Decrescita e anticapitalismo

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  1. Andrea.Mensa ha detto:

    esiste una bella storiella, per rispondere a quanto sopra, ambientata in una cellula comunista, ma potrebbe essere qualsiasi posto, anche futuro.

    un contadino vuole prendere la tessera del partito, e viene sottoposto ad un interrogatorio per accertare se la sua vocazione è sicera.

    il funzionario gli chiede:

    "se tu avessi 2 case , ne daresti na al partito " ?  "certo risponde l'esaminando.

    "se tiu avessi due cavalli, ne daresti uno al partito " ? "certo"risponde

    "se tu avessi due automobili, ne daresti una al partito " ? " ovviamente, si"

    se tu avessi due biciclette, ne daresti una al partito " ? " beh…. quella no".!

    "ma come" esclama il funzionario" daresti una casa, un cavallo , un'automobile, e non un a bicicletta ?"

    "beh…. " risponde" due case, due cavalli, due automobili, non li ho, ma due biciclette, si"!

    ecco, credo che lo spirito dell'esaminando sia molto più comune di cosa si immagini, e fino a quando avremo due biciclette, ovvero qualcosa da perdere realmente, penseremo sempre e solo ai sacrifici che doverebbero fare GLI ALTRI.

    quando, prima di tutto, sapremo comuinciare a ragionare ponendo l'interesse comune davanti a quello privato, allora, e solo allora , potremo pensare di essere in grado di cambiare qualcosa.

    l'alternativa è che si resti tutti senza biciclette. per cui condividere la fame lo faremo tutti ben volentieri.

  2. daniela ha detto:

    Sono d'accordo con l'autore quando afferma che le idee di Latouche hanno un contenuto rivoluzionario anticapitalistico e che il discorso sulla decrescita e il doposviluppo è molto complesso perché richiede il superamento concettuale e pratico della Merce e del Libero mercato. Proprio per questo sono ultra convinta del fatto che il processo richiederebbe forti convinzioni e tempi lunghi, che qualcuno di noi potrebbe non vedere risultati ma che occorre, da subito, lavorare perché l'idea decrescista si diffonda almeno come progetto ideale. Sono dell'avviso che la decrescita, serena o non serena che sia, differisca totalmente dall'insieme di fenomeni e comportamenti prodotto dagli effetti collaterali della stagnazione e della crisi capitalistica. Credo che le buone pratiche introdotte e promosse da Pallante siano utili in ogni caso.
    Occorre però anche un laboratorio politico che immagini una società diversa, modelli economici in cui i soggetti possano trovare equilibri spontanei senza la molla del profitto, ma nemmeno quella della pianificazione, occorre il supporto di un'organizzazione che immaginando programmi e regole, sappia di quale forma di Stato e di intervento possa aver bisogno. Badiale nella sua relazione all'ultimo seminario di U&D ha offerto spunti che presuppongono la presenza di un'autorità interventista a favore della decrescita per servizi sociali comunitari. Per tenere un atteggiamento costruttivo occorre almeno una specie di pensatoio. Le esperienze del passato possono essere una bella fonte di ispirazione. Non si può immaginare nulla sulle modalità con cui potranno aversi cambiamenti sostanziali, impossibile sapere se spontanei o imposti con mezzi cruenti. Personalmente opto per i primi, ma solo la forza delle cose a cui tanti ormai si appellano potrà stabilirlo.

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