a duemilionicinquecentomila euro (100.000 diviso 4/100), sempre che il denaro prestato, ad ogni finanziamento, venga interamene depositato presso una o altra banca. Si propone, allora, di prevedere una “riserva obbligatoria totale” (che è un ossimoro ma chiarisce il contenuto), ossia che le banche debbano tenere in cassa a disposizione dei clienti tutte le somme da questi ultimi depositate.
Voglio depurare il mio discorso dal cosiddetto signoraggio primario. Ipotizzo, perciò, che la carta moneta e le monete metalliche vengano prodotte direttamente dallo Stato o da una banca centrale interamente pubblica, almeno nel senso che i soci della medesima siano soltanto soggetti pubblici. Il ragionamento, perciò, si baserà sulla premessa che le banche private prendano a prestito il denaro, con il quale poi finanziano cittadini e imprese, da un soggetto pubblico (lo Stato o una banca centrale interamente pubblica). In ogni caso, il ragionamento che svolgerò è autonomo dal problema del cosiddetto signoraggio primario e ha una sua ragion d’essere anche nell’attuale contesto giuridico.
Svolta la premessa, muovo da un esempio. La banca A prende in prestito dalla banca centrale (o dallo Stato) un milione di euro ad un tasso del 2% e lo presta, prevedendo un tasso più alto, ad un cittadino che intende acquistare un immobile. Il venditore riceve in consegna l’assegno circolare dall’acquirente e lo versa alla banca B, presso la quale ha acceso un contratto di conto corrente, sul quale, quindi, avrà depositato un milione di euro – peraltro, dopo l’accreditamento, è vero semplicemente che il venditore è titolare nei confronti della Banca B di un credito di un milione di euro e che la banca B è titolare di un credito del medesimo importo nei confronti della banca A (la riflessione su questa osservazione sembrerebbe interessante ma mi condurrebbe fuori dal tema specifico di queste note e perciò soprassiedo).
In regime di “riserva obbligatoria totale” la banca B non potrà prestare il milione di euro depositato presso di essa dal venditore. Né in tutto né in parte. In questa situazione mi sembra ovvio che dovrebbe essere il venditore- depositante a pagare un corrispettivo alla banca B perché essa custodisca il denaro. In un regime di “riserva obbligatoria totale”, che interesse avrebbero le banche a custodire il denaro dei clienti? Nel regime con riserva frazionaria l’interesse delle banche è di prestare, con gli interessi, il denaro che eccede la riserva frazionaria (alta o bassa che sia). Ma nell’ipotetico regime di “riserva totale”? L’unico interesse delle banche sarebbe quello di svolgere la funzione di depositarie del denaro: io banca ti custodisco il denaro ma tu mi devi pagare. Sarebbero i clienti, dunque, a dover pagare le banche.
Mi domando, ora, se il passaggio ad un regime di riserva obbligatoria totale implicherebbe una riduzione dei crediti e/o un aumento degli interessi.
Non vedo ragioni per negare che si verificherebbe un aumento degli interessi richiesti dalle banche. Se, al momento del passaggio dalla riserva frazionaria a quella totale, tutte le altre circostanze restassero identiche e in particolare se lo Stato o la Banca centrale prestassero alle banche la medesima quantità di denaro, le banche presterebbero meno denaro, non per un effetto economico, bensì perché per legge non potrebbero più ciò che prima potevano: prestare il denaro depositato presso di esse da soggetti pubblici e privati.
Si tratta di un provvedimento che provoca un “effetto decrescita”. Da un lato, riduzione del finanziamento del consumo (che oggi le banche effettuano, in parte, tramite le finanziarie), quindi meno “domanda” interna, quindi riduzione delle vendite e delle forniture di servizi: riduzione dell’indebitamento privato e riduzione dell’acquisto di beni e servizi di consumo. Riduzione, inoltre, dei mutui-casa, con conseguente riduzione del prezzi degli immobili e necessità, per una parte dei proprietari degli immobili, di vendere gli immobili, in parte dietro il pagamento di contanti e in parte ricevendo cambiali dagli acquirenti (i quali si indebiterebbero verso il costruttore o il venditore e non verso la banca) – sarebbe un ritorno alla prassi dominante trenta anni fa, con elevata riduzione dell’intermediazione bancaria. Dall’altro, minore finanziamento degli imprenditori e delle società commerciali e quindi riduzione della produzione: riduzione del fatturato e forniture effettuate soltanto ai clienti che pagano con certezza; riduzione dei costi, un tempo sopportati (anche) tramite il maggior finanziamento; riduzione degli investimenti volti a “espandere” o “internazionalizzare l’impresa”. Il tutto, naturalmente, con una riduzione dell’occupazione e/o con minore incremento dei nuovi occupati.
