Il PD e la patria europea
di SIMONE GARILLI (FSI Mantova)
Quella nell’immagine sotto è la sede del Pd milanese.
Ormai lo riconoscono esplicitamente: non è che la Patria non conti più nulla, come hanno sostenuto per molto tempo, è che non vogliono più la Patria italiana.
Intendiamoci: il problema non è allargare i confini della Patria. Gran parte degli Stati nazionali moderni originano da espansioni territoriali e da una conseguente unificazione giurisdizionale su domini prima separati.
I problemi in questo caso sono altri, due in particolare:
– non c’è nessuna Nazione europea per cui qualcuno, nelle classi popolari, ha intenzione di immolarsi con spirito patriottico, se necessario imbracciando le armi. Manca quindi la materia prima per un Risorgimento europeo democratico, laddove ‘démos’ è il popolo e non un manipolo di rappresentati del grande capitale. Infatti, come è evidente ad un’analisi appena meno ideologica di quella europeista, non c’è la parvenza di un’omogeneità linguistica e divergono, in alcuni casi profondamente, i modelli giuridici, culturali, economici che informano le diverse organizzazioni statuali.
– gli Stati nazione che guidano l’Unione Europea, vale a dire la Germania e la Francia, non hanno la minima intenzione di sciogliere la loro sovranità nazionale in un super-governo continentale che le metta sullo stesso piano degli altri 25 Stati membri. L’aspirazione astratta e anti-storica verso gli Stati Uniti d’Europa è solo l’ideologia che i due Paesi guida diffondono a piene mani negli Stati concorrenti per convincerli a cedere la loro sovranità. In poche parole l’Unione Europea non è un progetto di integrazione politica, ma di concentrazione economica nell’Europa franco-tedesca. Gli Stati Uniti d’Europa non sono un progetto popolar-democratico, ma non sono nemmeno un progetto delle élite: sono esclusivamente ideologia data in pasto agli Stati subordinati.
Ne discende che i militanti del Pd pensano di essere “patrioti europei” quando sono molto più tristemente curatori di interessi nazionali esteri. La classe dirigente piddina, invece, si divide tra curatori inconsapevoli, alla stessa stregua dei militanti, e lucidi condottieri provinciali degli interessi esteri suddetti, e parlo naturalmente della classe dirigente che ci ha condotto nell’Unione di Maastricht e nell’Euro: Ciampi, Napolitano, Padoa Schioppa, Prodi, D’Alema. Ho qualche dubbio sulla piena consapevolezza degli ultimi due, mentre è certo il ruolo cosciente dei primi tre.
L’articolo espone correttamente la contraddizione tra la negazione del concetto di patria per il nostro paese, ideale per cui nell’arco di due secoli milioni di persone hanno combattuto, e il sostegno ad un concetto di patria europea ( Unione Europea ) che non esiste come stato e realisticamente non esisterà mai . E’ difficile che possa affermarsi un’idea di stato Europa perchè le divergenze in questi decenni sono aumentate e perchè il rapporto attuale si basa non sulle parità di diritti e doveri ma sulla preminenza di alcuni su altri. Non concordo invece sull’ultima asserzione , il dubbio che la classe dirigente del PD non ne fosse completamente consapevole . Prodi da 30 anni sta facendo scelte che hanno giovato principalmente alla sua carriera, ha cominciato liquidando grosse parti dell’IRI e D’Alema ha fornito infinite prove della prevalenza della sua ambizione personale a partire dall’imbarazzante partecipazione alla guerra del Kossovo.
Ieri vicino a casa mia c’era un banchetto del PD: esponeva la bandiera del partito e quella dell’UE, mancava la bandiera italiana.