La transizione
di LUCIANO DEL VECCHIO (FSI Bologna)
L’oligarchia dominante non riesce più a influire sulla volontà del popolo, che comincia ad accedere alle informazioni tramite circuiti alternativi e a scoprire le bugie e anche le paure, le debolezze e i motivi che hanno spinto gli impostori a dirle. Ma questo vertice autoritario di buro-tecnocrati non tollera il dibattito democratico e dunque, per proteggere la sua “democrazia” dalla minaccia delle forze antagoniste, comincerà a censurare chi diffonde “falsità” nei siti di controinformazione, inventandosi moderni minculpop e commissioni che stabiliscano cosa è vero e cosa è falso. Questo vaneggiamento politico-mediatico, sintomo di inquietudine strisciante, conferma la scissione in corso e probabilmente irreversibile fra le oligarchie politico-finanziarie e i popoli dei paesi occidentali, mentre fino a pochi mesi fa irreversibile e inevitabile sembrava la globalizzazione, o almeno così era ed è ancora presentata dai politici e dai media-sostenitori dell’attuale ordine globale.
La crescente massa di cittadini che ha colto gli inganni della versione dominante, tenta faticosamente di liberarsi dal condizionamento ideologico dei centri di potere politico-finanziari. Nel caso della Brexit e del referendum italiano la maggioranza del popolo ha saputo ben resistere alle oscure minacce di banche e di governi stranieri sulle irreparabili sventure che le risoluzioni popolari avrebbero causate. In particolare per l’Italia sembra ripetersi l’estraneità tra paese legale e paese reale che occupò il dibattito politico nella prima metà del secolo scorso e che oggi si manifesta come contrasto tra paese illegittimo – ceto politico elitario e non-eletto – e paese reale – la cittadinanza impedita a esprimersi e dunque non rappresentata politicamente. Con idee diverse e con provenienze politiche le più varie, milioni di cittadini, in fuga dalla gabbia mentale della reinventata e artefatta dicotomia destra/sinistra, stanno attraversando le nebbie della confusione e dell’incertezza delle nuove targhette (populismo, complottismo, ecc..…), sulle quali si sofferma fuorviante il dibattito attuale. Il chiacchiericcio poco alla volta si smorzerà per lasciar emergere la nuova e autentica contrapposizione politica, quella tra il globalismo e il sovranismo.
I cittadini che hanno perso fiducia nella narrativa ufficiale diffusa da telegiornali e dalla cosiddetta grande stampa, non godono ancora di rappresentanza politica e, ritrovandosi tutti dentro un nuovo immenso spazio politicamente inespresso, fiutano l’opportunità di essere rappresentati da forze organizzate. Né il M5S né altre simili masnade di finta opposizione possono proporsi a rappresentare credibilmente l’esteso magma dei disingannati, poiché questi gruppi fanno parte e orpello “democratico” della grande menzogna politico-affaristica del globalismo, come fu palese allorquando ratificarono proditoriamente i trattati e approvarono tutti i diktat europei. Costoro si sono assunti il compito, neanche tanto occulto, di impedire il risveglio dal sonno della ragione e dalle tante piccole e quotidiane bugie figliate dall’inganno principale; giocano il tentativo di riciclarsi per gestire il dopo-euro al grido di sovranità monetarie soltanto declamate e di confusi programmi di ripristino dello stato sociale, ambigui, velleitari e tutto sommato irrealizzabili perché non conseguenti a una totale e inequivoca abiura dei Trattati europei.
Rispetto al destino di altri popoli quello italiano è ancora più tragico ed esige una determinazione a organizzarsi molto più forte e sentita che in altri paesi europei dove la carta fondamentale non è stata ancora del tutto stravolta, mentre la struttura istituzionale della Repubblica Italiana non rispetta più l’impianto originario di funzioni e poteri sancito dalla prima Costituzione, ma è un prodotto dell’ordine globalista imposto dall’Unione europea. E inoltre, questo ceto politico e finanziario, che nell’ultimo ventennio ha espresso i governi i più servili e più venduti all’amministrazione USA, manca totalmente di sentimento patrio e brilla per l’assoluta assenza di una visione strategica degli interessi nazionali e della loro difesa. Mentre il muro di menzogne sta lentamente crollando, assistiamo a una transizione di carattere storico, dopo la quale non è ben chiaro che cosa ci aspetta. Non sappiamo quanto questi gruppi dominanti siano capaci di adattarsi alle conseguenze, ancora tutte da vagliare storicamente, della Brexit, delle presidenziali americane e del referendum italiano sulla Costituzione. Non sappiamo fino a quando questa dominanza politica che, esausta si barrica in un governo segnaposto, riuscirà a resistere muovendosi secondo le vecchie logiche prima di soccombere definitivamente.