Tra la riserva obbligatoria attuale e l’ipotesi della riserva obbligatoria totale esistono moltissime possibilità: riserva obbligatoria al 10%, al 20%, al 30% ecc. Negli anni 80 del secolo scorso, la riserva frazionaria è stata mediamente del 25%. Qui sorge un dubbio: ha senso proporre – anche per chi, come lo scrivente, considera largamente prevalenti le conseguenze positive rispetto a quelle negative (queste ultime coincidono, essenzialmente, con il calo dell’occupazione) – sia in un ipotetico regime giuridico che ha eliminato il cosiddetto signoraggio primario (è il regime che abbiamo ipotizzato), sia nell’attuale contesto giuridico, una riserva obbligatoria totale? Chi è in grado di valutare quale sarebbe, con il passaggio ad un regime di riserva obbligatoria totale, l’aumento dei tassi medi di interesse? Chi è in grado di valutare in che misura diminuirebbe il finanziamento delle imprese da parte del sistema bancario? Chi è in grado di prevedere in che misura sarebbe colpita l’occupazione? Senza una previa risposta, siamo in presenza di una proposta politica avventata, mossa esclusivamente da una pretesa moralistica: da una volontà di punire (le banche non devono guadagnare prestando il denaro depositato dai cittadini, dalle imprese e dagli enti pubblici!). Non sembra una proposta politica condivisibile. Le proposte politiche si elaborano a tutela di uno o altro interesse e non per sacrificare un interesse, disinteressandosi di tutti gli interessi “secondari” (ossia che non costituiscono la ragione della norma) che eventualmente sono sacrificati.
Sembra preferibile una proposta più “moderata”, che moderata non sarebbe. Infatti, negli ultimi venti anni si sono verificati, nell’ordinamento giuridico italiano, più cambiamenti che non con il Risorgimento, il Fascismo e la Costituzione repubblicana (cfr. “Centrodestra e centrosinistra contro la storia d’Italia! https://www.appelloalpopolo.it/?p=958). Perciò non dobbiamo temere il ritorno alla legislazione previgente (o l'introduzione di una legislazione simile a quella previgente). Si tratterebbe ugualmente di proposte che vanno considerate rivoluzionarie (il sistema bancario sarebbe effettivamente, sotto il profilo considerato, rivoluzionato), che hanno dalla loro parte la storia e una applicazione di oltre cinquanta anni e che sono pertanto concrete, credibili e "vendibili" ai cittadini, i quali potrebbero lasciarsi persuadere.
Una proposta politica più seria – il piano è proprio quello, complesso, della “serietà”, come risultante dell’analisi concreta della situazione concreta – rispetto a quella che sostiene l’adozione del regime della “riserva obbligatoria totale” è quella che muove dalla constatazione: i) che c’è una “bolla” del credito, compresa una bolla del credito al consumo; ii) che una società sana non consuma un euro (una lira, un dollaro, una dracma, ecc.) in più rispetto a ciò che produce ma anzi risparmia, in parte, ciò che ha prodotto, pensando al futuro, salvo che i debiti siano contratti per investimenti (e non rientrano in questa categoria i debiti contratti dai cittadini per aumentare i consumi di beni e servizi, compresi gli acquisti di immobili, e per promuovere, così, un’offerta che non dovrebbe esserci) e in una certa misura i debiti pubblici; allo stesso tempo un società sana non finanzia attività economiche che devono essere sostenute al contempo finanziando il consumo a debito dei cittadini; iii) che l’aumento del credito al consumo (congiunto con la diminuzione dei redditi da lavoro e delle pensioni) costituisce un impoverimento netto e drastico dei cittadini, del quale ci si renderà conto appieno tra alcuni anni; iv) che uno Stato sovrano deve poter disporre di una manovra (la manovra sulla riserva frazionaria) che consente di aumentare o diminuire il credito, con la conseguenza che la decisione ultima sulla riserva frazionaria deve spettare al Governo controllato dal Parlamento, e non ad organi “tecnici” sovranazionali; v) che è necessario, a tutela dei segnalati interessi, di rilievo costituzionale, aumentare la percentuale di riserva frazionaria, sopportando i “costi” (in realtà sono in gran parte benefici – salvo il problema per l’occupazione) che l’aumento comporta.
