Contro l’adesione alla NATO
di RICCARDO LOMBARDI
Il 16 marzo 1949 Riccardo Lombardi (PSI) interviene nel dibattito parlamentare sull’adesione dell’Italia al Patto Atlantico (testo riportato sull’“Avanti!” del 25 marzo 1949).
Noi non possiamo nasconderci questo fatto, noi non possiamo nasconderci il fatto che il piano di organizzazione dell’Europa occidentale, che si vuole qualificare come un Eden recinto, con una recinzione che fino ad oggi è stata fatta soltanto da bandierine, ma che da oggi in poi dovrebbe esser fatta con cannoni, tale organizzazione, dico, oggi dovrebbe essere fatta coi mezzi offensivi e difensivi che il Patto Atlantico ci appresta. Questo giardino recinto è un Eden che non è l’Europa, è l’anti-Europa; perché, onorevoli colleghi, se c’è una speranza e una possibilità reale, non illusoria di rinascita dell’Europa senza che il sistema di accattonaggio permanga indefinitivamente, se noi vogliamo che questo non ci sia, noi abbiamo bisogno che il sistema coloniale finisca.
Sembrano due cose slegate e lontane fra di loro, ma l’Europa ha una possibilità di risorgimento economico, ha una possibilità di riprendere il suo ruolo anche economico nel mondo, solo in quanto i popoli attualmente oppressi, attualmente soggetti a regime coloniale, si riprendano, organizzino una propria economia, abbiano bisogno di materiali, di industrie, di forniture di macchine, in cambio delle loro materie prime; cioè, in quanto siano liberati.
Ora, questo sistema di conservazione sociale che l’apparente europeismo, il falso europeismo vorrebbe colorire con una vernice ideologica, al quale vorrebbe dare come una bandiera e un segnacolo di combattimento è proprio il sistema dentro il quale dovrebbe vivere il popolo italiano come entro una camicia di forza. Ella ha riflettuto certamente, onorevole Presidente del Consiglio, sulle conseguenze di questo patto militare.
La neutralità è un’alternativa possibile, onorevoli colleghi. Ed io mi meraviglio della leggerezza con la quale è stato accennato a delle “vie fatali” che passano inevitabilmente per il nostro Paese. Ci rendiamo conto delle ragioni per le quali c’è stata fino a ieri una opposizione all’interno stesso dei Paesi promotori del blocco atlantico, precisamente la Gran Bretagna, all’inclusione dell’Italia nel blocco medesimo: proprio perché queste vie obbligate, queste vie fatali non passano necessariamente per l’Italia. Le due alternative, anche per i Paesi che volevano organizzare l’alleanza atlantica, le due alternative di difesa erano la linea che partendo da Stettino porta a Trieste, oppure quella che partendo da Stettino portava alle Alpi Marittime. L’una via comprende l’Italia, l’altra no.
Si tratta di impegnare o non impegnare la pianura padana. Le resistenze dell’Inghilterra all’inclusione dell’Italia nel Patto erano proprio dettate dalle difficoltà, allargando il sistema, di poter provvedere ad una garanzia militare per l’Italia; per cui l’Italia, ove aderisse al Patto Atlantico e ove una guerra si scatenasse, sarà sempre in ogni caso un avamposto, cioè sarà un elemento ritardatore, sarà il campo della invasione e della contro-invasione, sarà un campo di battaglia sul quale avremo attirato gli eserciti o l’aviazione senza necessità, senza ragione sufficiente, soltanto per quella smania di un cavourrismo deteriore, per questa vanità di aspirare a sedere pari fra pari con le grandi potenze e di accontentarsi di orpelli, sacrificando gli interessi permanenti del Paese, minacciando l’avvenire del Paese, impegnando il Paese in un destino che io mi auguro pacifico per tutti, come tutti certamente ci auguriamo, ma che pacifico potrebbe non essere.
Ora, la neutralità italiana come alternativa a questa eventualità di una guerra certamente deprecata da tutti, ma non da tutti voluta conseguentemente lontana con lo stesso impegno, e impegnandovi tutte le energie possibili, la neutralità italiana è ancora possibile, perché se noi dobbiamo prospettarci l’ipotesi di un conflitto, noi dobbiamo pensare che le divisioni, i mezzi militari delle grandi potenze mondiali saranno impegnati su tanti fronti per cui potrebbe darsi benissimo – ed è una delle ipotesi più ragionevoli che possono oggi già intravedersi – una tacita intesa per eliminare l’Italia dalle zone di combattimento per non attirarvi l’avversario; ci potrebbero essere interessi marittimi da una parte e interessi terrestri dall’altra per cui il nostro Paese potrebbe rimanere estraneo ad un conflitto anche nel caso dello scatenarsi di una guerra.
