Miseria dell’Accademia italiana
di STEFANO ROSATI (FSI Rieti)
Durante il fascismo alcuni docenti si rifiutarono di giurare fedeltà al regime.
Concetto Marchesi tenne la celebre prolusione del 1943 in presenza del ministro della Repubblica di Salò Biggini e di fronte a gruppi di squadristi. Il discorso di apertura dell’anno accademico conteneva un appello ai valori della pace e del lavoro senza alcuna concessione o approvazione dell’operato del regime[1].
Nel dopoguerra, un gigante del pensiero giuridico occidentale come Emilio Betti fu ghettizzato per le sue note simpatie politiche; simpatie che egli non rinnegò mai.
Nei decenni passati, invece, non si è avuta notizia di professori che si siano premurati di far comprendere ai propri studenti che la prevalenza del diritto europeo sulla Costituzione è una bestialità giuridica che si fonda solo su una brutale tautologia (prevale perché prevale), così rompendo il sacro patto di fiducia che regge il rapporto tra professore e studenti, probabilmente uno dei rapporti più belli e fecondi che è possibile avere nel corso della propria esistenza.
Certo, alcuni docenti, immancabilmente, diranno che loro “lo hanno scritto” in qualche rivista giuridica (ma io ricordo solo il testo di un antico Maestro che già nel 1998 diceva che i Trattati sono in contrasto con una specifica disposizione della Costituzione) ma altro è scrivere un articoletto, altro è assumersi la responsabilità di parlare chiaramente ai propri studenti[2].
Oggi, un illustre professore afferma, in testi purtroppo diffusi, che la legittimazione dell’Unione Bancaria va ricercata “con riferimento ai risultati, agli output che il sistema può assicurare. In particolare considerando l’effettività, utilità e satisfittività delle decisioni assunte e realizzate”[3].
In sostanza, si afferma che la legittimazione dell’amministrazione pubblica europea si fonda sul principio di effettività; tesi che i più accorti ricorderanno essere stata già propugnata durante il Reich (“Sovrano è chi decide nello stato di eccezione”[4]).
Il superamento del principio di legalità viene, come già accaduto riguardo alla legittimazione delle autorità ammnistrative indipendenti, declamato come un progresso da una congrega di vergognosi tirapiedi.
Questa ricostruzione giuridica, demenziale da un punto di vista logico, in quanto inverte il prius con il posterius, giuridicamente infondata[5], contraria alla nostra tradizione costituzionale, secondo cui il fondamento della pubblica amministrazione riposa sulla legge, verrebbe derisa anche dall’uomo della strada: quali sarebbero questi risultati raggiunti dell’Unione Bancaria?
Ma l’accademia tace, anzi presta ascolto, e il professore in questione viene invitato a parlare in convegni nei quali ripete ragionamenti che solo un decennio fa avrebbero comportato l’immediata interruzione di un qualsiasi esame di diritto del primo anno, con invito rivolto allo stolto studente a impiegare i propri talenti in altri “campi” perché il diritto è una cosa seria.
Di fronte a questa pochezza, non possiamo che trarre nuova energia dalla potenza del pensiero rigoroso che uomini di valore assoluto ci hanno lasciato.
Non si costruisce un grande Paese senza una grande Accademia.
Lavoreremo anche per questo.
Una generazione di uomini ha distrutto la vostra giovinezza e la vostra patria. Traditi dalla frode, dalla violenza, dall’ignavia, dalla servilità criminosa, voi insieme con la gioventù operaia e contadina, dovete rifare la storia dell’Italia e costituire il popolo italiano. Non frugate nelle memorie o nei nascondigli del passato i soli responsabili di episodi delittuosi; dietro ai sicari c’è tutta una moltitudine che quei delitti ha voluto e ha coperto con il silenzio e la codarda rassegnazione; c’è tutta la classe dirigente italiana sospinta dalla inettitudine e dalla colpa verso la sua totale rovina.
Studenti: mi allontano da voi con la speranza di ritornare a voi maestro e compagno, dopo la fraternità di una lotta assieme combattuta. Per la fede che vi illumina, per lo sdegno che vi accende, non lasciate che l’oppressore disponga della vostra vita, fate risorgere i vostri battaglioni, liberate l’Italia dalla schiavitù e dall’ignominia, aggiungete al labaro della vostra Università la gloria di una nuova più grande decorazione in questa battaglia suprema per la giustizia e per la pace nel mondo[6].
Concetto Marchesi
[1] Il testo del discorso inaugurale dell’anno accademico 1943 – 1944 dell’Università di Padova, di cui il prof. Marchesi era Rettore, può essere letto qui: http://www.anpivittoria.it/docs/marchesi.pdf
[2] Il prof. Irti poneva già allora in risalto il contrasto tra i Trattati dell’Unione, fondati sul principio della libera concorrenza, e l’art. 41, comma 3, della Costituzione che prevede che “la legge determina i programmi e i controlli opportuni” perché l’attività economica possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali (v. N. Irti, “L’ordine giuridico del mercato”, Laterza, 1998, passim).
[3] V. “L’unione bancaria europea”, Mario P. Chiti e Vittorio Santoro (a cura di), Pacini Giuridica, passim, ma v. spec. l’introduzione dei curatori dell’opera.
[4] V. K. Schmitt, “Teologia politica”, in “Le categorie del « politico»”, a cura di G. Miglio e P. Schiera, Il Mulino, Bologna, 1972, pagg. 33-35.
[5] La disposizione indicata come “riferimento formale” della tesi sopra esposta sarebbe l’art. 298 del TFUE che prevede “Nell’assolvere i loro compiti le istituzioni, organi e organismi dell’Unione si basano su un’amministrazione europea aperta, efficace ed indipendente”. Si lascia al lettore apprezzare se il significato e i corollari desumibili dalla disposizione citata possano o meno sostenere la riferita tesi.
[6] Dalla lettera agli studenti padovani di C. Marchesi, 1 dicembre 1943. La lettera può essere seguendo il link indicato alla nota 1.
2 risposte
[…] Concetto Marchesi tenne la celebre prolusione del 1943 in presenza del ministro della Repubblica di Salò Biggini e di fronte a gruppi di squadristi. Il discorso di apertura dell’anno accademico conteneva un appello ai valori della pace e del lavoro senza alcuna concessione o approvazione dell’operato del regime[1]. […]
[…] Studenti: mi allontano da voi con la speranza di ritornare a voi maestro e compagno, dopo la fraternità di una lotta assieme combattuta. Per la fede che vi illumina, per lo sdegno che vi accende, non lasciate che l’oppressore disponga della vostra vita, fate risorgere i vostri battaglioni, liberate l’Italia dalla schiavitù e dall’ignominia, aggiungete al labaro della vostra Università la gloria di una nuova più grande decorazione in questa battaglia suprema per la giustizia e per la pace nel mondo[6]. […]