Contro la visibilità
di STEFANO D’ANDREA
Un pittore deve pensare a dipingere quadri, un docente ad insegnare, un poeta a scrivere poesie, un pensatore a pensare e scrivere. Poi le opere si diffondono, prima o dopo la morte dell’autore e l’autore acquisisce notorietà.
Chi è noto oggi è anche molto “visto”. Non è facile sfuggire alle telecamere ma le immagini pubbliche possono essere ridotte se si agisce con accortezza.
La visibilità è invece un’altra cosa. È l’obiettivo di chi non ha nulla da scrivere dire o fare e vuole servirsi di questo strumento (del tutto analogo al potere personale o pubblico e al potere del denaro) per raggiungere i propri obiettivi di vendita o di potere o addirittura per soddisfare il proprio bisogno narcisistico di notorietà (la notorietà fine, non mezzo, frutto della mera visibilità).
Il sovranismo e la convinzione che vi sia un insanabile contrasto tra Costituzione e Trattati si sono diffusi senza che noi, che li abbiamo inizialmente pensati e divulgati, abbiamo avuto visibilità.
Si dà troppa importanza alle persone. Le persone non contano nulla. Contano le idee, le opere, i sentimenti, i mutamenti antropologici, le battaglie, le epoche, i popoli, la storia, i cuori che pulsano, gli amori, ecc.
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