Catalogna: il dialogo è impossibile e impensabile
di STEFANO D’ANDREA
Moltissimi commentatori dei media mainstream e innumerevoli “politologi facebook” suggeriscono il dialogo tra Spagna e Catalogna.
Se il mainstream è abituato a ingannare i cittadini, meno chiara è la ragione dell’inganno diffuso dai politologi che scrivono su facebook.
Il dialogo tra uno Stato, qualunque esso sia, e i rivoluzionari di qualunque tipo, può esserci soltanto quando lo Stato sa (o comunque crede) con certezza di non poter sconfiggere i rivoluzionari. Si tratta di ipotesi rarissime, perché non soltanto lo Stato deve essere oggettivamente debole ma deve anche credere di esserlo. In tutti gli altri casi il dialogo non è una opzione che può essere presa in considerazione e infatti non è stata mai presa in considerazione, né verrà mai presa in considerazione. È un po’ come suggerire il dialogo tra Dio e Satana, con la differenza che in caso di rivoluzione ogni parte si sente Dio, ossia crede di incarnare la giustizia contro l’ingiustizia, il bene contro il male.
Le azioni che lo Stato compie, sono DOVUTE. Perseguire e condannare gli eventuali responsabili di sedizione (il capo dei Mossos e i leader dei partiti secessionisti) è un’azione dovuta. Inviare l’esercito per reprimere l’attuazione della eventuale deliberazione del Parlamento catalano è un’azione dovuta.
L’unico soggetto che può scegliere è il soggetto rivoluzionario, che è libero di proseguire il tentativo di rivoluzione o di tirarsi indietro. Anche in questo caso tuttavia non si può pretendere, moralisticamente, che il soggetto rivoluzionario (se è veramente tale e non invece un’accozzaglia di agitatori approfittatori opportunisti e ricattatori) si tiri indietro in ragione della guerra civile che sorgerebbe. Il soggetto rivoluzionario colloca sempre la guerra civile tra gli esiti possibili e anzi probabili della propria iniziativa. L’acuirsi del conflitto politico, i primi scontri tra cittadini e giovani fanatici di ambo le parti, la nascita e lo sviluppo di un sentimento di ostilità tra due parti della società civile, le azioni di repressione del soggetto che subisce il tentativo di rivoluzione, la reazione di alcuni giovani alle azioni di repressione, gli scontri che ne conseguono, i primi feriti, poi i primi morti generati da qualche facinoroso o magari in liti tra giovani tifosi, quindi l’innalzamento del livello di scontro sono tutte conseguenze certe del proseguimento dell’azione dei rivoluzionari. Senza questi fatti e poi eventualmente fatti ancora più gravi e finanche fatti gravissimi, i rivoluzionari non potranno mai vincere. Essi li hanno messi in conto e non possono non volerli. Tuttavia non bisogna valutare in modo moralistico i rivoluzionari per il fatto che essi vogliono e non possono non volere la violenza. Non c’è rivoluzione senza violenza o comunque senza disposizione a ricorrere alla violenza (esclusi i casi di dispotismo illuminato delle elite).
Ora, siccome la Spagna non si sente per niente debole, e quindi non tratterà con i rivoluzionari, le possibilità sono due: i rivoluzionari catalani rivelano di non essere rivoluzionari, se la fanno sotto e si tirano indietro (ma i leader politici potrebbero ugualmente passare in galera una decina di anni); oppure, se sono veri rivoluzionari, si moltiplicheranno manifestazioni, poi scontri, poi feriti e poi morti.
Il dialogo è una ipotesi totalmente irrealistica, fondata su ingenuo infantilismo. Eliminiamolo dalle analisi.
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