Le proposte politiche che, a tutela di uno o altro bene costituzionale, suggeriscono di percorrere la strada della decrescita o, comunque, di eliminare le bolle dei crediti non possono consistere in proposte distruttive dell’ordine costituito; devono invece mirare a mutarlo per costruire un ordine giuridico più giusto ed equilibrato.
Pertanto crediamo che il partito alternativo al partito unico delle due coalizioni, partito che prima o poi sorgerà, debba proporre l’aumento della riserva frazionaria e il ritorno della manovra sulla riserva in mano al Governo sotto il controllo del Parlamento. “Decrescita” perseguita razionalmente, riduzione della attività di intermediazione finanziaria e recupero della sovranità nazionale sono tre obiettivi da perseguire congiuntamente.
Ciao, in rete gira questo dossier sulle frottole del signoraggio:
http://digilander.libero.it/togiga/signoraggio.pdf
e un gruppo facebook che debunkera le sciocchezze dei complottisti:
http://www.facebook.com/pages/Signoraggio-informazione-corretta/279217954594
la teoria del complotto del signoraggio è una bufala di stampo neonazista
http://signoraggisti.blogspot.com
Quello non è un dossier ma una raccolta rivisitata e manipolata 100ia di volte da parte di un fotografo. la verità sul signoraggio è per chi studia. ridicoli pdf, facebook e attacchi politici non sono LA VERITA'.
studia e renditi libero.
Gentile Sandro Pascucci,
a prescindere dal dossier, mi piacerebbe conoscere le obiezioni di un signoraggista (utilizzo il termine in senso puramente descrittivo) sulle mie osservazioni, le quali sembrerebbero negare ogni ragionevolezza alla proposta di riserva obbligatoria totale (a prescindere dal problema del cosiddetto signoraggio primario).
L'idea di questo articolo mi sembra molto interessante. Si sa che la moneta in circolazione non è costituita solo dai biglietti, ma anche dagli assegni, titoli, cambiali. La moltiplicazione del credito è tanto più alta quanto più è bassa la quota di riserva obbligatoria da tenere per legge. Alzando questa quota al 100%, le banche perderebbero guadagno e funzione. Se però si alzasse e considerevolmente la percentuale, con una minore moltiplicazione bancaria si avrebbero tutte le ripercussioni a cui fa riferimento. Non avevo pensato che l'effetto si potesse chiamare di decrescita razionale, ma poiché mi sembra che tutti i passaggi logici del suo ragionamento siano congruenti nelle concatenazioni degli effetti nel sistema reale, il mio parere è che il termine sia esatto. Interessante anche l'idea di inserire la sua proposta in un partito che prima o poi sorgerà.
Una semplice insegnante di economia politica in pensione
Cara Daniela,
grazie per il commento!
Non è vero che non esistono esempi storici di depositi bancari a riserva integrale. Questo era il modo normale di operare del banco sino a due secoli fa.
Ancora al tempo di Richard Chantillon la Banca di Amsterdam, con il suo enorme prestigio, operava con coefficiente di riserva al 100%.
Prima del medioevo la pratica della riserva frazionaria era pianamente ritenuta una frode. Il giurista romano Ulpiano specificava la distinzione tra dare in prestito al banco o depositare presso il banco. Si trattava chiaramente di due cose radicalmente distinte. Chi (il banco che) riceveva il deposito e lo utilizzava per negozi propri commetteva il reato di furto. E ancora, nel rimborso che faceva seguito al fallimento del banco, il depositante era privilegiato rispetto a chi aveva prestato soldi al banco.
