Le elezioni amministrative. Cosa è accaduto, e cosa accadrà
di Claudio Martini
Considerazioni preliminari.
Le fazioni egemoni nel nostro contesto politico si sforzano di conquistare le amministrazioni locali essenzialmente per due ragioni: 1) per selezionare dirigenti e quadri e 2) per gestire il vero propulsore dell'economia del nostro paese, che come è noto si chiama Pubblica Amministrazione. Attraverso appalti e concessioni, ogni amministrazione locale controlla una larga fetta delle attività produttive del proprio territorio, divenendo così interlocutrice privilegiata dei ceti affaristico/imprenditoriali. Tale interlocuzione avviene per il tramite di tangenti, corruzione, finanziamenti illeciti che permettono agli amministratori locali che li ricevono di consolidare e potenziare la propria fazione.
Gli enti locali praticano così una sorta di "keynesismo immorale", all interno del quale le opere pubbliche, e in generale, ogni attività produttiva dipendente dalle casse degli enti locali, diventano il veicolo privilegiato di uno spostamento di ricchezza dai contribuenti verso gli imprenditori e le varie fazioni elettorali. Assume una posizione centrale, nell'ambito del dibattito politico, il tema delle costruzioni, della cantieristica, attorno al quale ci si divide solo per stabilire chi gestirà l'affidamento di commesse e forniture, ovviamente dietro adeguato compenso.
In genere l'industria edilizia, per garantisi un utile apprezzabile, fa largo uso di maestranze straniere, di modo che sia più improbabile incappare in rivendicazioni sindacali e altri "disordini". Perché sia utilizzabile questa manodopera, sottoposta ad un regime di bassi salari e richiose condizioni lavorative, è necessario che nel territorio si trovi una vasta popolazione straniera, nel cui bacino "pescare" i soggetti da sfruttare. Tuttavia, un'alta percentuale di popolazione immigrata, spesso illegalmente, porta inevitabilmente con sé una maggiore incidenza di piccola criminalità comune. La paura di questi fenomeni criminali, unita alla ripugnanza del contesto di incuria in cui spesso avvengono, diventa rapidamente il sentimento più intenso della coscienza sociale, e il suo contrasto, attuato con provvedimenti di matrice securitaria al contempo invasivi e inefficaci, diventa l'argomento più forte per l'affermazione elettorale delle varie fazioni.
Naturalmente il perdurante spostamento di ricchezza da pare dei contribuenti verso l'intreccio di interessi del ceto politico con quello affaristico non può che frustrare la contabilità degli enti locali, che si trovano così sprovvisti di adeguate risorse. Le amministrazioni si trovano così di fronte a due opzioni: o tagliare la spesa corrente, o aumentare, nei limiti di legge, la pressione fiscale sui propri amministrati. In genere vengono adottate entrambe le misure. Ciò ha come conseguenza il diradarsi dei servizi sociali e l'imposizione dei più vari balzelli. L'effetto congiunto di un elevata imposizione e di un magro "ritorno" in termini amministrativi è quello di stimolare l'evasione fiscale: il contribuente infedele si sente giustificato quando ha la sensazione che i suoi soldi non vengono spesi come dovrebbero. Le fazioni elettorali traggono giovamento da questo stato di cose, sia erogando gli scarsi servizi sociali secondo logiche clientelari, sia tollerando o permettendo, a molti o a qualcuno, secondo contingenza, l'evasione fiscale. Decisivo è anche in questo caso il margine di discrezionalità con cui viene gestita l'amministrazione locale. Quel margine di discrezionalità permette di accumulare potere e risorse in vista della campagna elettorale, e l'esito della campagna elettorale, almeno per la fazione più efficiente, è proprio quello di conquistare quella posizione di privilegio.
Come si può vedere, quello sopra descritto è un meccanismo che si auto-alimenta, perfetto e coerente in tutte le sue parti. L'entropia del sistema è rappresentata dal sedimentarsi di inefficienza, illegalità, diseguaglianze; i suoi presupposti nonchè "prodotti di scarto" sono soggezione, arbitrio, incultura, degrado. Senza trascurare il consumo del territorio da parte dell'edilizia sovvenzionata, vero volano della nostra decadente economia. Questo meccanismo è la manifestazione, a livello di amministrazione locale, di un metodo di governo, uno schema di distribuzione dei redditi, un insieme di rapporti sociali, che non mancherà di condurre l'Italia alla sua fatale destinazione, quella di essere un grande paese del Terzo Mondo.
Analisi del voto.
Cala l'affluenza, ed è l'ennesima volta che ripetiamo queste parole. Il costante, crescente, strutturale divario tra gli aventi diritto al voto e gli effettivi votanti è il segno più evidente dell'americanizzazione del nostro sistema politico. La tradizione che per generazioni ha combattuto contro il suffragio universale (il liberalismo), sta riuscendo nell'opera di sabotarlo. A quando le votazioni indette in giorni lavorativi, come nella Madrepatria dei nostri padroni?