Questo, onorevoli colleghi, non significa affatto né vuole significare indifferenza alle sorti dell’umanità, ma significa il contributo vero e reale, il solo possibile, che l’Italia può dare sia nella preparazione della pace, sia nel caso in cui la guerra sopravvenisse malgrado la buona volontà di tutti. Se c’era una funzione alla quale, a parole, tutti si sono dimostrati d’accordo in questa Assemblea, ma alla quale i fatti che ci accingiamo a preparare sono contrari, era proprio questa funzione dell’Italia in una situazione fra due blocchi, situazione per la quale il popolo italiano rappresentasse un elemento di distensione, di pacificazione, di intesa e di comprensione.
Perché noi, onorevoli colleghi, alle volte sopravvalutiamo e alle volte sottovalutiamo le possibilità del popolo italiano. Noi dimentichiamo troppo facilmente che, dopo la seconda guerra mondiale, il popolo italiano è rimasto in Europa la compagine nazionale numericamente più forte ancora dotata di organizzazione statale, un popolo di 47 milioni di uomini, un popolo, onorevoli colleghi, il quale ha avuto sempre un’aspirazione universalistica (devo ricordare forse il “primato” di Gioberti o l’”iniziativa” di Mazzini ?), che ha avuto magari delle perversioni nell’imperialismo folle da cui è stata dominata la sua recente politica, ma un popolo il quale non si è mai rassegnato a vivere materialmente e spiritualmente entro le proprie frontiere, che ha sempre aspirato ad una funzione universale; questo popolo che cosa sta a fare in un blocco di conservazione, che cosa sta a fare in un blocco di interessi conservatori ?
Vorrei dire, con un paradosso, che sarebbe più logico che questo popolo avrebbe una funzione da svolgere in un blocco aggressivo piuttosto che difensivo. Che cosa ha da difendere il popolo italiano? Capisco gli operai americani che difendono i loro alti salari; non capisco che cosa l’Italia sta a difendere in un blocco la cui funzione è quella di assicurare la persistenza di un certo sistema economico nel mondo, che per noi non rappresenta che la prosecuzione, la stratificazione delle nostre miserie secolari, che per noi rappresenta l’impossibilità, o almeno un enorme ritardo, alla risoluzione dei nostri problemi nazionali che una classe dirigente è incapace di realizzare.
Io penso che questa ipotesi e questa prospettiva della neutralità, e della neutralità disarmata, non sia stata esaminata con sufficiente, non dico serietà, ma probità. Essa è stata scartata, sotto l’impulso di prevalenti interessi ideologici e teologici, lasciatemelo dire, che hanno forzato la mano e la volontà del Governo. Quando noi, alla fine di queste discussioni, ci troveremo praticamente impegnati mediante un voto di fiducia che potrà autorizzare il Governo ad assumere impegni, noi avremo escluso la sola delle soluzioni, la sola delle prospettive sulla quale si sarebbe potuto ottenere l’unanimità del popolo italiano.
Ora, onorevoli colleghi, io vi prego di riflettere sulla essenzialità e sull’importanza veramente suprema che noi attribuiamo a questo Patto che voi vi accingete a firmare. Esso è il rinnegamento della vostra stessa politica. Onorevoli colleghi e signori del Governo, l’onorevole Nenni già l’altro ieri vi dimostrava una certa differenza fondamentale fra la concezione della democrazia moderna che avete voi e quella che abbiamo noi.
Voi vi siete presentati il 18 aprile al popolo italiano a chiedere il voto, impegnandovi in modo esplicito a non intervenire in blocchi militari; vi siete presentati al popolo come garanti di questo sganciamento dell’Italia da alleanze militari; vi siete presentati sotto la falsa posizione di terza forza, per poi smascherarvi come posizione di copertura di una delle forze. Voi non potete, onorevoli colleghi! Ed è qui la ragione profonda dell’osservazione che l’onorevole Togliatti faceva ieri: il popolo italiano non riconoscerà questo patto; perché questa maggioranza non ha tutti i diritti; ha solo i diritti dei quali è stata investita nel momento in cui si è presentata a chiedere il suffragio.
Vorrei che il Governo si rendesse conscio che esso non può impegnare il popolo italiano, su questioni fondamentali, se non nei limiti di quelle su cui esso è stato investito di mandato; deve trovare esso stesso i termini ed i modi per consultare il popolo italiano onde accertare se esso è ancora sulla stessa linea sulla quale ha investito la maggioranza parlamentare o se ha mutato parere. Non nego affatto che la Costituzione non consenta questo. Dico che il Governo deve trovare il modo: per esempio, facendosi iniziatore esso stesso di una modifica alla costituzione. Il Governo non ha poteri illimitati in una democrazia e neppure il Parlamento, salvo casi di emergenza e di pericolo supremo tale per cui esso si auto-investa sotto la propria responsabilità della totalità dei poteri.
Onorevoli colleghi, noi siamo forse in una situazione nella quale siamo minacciati da Annibale? E’ proprio necessario oggi che vi sia un papa che chiami Carlo Magno a liberarlo dai Longobardi? Credete davvero che non ci sia tempo per riflettere?
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