Il dibattito tra scuola bancaria e monetaria (per questa ultima Ricardo, Torrens vi dicono qualcosa questi nomi?) in Inghilterra nella seconda metà del XIX secolo si conclude con la legge di Peel del 1844 che esigeva il coefficiente di cassa pari al 100% per l'emissione di banconote (coperte da riserva aurea), ma non per i depositi bancari. Si era capito che le crisi ricorrenti erano colpa della riserva frazionaria, ma purtroppo non si capì che l'emissione di depositi aveva all'atto pratico lo stesso effetto dell'emissione di banconote, cosa che invece avevano capito gli studiosi di Salamanca (e gli scolastici nel medioevo) già alcuni secoli prima.
Vediamo chi sono i difensori della banca con 100% di riserva. Anzitutto Irving Fisher (prima di lui Henry Simons della scuola di Chicago) e Ludwig Von Mises, poi ben quattro premi Nobel: Hayek, Friedman, Tobin e Allais. Mises è il primo economista del XX secolo a proporre un coefficiente bancario del 100%. La proposta è contenuta nel libro "Teoria del Credito e dei Mezzi Fiduciari", uscito nel 1912 in tedesco, e nuovamente nel 1928 nella sua prima edizione inglese. Mises scrive: "E' evidente che l'unica maniera di eliminare l'influenza umana sul sistema creditizio è sopprimere l'emissione di mezzi fiduciari. L'idea base della legge di Peel è ancora oggi valida ma in essa si deve includere l'emissione di crediti nella forma di depositi bancari." Dopo Mises, è Hayek a difendere il 100% e lo fa in diversi libri, tra cui Nazionalismo monetario e stabilità internazionale del 1937, in cui demolisce la dottrina dei cambi flessibili avanzata dalla scuola di Chicago.
Il francese Allais, nella tradizione della scuola di Chicago, aggiunge che il denaro può anche essere cartaceo, e la quantità aumentata di circa il 2% l'anno. Friedman riprende lo stesso concetto. Questi due economisti difendono il coefficente 100% come ausiliario agli obbiettivi di politica monetaria. Non vogliono eliminare la carta di stato e l'interventismo, solo stabilizzare la politica monetaria.
Il meccanismo del moltiplicatore di moneta bancaria, che si fonda sul principio di riserva frazionaria dei depositi, è stato "scoperto" dal Prof. Irving Fisher della Yale University, che lo ha individuato quale principale causa della crisi finanziaria del 1929 e della conseguente grande depressione. Per questo ne ha proposto il superamento proponendo specificamente il ritorno al tradizionale obbligo di riserva al 100% (vedi Fisher, Irving 1935: 100% Money, Works Vol. 11, ed. and introduced by William J. Barber, London: Pickering & Chatto, 1997 e Fisher, Irving / Cohrssen, Hans R.L. 1934: Stable Money. A History of the Movement, New York: Adelphi Company). Le tesi di Fisher sono state successivamente riprese da Milton Friedman (vedi A Program for Monetary Stability, by. Dr. Milton Friedman, Fordham University Press (N.Y. 1960, 1992) e Maurice Allais(1999, « La Crise mondiale d'aujourd'hui. Pour de profondes réformes des institutions financières et monétaires »).
Da un altro versante culturale Carl Marx descrive la situazione i questi termini:
« In quanto la Banca (d'Inghilterra, ndr) emette dei biglietti che non sono coperti dalla riserva metallica nei suoi forzieri, essa crea segni di valore che costituiscono non solo mezzi di circolazione, ma anche capitale addizionale — sia pure fittizio — corrispondente all’ammontare nominale di questi biglietti senza copertura. E questo capitale addizionale le apporta un profitto addizionale.
In Bank Acts, 1857, Wilson domanda a Newmarch:
«1563. La circolazione delle banconote proprie di una banca, ossia l’ammontare medio che resta nelle mani del pubblico costituisce un incremento al capitale effettivo di quella banca, non è vero? Senza dubbio».
«1564. Qualsiasi profitto, quindi, che la Banca ritrae da questa circolazione, è un profitto che proviene dal credito e non da un capitale che essa possiede effettivamente? Certamente».