Significativamente, l'unico dato in controtendenza è quello milanese, dove Giuliano Pisapia, avvocato con idee più berlusconiane di Berlusconi sull'ordinamento giudiziario, si è rivelato in grado di portare alle urne migliaia di cittadini fino a ieri apatici e/o disgustati. Letizia Brichetto Arnaboldi in Moratti (che è come il Kuwait: non piace a nessuno, ma ha il petrolio), nonostante l'investimento dei risparmi del marito in una campagna elettorale all'americana, non è riuscirà a colmare il profondo divario (oltre quarantamila voti) con il candidato della sinistra. Perché la nobildonna abbia qualche speranza di competere, dovrebbero verificarsi tre condizioni, una più improbabile dell'altra: 1) che gli elettori del Movimento Cinque Stelle non votino per Pisapia 2) che tutti gli elettori del cosiddetto Terzo Polo si rechino alle urne e votino Moratti 3) che tutti gli elettori leghisiti facciano altrettanto. Queste analisi ci spingono a pronosticare una netta affermazione di Giuliano Pisapia al balottaggio, e ci suggeriscono alcune considerazioni.
– Primo, possiamo ragionevolmente aspettarci che Bossi, dopo la sconfitta a Milano, farà mancare i propri voti al governo, magari già al passaggio parlamentare di verifica chiesto da Giorgio Napolitano. In questi giorni gli apparati propagandistici della Lega stanno dando il peggio di loro stessi, usando toni e formule sguaiati e repellenti; è questa una tattica per "salvarsi l'anima", e prevenire rimproveri di scarso impegno nella campagna elettorale che, da prte PDL, pioveranno copiosi al momento del tradimento. Questi ultimi, da parte loro, ricordano, nel loro agitarsi, l'ultimo disperato dimenarsi pesce appena pescato. Uno spettacolo penoso, e dal finale scontato.
– Secondo, contrariamente alla prima impressione, il Terzo Polo riscuote un buon successo. Lo scopo dell'aggregato centrista era quello di mandare al ballottaggio, magari in una posizone di debolezza, il maggior numero possibile di candidati berlusconiani, in modo da innescare la dialettica distruttiva di cui sopra. L'operazione è perfettamente riuscita a Napoli, e anche a Milano il voto per Palmeri appare non decisivo, ai fini dell'affondamento della compagine berlusconiana, soltanto per la stupefacente e inattesa debolezza della stessa. Si aprono così, per la neonata coalizione, due prospettive assai alettanti: la prima, più ottimista, prevede la fine politica di Berlusconi a seguito di un crollo del governo, ciò che permetterebbe di attrarre i suoi elettori attorno a quella "Destra moderna ed europea" di cui secondo Fini l'Italia ha così grande bisogno; la seconda, più realista, è di diventare l'ago della bilancia della prossima legislatura, visto che con questa legge elettorale, il Terzo Polo ha praticamente garantiti una dozzina di senatori.
– Terzo, il dato che salta all'occhi di queste elezioni è la rinascita della Sinistra in Italia. A Napoli e Milano il Partito Democratico ha la certezza (De Magistris prevarrà, fidatevi) di conquistare l'amministrazione, oppure di conservarla, esclusivamente grazie agli esponenti e ai candidati più caratterizzati a Sinistra. Ancora una volta, il radicalismo identitario paga. Il centro-sinistra pare sospinto da una "trazione posteriore" di cui Vendola e Di Pietro sono artefici e ispiratori. L'importante affermazione del Movimento 5 Stelle non contraddice il quadro. Quando il radicalismo si libera della sua veste identitaria, allora lo spazio per candidati e liste di contestazione si allarga notevolmente; ma la polarizzazione attorno alla figura di Berlusconi rimane la discrimante fondamentale per le scelte dell'elettorato. Lo dimostra, paradossalmente, proprio il risultato migliore per i "grillini", quello bolognese. Esso è in linea con l'exploit del 2010, quando il candidato 5 stelle in Emilia-Romagna raccolse oltre centosessantamila suffragi; è un caso che questi successi vengano raccolti proprio nella regione dove il centro-sinistra è più forte, e molto minore è il "rischio" che vengano eletti candidati berlusconiani? Intendiamoci, il quadro non è univoco. A Torino, per esempio, roccaforte del PD più moderato e confindustriale, la contestazione di sinistra (Rifondazione comunista, grillini e altri) raggranella il 7%, e viene facilmente sostituita da una lista clientelare locale (dal nome significativo: "i moderati"), attestatasi attorno al 10%. Così, il politico nazionale più vicino a Marchionne, alla lobby sionista e alla politica delle "Grandi Opere", ossia Piero Fassino, può sbaragliare i concorrenti imponendosi al primo turno.
Conclusioni.
Queste elezioni, nelle quali Berlusconi ha schierato alcuni suoi colleghi miliardari (Moratti e Lettieri), rappresentano, con ogni probabilità, la sanzione elettorale della sua morte politica, avvenuta con il beneplacito all'aggressione della Libia. Gli esecutori testamentari saranno Umberto Bossi e Giulio Tremonti. Il futuro è per definizione imprevedibile, tuttavia non è peregrina l'ipotesi che a succedere all'attuale governo sia un esecutivo di "unità nazionale", magari con l'appoggio esterno delle forze non berlusconiane. Un nuovo governo Dini, insomma, un collegio di tecnici "super-partes", privi di chiare responsabilità politiche, in grado rappresentare adeguatamente le esigenze e i desiderata della Banca Centrale Europea e della Commissione.
Non passerà molto tempo, e i politici dichiareranno,m con tutta franchezza, di non poter permettere altro che "lacrime e sangue". Putroppo, non si tratterà delle loro.
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