Il "servilismo" italiano e il '68

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  1. buzz ha detto:

    E tuttavia le aspirazioni sessantottine avevano senza dubbio un senso, nella società che andava configurandosi in un benessere fino ad allora sconosciuto.
    Non è che il respiro della storia sia un po' più lungo dello sguardo che noi riusciamo a dare standoci immersi?
    Laddove agiscono situazioni, sono in primo luogo situazioni economiche. Le problematiche sociali, anche se a prima vista possono apparire primarie, sono solo variabili dipendenti.

  2. stefano.dandrea ha detto:

    Senza dubbio, tutte le tue osservazioni sono ineccepibili.

    Restano due fatti: 1) che l'emancipazione delle masse è sempre avvenuta introducendo nuovi doveri (altrui). Così ci si sottraeva dai poteri (mi permetto di rinviare ai commenti al mio articolo: Note per un programma di politica economica e morale, pubblicato qualche settimana fa; 2) che la libertà, rivendicata in ambito familiare, è divenuta libertà tout court. Francamente questa libertà totale, con la sola eccezione della libertà totale d'impresa, sembra molto incoerente. Anche in ambito familiare, prima ci si liberava. Quando la libertà era limitata, era possibile la "liberazione". Ora che la libertà è illimitata, non vi può essere liberazione. Io preferisco un (auto)liberato a un libero. Anche perché più osservo e più mi accorgo che coloro che nascono liberi in realtà sono schiavi.

    In ogni caso, mi sembra giunto il tempo di osservare i fenomeni nella loro complessità, compresi gli esiti inaspettati. Il singolare accordo che ho, pressoché su tutte le questioni sulle quali si esprime, con Luigi Cavallaro mi ha spinto a pubblicare l'articolo.

    Ciao e grazie dell'intervento

  3. buzz ha detto:

    Apprezzo moltissimo i tuoi post e li condivido molto. Al punto che avendo scoperto questo sito da poco sono andato a rileggermi quelli dietro, e da questi ho rafforzato l'apprezzamento.
    Condivido anche quindi la logica della riflessione di Cavallaro. E' molto che rifletto su questo paradosso illustrato nell'articolo. Aggiungerei anche che il femminismo ha "anche" prodotto il sottoderivato della società delle escort; che la garanzie dello statuto dei lavoratori hanno anche prodotto le burocrazie sindacali… ecc ecc
    più che una riflessione politica questo paradosso però mi suscita una riflessione sulla natura dell'uomo, o meglio degli uomini, nelle direzioni dominanti che prende il loro agire…
    siamo come lemming purtroppo.

  4. stefano.dandrea ha detto:

    In parte è la natura degli uomini. E in parte è la natura degli italiani. Almeno su questa seconda natura è possibile incidere. Si tratta tuttavia di processi storici molto lunghi. E soprattutto è necessaria una classe dirigente che le condizioni storiche fanno nascere una volta al secolo.

    In ogni caso a me è almeno chiara la direzione che si deve perseguire. Siamo nell'epoca dei profeti? Oppure una grave crisi o il crollo cambierebbero tutte le carte in tavola e darebbero un'accellerazione ai processi? Per ora, l'importante è che si parli a coloro che si schierano a sinistra e si mostrino le contraddizioni in cui cadono. Una certa parte dei militanti di sinistra è recuperabile, se si comincia a discutere di temi che fino ad ora erano tabù. Un'altra parte no: sono libertari che desiderano avere la libertà di essere libertari, non socialisti; sono concentrati da tempo sui diritti e non sogliono chiedersi quali doveri sono necessari; e quando scoprono il lato dei doveri o degli oneri fuggono; appartengono a ceti medi o medio-bassi ma non desiderano rimanere popolari, non vogliono sentirsi membri di un popolo. Per quanto possa apparire assurdo, la sinistra avrebbe bisogno di un'ulteriore scissione, quella definitiva. Se esistessero ventimila militanti con idee simili alle mie e alle tue (e a quelle di Cavallaro), si potrebbe rivoltare l'Italia. Gli altri sarebbero i nostri nemici più acerrimi, al fianco (di gran parte) degli imprenditori.

  5. buzz ha detto:

    sono assolutamente d'accordo.

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