Lo stesso si può dire naturalmente anche per le banconote delle banche d’emissione private. Nelle sue risposte nn. 1866-1868 Newmarch ritiene che i due terzi di tutte queste banconote private (l’altro terzo deve avere una copertura metallica presso queste banche) rappresentano «una creazione di un capitale corrispondente» per il fatto che viene in tal modo economizzato l’equivalente in moneta metallica Il profitto del banchiere può perciò non essere più elevato di quello di altri capitalisti. Rimane il fatto che egli trae profitto da questo risparmio nazionale in moneta metallica. Il fatto che un risparmio nazionale si presenti come profitto privato, non scandalizza per niente l’economia borghese, poiché il profitto in genere è comunque appropriazione di lavoro nazionale.
Il sistema creditizio che ha come centro le pretese banche nazionali e i potenti prestatori di denaro, e gli usurai che pullulano attorno ad essi, rappresenta un accentramento enorme e assicura a questa classe di parassiti una forza favolosa, tale non solo da decimare periodicamente i capitalisti industriali, ma anche da intervenire nel modo più pericoloso nella produzione effettiva — e questa banda non sa nulla della produzione e non ha nulla a che fare con essa. Le leggi del 1844 e del 1845 costituiscono una prova della forza crescente di questi banditi ai quali si uniscono i finanzieri e gli stock – jobbers (Speculatori di Borsa). »
Karl Marx, Capitale, Libro III, Sez. V Capitolo 33
Ora per capire come, concretamente, dovrebbe funzionare un sistema bancario con obbligo di copertura al 100% dei depositi, secondo il tradizionale sistema di riserva integrale stabilito dal diritto romano, vediamo come lo descrive Allais (riguardo al funzionamento delle banche si veda il paragrafo in neretto).
"Per ciò che concerne l’esperienza di almeno due secoli riguardo i disordini di ogni sorta e riguardo il costante alternarsi di periodi di espansione e recessione, bisogna considerare che i due fattori principali che li hanno amplificati in modo considerevole, se non provocati, sono la creazione di moneta e di potere d’acquisto dal nulla (ex nihilo) attraverso il meccanismo del credito e il finanziamento di investimenti a lungo periodo attraverso prestiti a breve periodo. Si potrebbe tuttavia facilmente rimediare a questi due fattori attraverso una riforma d’insieme che permettesse, se non di metter fine alle fluttuazioni congiunturali, almeno di diminuirne considerevolmente l’ampiezza.
Questa riforma si deve basare su due principi fondamentali:
La creazione di moneta deve essere di competenza dello Stato e dello Stato soltanto.
Tutta la creazione di moneta eccedente la quantità di base da parte della Banca centrale deve essere resa impossibile, in maniera tale che scompaiano i “falsi diritti” derivanti attualmente dalla creazione di moneta bancaria.
Tutti i finanziamenti d’investimento a un termine prestabilito devono essere assicurati da fondi di prestito a scadenze maggiori, o tutt’al più alla stessa scadenza.
La riforma del meccanismo del credito deve così rendere contemporaneamente impossibile sia la creazione di moneta dal nulla (ex nihilo), sia il prestito a breve termine per finanziare prestiti a lungo termine, e non deve permettere prestiti a scadenze più vicine di quelle corrispondenti ai fondi prestati. Questa doppia condizione implica una modifica profonda delle strutture bancarie e finanziarie basandosi sulla completa separazione delle
attività bancarie, come si presentano ad oggi, e la loro attribuzione a tre categorie di istituzioni distinte e indipendenti:
1. banche di deposito che garantiscono solamente, a esclusione di tutte le operazioni di prestito, gli incassi e i pagamenti, e la tutela dei depositi dei loro clienti: le spese corrispondenti saranno fatturate a questi ultimi, e i conti dei clienti non potranno avere alcuno scoperto.
2. banche di prestito che prestano a scadenze prestabilite. Poiché esse prestano a scadenze minori, l’ammontare complessivo dei prestiti non potrà eccedere l’ammontare complessivo dei fondi imprestati.
3. banche d’affari che prestano direttamente al pubblico o alle banche di prestito e che investono i fondi prestati nelle imprese.
