Afghanistan: i nostri soldati in guerra per gli interessi altrui
di Cavallo Pazzo
Cent’anni fa, l’Italia era una modesta potenza coloniale, relativamente sovrana, e nel nostro esercito, agli ordini dei nostri generali e per i nostri interessi nazionali, servivano reparti di combattenti africani, tra i quali i famosi Ascari. Queste truppe coloniali ogni tanto combattevano e morivano al servizio del padrone, che eravamo noi.
Poi la ruota del destino ha fatto un giro completo, ed oggi siamo noi a fornire truppe coloniali per i nostri padroni, gli Stati Uniti e Israele, che utilizzano le ricchezze prodotte dagli italiani e, occasionalmente, il sangue dei nostri soldati, per i loro fini e interessi geostrategici. Non sono loro da biasimare, ovviamente: la vergogna ricade sempre su chi piega il ginocchio.
In primo luogo, senza dubbio, la banda di malfattori che, nella loro qualità di fantocci dello straniero, tradiscono la nazione ricevendo in cambio licenza di derubarci a man bassa; ma nessuna indulgenza merita nemmeno la massa che li vota, e che di fatto avalla il sistema per ignoranza o per salvaguardare interessi meschini.
Diciamolo chiaramente: un popolo di cialtroni che festeggia ogni anno una presunta “liberazione” fingendo di non vedere le decine di basi militari installate da un esercito occupante sul nostro territorio, fingendo di non sapere che la sua beneamata Costituzione è stata resa ormai da tempo carta straccia, violata sia nella lettera che nello spirito: eliminando diritti sociali e lavorativi, negando nei fatti l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, svendendo le nostre risorse al capitale straniero (le cosiddette “privatizzazioni”), nonché partecipando a ben tre guerre di aggressione in pochi anni, sotto la risibile foglia di fico delle “missioni di pace”, con il relativo strascico di caduti e feriti.
Un altro alpino è stato appena ucciso, dopo i quattro caduti in ottobre: il numero totale dei militari italiani che hanno perduto la vita in Afghanistan ascende adesso, se non sbaglio, a 35. Troppi, per una guerra alla quale non avremmo mai dovuto partecipare. Non mi unisco agli insulti che alcuni contestatori riversano sui questi caduti, i quali se non altro hanno rischiato e pagato per le loro scelte, ma non li considero nemmeno degli eroi, come vaneggia certa stampa di destra.
Anzi, non erano nemmeno “i nostri soldati”, come vorrebbe la demagogia ufficiale: non combattevano per l’Italia, nel bene e nel male, non difendevano la nostra bandiera né incarnavano il destino della nazione in lotta. I “nostri soldati” furono coloro che caddero sull’Isonzo o a El Alamein, qualunque giudizio si voglia dare su quelle tragiche guerre. Quelli che combattono oggi in Afghanistan, da volontari, sono invece truppe coloniali al servizio dell’impero americano, pienamente complici e corresponsabili dei crimini commessi da quest’ultimo in un remoto paese che nulla di male ci aveva fatto, ma che al contrario è stato da noi aggredito e invaso.
E non mi vengano a raccontare che, dopo 9 anni di occupazione, dei professionisti delle armi credono realmente di essere là “in missione di pace”, o magari “per difenderci dal terrorismo”, perché bisognerebbe mancar loro di rispetto, considerandoli dei subnormali. Com’è ovvio ed evidente, sono là per fare la guerra agli afghani, nell’interesse di una potenza straniera che da 65 anni occupa ed umilia anche il loro paese, che per combinazione è pure il mio. Di conseguenza, pur con il rispetto che si deve ai caduti, non riesco a sentirmi solidale con militari che combattono una guerra per conto terzi, mandati da governi che mai ho votato e che non mi rappresentano affatto.
Al contrario, auguro la vittoria ai combattenti della resistenza afghana, non tanto perché il diritto è dalla loro parte (punto di vista alquanto soggettivo in un mondo in cui, da sempre, è la forza a creare il diritto…), ma perché una disfatta della NATO in Afghanistan costituirebbe oggettivamente il migliore scenario possibile per i nostri reali interessi nazionali: sarebbe infatti, con ogni probabilità, il preludio della dissoluzione dell’impero americano, o perlomeno dell’alleanza militare che è lo strumento principale con cui esso mantiene soggiogata l’Europa. Considerando che anche l’impero sovietico si suicidò fra quelle stesse, aride montagne, si tratterebbe di una magnifica nemesi storica.
Fonte Infofinanzaeconomiaclima http://bruxdal.blogspot.com/2011/01/afganistani-nostri-soldati-in-guerra.html
bravo cavallo pazzo ( a proposito quello era il soprannome ch emi avevano affibbiato quando ancora lavoravo), hai espresso molto bene anche il mio sentire.
soprattutto quando unsci nella responsabilità i governanti a chi li ha votati.
forse , siamo vicini al crollo dell'impero, e questa volta causato proprio da quella che era la sua forza vitale: il denaro.
l'unica cosa che mi rattrista è che troppe persone, pagheranno per le colpe di chi ha volutamente e volontariamente condotto a questo risultato.
ma nessuno è innocente, anche se le pene non saranno distribuite in proporzione alle responsabilità.
L'articolo di Cavallo Pazzo lo sottoscriverei parola per parola e per questa ragione l'ho scelto. Mi compliemento con l'autore per la stringatezza, la precisione e la saldezza della visione di fondo
Anche se l'espressione "impero sovietico" se la poteva risparmiare. Le parole sono importanti, e usare le stesse espressioni di Reagan non è innocente.