Governi di minoranza per iniziare a tornare indietro
di STEFANO D’ANDREA
La seconda repubblica per fortuna è finita. Siamo in un limbo, non è facile prevedere cosa accadrà nel breve termine ed è difficilissimo prevedere cosa accadrà nel medio termine. Ma è certo che la seconda repubblica è finita.
Tutti i discorsi sulla lista unica PD-Forza Italia o i deliri pentastellati sull’obiettivo del 40% sono soltanto ingenui e fantasiosi corollari di un principio estraneo alla Costituzione scritta, forzatamente immesso nell’ordinamento dai rivoluzionari europeisti ma ormai di nuovo espunto dalla sentenza della Corte Costituzionale e dalla nuova realtà dei “partiti” politici italiani.
Avremo governi di minoranza. Non c’è niente di male. Anche perché l’Italia non deve “fare le riforme” ma abrogare quelle che ha fatto. Si tratta in molti casi semplicemente di tornare indietro: prendere vecchi testi normativi e reintrodurli. Nelle materie nelle quali si troverà la maggioranza, il Parlamento potrà legiferare.
Il governo, invece, non dovrà fare altro che gestire la crisi europea, assumendo un ruolo attivo per mettere fine all’avventura unionista o adattandosi a scelte ed azioni che saranno compiute da altri governi europei. Avviato il processo di disgregazione, l’alternativa è tra ruolo attivo e ruolo passivo.
Il problema della maggioranza di governo che dovrebbe uscire dalle elezioni non esiste più. E, invero, non esiste nemmeno il problema di trovare una maggioranza di governo in Parlamento al momento della fiducia, visto che la nostra Costituzione prevede per la fiducia la maggioranza semplice, non quella assoluta, dei membri del Parlamento e dunque contempla da sempre il governo di minoranza. I governi saranno di minoranza e saranno funzionali a ciò che pian piano sarà necessario fare.
I fatti si imporranno, in attesa di forze nuove che stanno maturando.
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