Nel suo fondamento, una tale riforma renderebbe impossibile la creazione di moneta e di potere d’acquisto dal nulla (ex nihilo) attraverso il sistema bancario e il prestito a breve scadenza per finanziare prestiti a scadenza maggiore. Essa non permetterebbe che prestiti a scadenza più breve che quella corrispondente ai fondi imprestati. Le banche di prestito e le banche d’affari servirebbero come intermediari tra i risparmiatori e i prestatori. Sarebbero sottoposte a un obbligo imperativo: prendere in prestito a lungo termine per prestare a scadenza più breve, il contrario di ciò che avviene adesso.
Una tale organizzazione del sistema bancario e finanziario permetterebbe la realizzazione simultanea di condizioni fondamentali quali:
l’impossibilità assoluta di creazione di moneta e di potere d’acquisto al di fuori della quantità di base creata dalle autorità monetarie.
L’eliminazione di tutto lo squilibrio potenziale risultante dal finanziamento di investimenti a lungo termine a partire da prestiti a breve o medio termine.
L’espansione della massa monetaria complessiva, costituita unicamente dall’ammontare di base, a tasso stabilito dalle autorità monetarie
La notevole se non totale riduzione dell’ampiezza delle fluttuazioni congiunturali
l’attribuzione allo Stato, cioè alla collettività, del reddito da signoraggio proveniente dalla
creazione di moneta, e il conseguente alleggerimento delle imposte attuali
un controllo agevole da parte dell’opinione pubblica e del Parlamento della creazione monetaria e delle sue implicazioni.
Tutti questi vantaggi sarebbero certamente fondamentali. I profondi cambiamenti necessari dalla loro attuazione andrebbero a scontrarsi naturalmente contro forti interessi e contro pregiudizi profondamente radicati. Rispetto alle gravi crisi che il sistema attuale del credito non ha smesso di provocare da almeno più di due secoli e continua a provocare attualmente, e che le autorità monetarie si rivelano sempre più incapaci di
controllare, questa riforma appare come una condizione necessaria per la sopravvivenza di un’economia decentralizzata e per la sua efficacia."
Maurice Allais(1999, « La Crise mondiale d'aujourd'hui. Pour de profondes réformes des institutions financières et monétaires »)
Il mio commento precedente per chiarire i presupposti teorici del concetto di "riserva obbligatoria totale".
Nello specifico, rispondendo alla tua domanda, non vi è alcun meccanismo automatico che determinerebbe una contrazione dell'offerta di prestiti ed un aumento del tasso di interesse.
Tutto dipenderebbe dal livello di offerta di moneta legale da parte dello Stato.
Per capirci meglio scomparirebbero dal mercato di offerta dei prestiti i depositi dei clienti, ma questo andrebbe a garanzia dell'intagibilità di questi stessi depositi.
Però è naturale che oltre a questa parte di risparmi infruttiferi intangibili (i depositi) i clienti possano decidere di far fruttare un'altra quota dei loro risparmi investendoli. Cioè non depositandoli, ma prestandoli (sono concetti radicalmente diversi) alla banca. Questa a sua volta potrebbe prestare queste somme sul mercato, lucrando sulla differenza tra tassi di interesse attivi e passivi, che è quello che la gente pensa le banche facciano attualmente. In altra forma i clienti potrebbero decidere di prestare direttamente a terzi una quota dei loro risparmi (lucrandone direttamete gli interessi) con la consulenza e l'intermediazione della banca, la quale guadagenerebbe delle commissioni sull'interesse lucrato dal cliente.
La quantità di risparmio che i clienti possono decidere di prestare (invece di depositarla in modo infruttifero) dipende dalla quantità di moneta legale che lo Stato decide di emettere, la quale a sua volta influenza il tasso di interesse (determinato dall'offerta e dalla domanda di moneta). A parità di domanda ad una maggior quantità di moneta legale emessa corrisponderebbe a un aumento degli investimenti e a una diminuzione del tasso di interesse.
In ultima analisi, eliminato il meccanismo automatico del moltiplicatore monetario (mediantie l'obbligo di riserva al 100%), il volume di credito dipenderebbe direttamente dalla scelta dello Stato di aumentare o contrarre l'offerta di moneta legale. Peraltro lo Sato potrebbe anche fissare direttamente il tasso di interesse sulla moneta legale prestata direttamente dallo Stato medesimo, influenzando così l'intera struttura dei tassi.