Comunque vada, una vasta area della comunità nazionale, che si sta emancipando dai condizionamenti e dalle influenze delle elite politiche e mediatiche, chiederà di essere rappresentata. Si avvicina il momento di verificare l’esistenza di un nuovo ceto dirigente e di misurarne la volontà e la risolutezza ad accettare la sfida di ricostruire lo Stato in vista della priorità degli interessi nazionali e di rifondare la Nazione sulla base di un riferimento costante all’origine popolare del potere. Fino a oggi gli Italiani hanno subìto la versione dominante dell’autorazzismo, che li descrive come anarcoidi, egoisti, indisciplinati e antisociali; ora è tempo che prendano coscienza ed esprimano il loro autentico carattere nazionale fatto di qualità innegabili. Il popolo deve riscoprire come pregi collettivi la capacità di affrontare i sacrifici, la tenacia, la pazienza, lo spirito di resistenza e metterli al servizio dell’unione, dell’organizzazione politica e della sua stessa liberazione.
Il tema affrontato non è semplicemente grande è immenso.La crisi che investe la società ( economia,valori,relazioni sociali,rappresentanza politica ecc. ) è grande e tipica dei periodi di transizione. Non sono sufficienti alcune affermazioni per analizzare questo periodo, ma dovremmo ricordare da dove veniamo, identificare le cause della crisi attuale, elaborare un progetto di società alternativa al quale lavorare. Spesso siamo noi stessi vittime di preconcetti che limitano la nostra analisi a conseguenza di martellanti campagne mediatiche che per decenni ci hanno trasmesso discutibili concetti che sono alla radice della crisi attuale. Le domande che ci potremmo e dovremmo porre sono infinite. Non esistono più destra e sinistra? Ma cosa sono state destra e sinistra ? Valori, esperienze, azioni o uomini che incarnavano questi valori? Ripensare ai valori fondanti di queste parti è inutile o può servire per costruire modelli diversi o anche semplicemente per essere più facilmente riconoscibili e capiti? E’ casuale che i primi a sostenere il superamento di questa dicotomia siano stati i radicali che hanno preparato personale politico buono per tutte le stagioni? ” L’onesta Bonino” è stata commissario europeo sia con la presunta destra che con la presunta sinistra. Se i cittadini ” sono nelle nebbie della confusione” come possono ” fiutare l’opportunità di essere rappresentati da forze organizzate” ? Per essere una forza organizzata serve avere una notevole diffusione sul territorio nazionale che permetta di parlare a milioni di persone come è possibile arrivarci senza collaborazioni, anche parziali, con soggetti simili? Potremmo continuare all’infinito vorrei ricordare solo che un nuovo ceto dirigente non si deve limitare alle forze politiche ma deve coinvolgere tutta la società per sperare di costruire qualcosa di nuovo e adeguato alle sfide attuali.
Tutto giusto caro Luciano, ma se vai a raccontare queste cose alla gente normale quando pronunci la parola “globalizzazione” ti sei già perso due terzi dell’udienza. Il gregge, specialmente quello inebetito e mediatizzato di oggi, sa a malapena balbettare qualche slogan orecchiato per caso, e se ha cominciato a votare contro è semplicemente perché non ne può più della continua falcidia del suo benessere e dell’invasione extracomunitaria. Chi saprà coniugare questi due temi avrà in mano le chiavi del futuro.
Giusta invece l’osservazione secondo cui i dominanti italiani si sono distinti per servilismo ai poteri globalizzatori. Io credo che ciò sia dovuto all’enorme forza del PCI, che nel momento di passare all’altra sponda, ha cercato (con pieno successo) di trasvalutare la vecchia bandiera socialista in quella global-europeista, simbolo di un capitalismo ‘buono’ (!!) che valeva la pena di seguire. Per questo l’europeismo ha avuto tanta forza nel Belpaese.
Caro Lorenzo, è vero, c’è un problema di informazione e di comunicazione e spesso noi ci illudiamo che la “gente” – il popolo? – sappia reagire perché ha preso coscienza della situazione dopo essere stata adeguatamente informata. Invece, come nel caso del referendum sulla Costituzione, anch’io sono convinto che le motivazioni del NO siano state le più varie e fra queste sospetto che il peggioramento del condizioni di vita di una larga parte della popolazione e la reazione all’immigrazione incontrollata siano state quelle che hanno pesato maggiormente sull’esito, e non molto dissimili da quelle che hanno propiziato il brexit. Ma, ovviamente, non ho elementi per averne assoluta certezza.