Le riviste fiorentine di inizio Novecento (prima parte)
di GIAMPIERO MARANO (FSI Varese)
Il Novecento italiano nasce a Firenze dalle pagine di alcune riviste (“Il Leonardo”, “Hermes”, “Il Regno”, “La Voce”, “Lacerba”) che reagiscono frontalmente all’ascesa della società di massa e alla pretesa positivista di ridurre l’uomo e il mondo a mero dato, numero, quantità.
Lontano dall’abbracciare un ruvido materialismo o le istanze scettiche più disincantate, l’intero secolo si dibatterà tra le ambigue fluttuazioni di uno slancio vitale non definibile in termini univoci e dalle frequenti ricadute esiziali; se da un lato il Novecento non pare disposto a riconoscersi nei princìpi e nei dogmi della maggiore tradizione religiosa d’Occidente, dall’altro si rifiuta di considerare l’esperienza del sacro come una superstizione d’antan o un fantasticheria puerile: “L’uomo non può vivere senza una permanente fiducia in qualcosa di indistruttibile dentro di lui”, scrive Kafka in un aforisma citato da Harold Bloom, che come è noto considera il XX secolo “l’età di Kafka”.
La Massoneria e la Società Teosofica nel primo Novecento, i mille rivoli della New Age nella seconda metà del secolo giocano un ruolo decisivo nell’elaborazione di forme religiose alternative al Cristianesimo, quando a esso non apertamente ostili, segnando il passaggio, per usare una terminologia guénoniana, dall’anti-tradizione (il Regno della Quantità dominato da umanesimo, razionalismo, meccanicismo) alla contro-tradizione, cioè la “spiritualità alla rovescia” di matrice irrazionalista che ha uno dei tratti distintivi più plateali nell’esaltazione dell’Inconscio.
Ritroviamo i maggiori teorici dell’irrazionalismo, Bergson e William James, fra i maestri dei due scrittori poco più che ventenni, Giovanni Papini e Giuseppe Prezzolini, che nel 1903 fondano il mensile “Il Leonardo”, edito a Firenze da Vallecchi. “Pagani e individualisti”, i giovani del “Leonardo” rigettano l’eredità naturalista e verista, dunque il positivismo, dichiarando di amare, nell’arte, “la trasfigurazione ideale della vita”. L’idealismo magico di Prezzolini, come pure il forte interesse di Papini per l’occultismo e per lo spiritismo, muovono dal presupposto che il mondo e la verità siano rappresentazioni della volontà dell’Io, che dunque non è destinato a subire deterministicamente il corso degli eventi ma può crearlo o modificarlo.
Sullo stesso fronte è attiva per qualche anno la rivista “Hermes” diretta da Giuseppe Antonio Borgese, collaboratore del “Leonardo” vicino a Benedetto Croce e anch’egli giovanissimo. “Hermes” considera la letteratura e la critica pienamente all’altezza della “solennità dei problemi universali” poiché, afferma baldanzoso Borgese, “siamo temprati nel fuoco dell’azione, noi uomini nuovi, né tremiamo sul ghiaccio dei fiumi, sebben non ignari della profondità del gorgo”.
Papini, Prezzolini e Borgese scrivono contemporaneamente sul “Regno”, il periodico fondato da Enrico Corradini, nazionalista e poi fascista, ex direttore del “Marzocco”. Finanziata da alcuni industriali del settore siderurgico e alimentare, “Il Regno” rimprovera alla borghesia liberale e giolittiana di essere scesa a compromessi inaccettabili con il movimento proletario, mentre d’altro lato esalta la guerra (soprattutto quella colonialista), sentita come una “lezione d’energia” contro la mollezza effeminata della democrazia e del socialismo.
Quanta rozza sommarietà in simili posizioni, e quale distanza dalle vette teoretiche conquistate alla fine degli anni Venti da un Benda, che considera propria di menti superiori l’idea democratica di equilibrio e vede nel socialismo non un viatico all’appiattimento e all’omologazione ma l’opportunità di un eguale sviluppo delle disuguaglianze…
[continua]
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