La tua proposta di una percentuale elevata di riserva obbligatoria (ad es. 25-30%, che è quello che faceva Menichella), non modifica concettualmente i termini della questione, ma rende meno immediato e meno stringente il controllo dell'offerta monetaria da parte dello Stato. Questo può anche essere considerato utile, ma in fase di violenta ed ampia fluttuazione del ciclo economico rende meno stabile l'intero sistema finanziario e meno efficaci le eventuali politiche monetarie anticicliche da parte dello Stato
Caro Honest Money,
ti ringrazio per le tue osservazioni, che ho letto e sulle quali rifletterò con attenzione.
Complimenti all'utente Honest Money che ha attinto ha piene mani dal sito signoraggio.com
Caro Andrea,
l'utente Honest Money è intervenuto anche commentando l'articolo "Il valore del denaro", dove si è svolta una riflessione approfondita su temi che forse ti interessano
Per Andrea non ho attinto per niente dal sito signoraggio.com, l'ultima volta che ho visto tale sito sarà stato 2 anni fa. Non avrei problemi a citarlo se vi avessi fatto riferimento. Comunque fammi sapere quali sono i punti che ti sembrano attinti se vuoi ne parliamo.
Il signoraggio bancario, esiste, anche Adam Smith (padre degli economisti), tratta codesto cancro nel libro:"La Ricchezza delle Nazioni"…
Ciao maurizio
Sono molto interessato all'argomento che, forse, andrebbe ulteriormente sviluppato. Anche perchè molti blog che sono per il recupero della sovranità monetaria, non sono d'accordo con il discorso affrontato nel post. Io credo, invece che sia importante e viene trattato anche nell'ultimo libro di Luciano Gallino in termini positivi. Infine mi sorge spontanea una domanda:"Siete per la decrescita, così come è intesa da Badiale e Tringali?
Grazie.
N.B. Nel vostro blog trovo sempre più punti di contatto con le idee che fino ad ora ho maturato. La mia preoccupazione maggiore è che si possa tornare a votare senza la presenza di un movimento o un fronte di associazioni e movimenti che siano per il recupero della sovranità monetaria, contro la libera circolazione monetaria ecc. ecc.
Valerio,
purtroppo sto per iniziare a lavorare e sarò impegnato fino a tardi; ma domani o dopodomani ti ruspondo.
Scusami
Stefano
Non so cosa abbia scritto Luciano Gallino. Ti segnalo il documento dell'ARS, che propone, tra le altre cose, di ri-attribuire la manovra della riserva obbligatoria al Governo, nella "forma" del CICR magari. La manovra serve principalmente a utilizzare l'istituto in funzione della repressione della rendita finanziaria. Ad indirizzare parte del risparmio verso il finanziamento della spesa pubblica: http://www.riconquistarelasovranita.it/teoria/reprimere-la-rendita-finanziaria-e-instaurare-un-sistema-finanziario-nazionale-documento-per-assemblea
Sulla decrescita abbiamo deciso di non dividerci. Nel Progetto è scritto: Alcuni credono che si debba perseguire una politica della “decrescita”, altri non credono che questa parola riesca a designare una teoria alternativa. Altri ancora perseguono uno sviluppo sostenibile o una “crescita felice”. Non conviene dividerci su questo punto. Perché le diverse politiche (decrescita, sviluppo sostenibile, ecc.), qualsiasi cosa designino, implicano l’esercizio della sovranità nazionale, un potere che non abbiamo. La riconquista della sovranità dovrà essere considerata come condizione di ogni possibilità; con la sovranità tutto è possibile; senza di essa niente è possibile". Il progetto lo trovi qua: http://www.riconquistarelasovranita.it/sample-page
Se si tornasse a votare tra sei mesi o tra un anno, non ci sarebbe ragione di preoccuparsi: un movimento sovranista serio e potente non ci sarebbe. Tra un paio d'anni chi sa. Ma è proprio la tua preoccupazione che deve spingerti all'azione. Quando si comincia ad agire non ci si preoccupa più, se non di concorrere con il proprio contributo a realizzare il progetto. Bisogna creare qualcosa che duri nel tempo: diciamo quaranta anni; altrimenti non vale la pena impegnarsi.