Tra il sogno berlusconiano e la tentazione di far ‘piazza pulita’
di Alessandro Bolzonello
In questi anni, complice la crisi economica, stiamo raccogliendo i frutti del malgoverno dei decenni scorsi: diffondersi di corruzione e nepotismo, forzatura e delegittimazione dell’ordinamento istituzionale, occupazione delle posizioni di rappresentanza.
Questa condizione ha contagiato tutto il tessuto sociale, da quello economico a quello istituzionale; è penetrato nella cultura fino ad incidere sui comportamenti delle persone. Nulla e nessuno è rimasto immune. Tutti sono diventati un po’ più ‘brutti’.
‘Immobilismo’ e ‘commissariamento’, questa è la situazione odierna: rappresentati da nominati inermi, governati da non eletti legittimati dalla troika.
Sono maturi i tempi per riconoscere il fallimento di una stagione storica e politica, sia di chi l’ha interpretata in prima persona, sia di chi non ha avuto la forza di far emergere una alternativa; insomma, di tutti noi.
Berlusconi ne è stato il principale rappresentante: ha alimentato e, soprattutto, legittimato l’illusione di raggiungere sviluppo e benessere attraverso il depotenziamento delle istituzioni e delle sue regole. Il risultato è sotto i nostri occhi: una società, come afferma Enzo Bianchi, ‘segnata da un accentuato individualismo, con i tratti di narcisismo, egoismo, egolatria’.
Il rischio è andare dalla parte opposta, cioè eleggere a soluzione di tutti i mali ciò che si pone agli antipodi, percorrere la strada antistante. Ecco l’anestesia (an-estesia) del disfattismo e l’approdo semplificatorio al ‘nuovismo’. In ogni caso prevale ancora la proiezione, la delega su altro da sé, e non l’assunzione di responsabilità.
Rileggendo un racconto relativo a Carlo Maria Martini ritrovo rappresentata questa situazione nella metafora del pendolo: ora tutto da una parte, ora tutto dall’altra.
Interessante è soprattutto la pista che apre: la soluzione non è nei poli e neppure a metà strada, ma nell’assumere una posizione estetica (est-etico), disposta a percepire l’altro che sta attorno a sé. Guardare, sentire e amare gli altri, per quello che sono, senza alcuna presunzione circa ciò che è giusto e sbagliato e con l’unica attenzione a vigilare affinché non si faccia un percorso a ritroso, cioè un cammino che conduca alla polarizzazione, lontano appunto dal guardare, sentire e amare.
Pubblicato su Invito a …
Foto: Pendolo di Focault
Dissento. Tra consumatore e cittadino sto con un polo: il cittadino.
Tra bella e calda sto con calda. Tra educata e affettuosa sto con affettuosa.
Gli altri? Spesso sono codardi e non valgono nulla. Anche il più imbecille e idiota del mondo capisce che un coraggioso vale più di miliardi di codardi e che è meglio che rimangano orfani miliardi di figli di codardi che il figlio di un coraggioso. Se Dio non capisce questo, è un imbecille e anzi è il diavolo. Uccidiamolo.
@ Stefano
La mia preferenza personale ricade, per-lo-più, sulla 'parte' nella quale tu ti schieri … ma il valore non dipende principalmente dalla scelta di campo ma dal ‘come’ ci si sta dentro. Inoltre non delegittimo ciò che non preferisco. Chi sono io per catalogare ciò che è diverso da me come ‘sbagliato’?
Mi adopero bensì a portare innanzi ragioni e convinzioni, anche in contrapposizione alle altre.
Se il mio contributo avrà ‘senso e significato’ e se incontrerà ‘terreno fertile’ … verrà direttamente o indirettamente raccolto. Altrimenti pazianza.
Entrambi avete ragione: scegliere è assumersi una responsabilità. Rispettare la scelta altrui è dare fondazione etica alla maturità di assumersi responsabilità.
la discriminante è, appunto, fra chi si assume una responsabilità e chi la rifugge, perchè furbo, vigliacco, individualista, narcisista… iper-egoico. Questo, tutto questo, è il fascismo.
Inoltre non delegittimo ciò che non preferisco. Chi sono io per catalogare ciò che è diverso da me come ‘sbagliato’?
"La storia del mondo è il suo tribunale: essa ha dato sempre ragione all’esistenza più forte, più completa, più convinta di sé […], e condannato all’estinzione individui e popoli pei quali la verità era più importante dell’azione, e la giustizia più importante della forza" (O. Spengler).