La critica vivente di una società in movimento Lelio Basso legge Karl Marx
di OPERAVIVA MAGAZINE (Chiara Giorgi)
L’attualità del Capitale – Nel bicentenario della nascita di Marx è il titolo del seminario che si terrà alla Fondazione Basso di Roma nei giorni di venerdì 23 e sabato 24 marzo. Alle due giornate, organizzate in collaborazione con il Dipartimento di Filosofia dell’Università La Sapienza, parteciperanno, tra gli altri, Étienne Balibar, Giacomo Marramao, Claus Offe, Alisa Del Re, Roberto Finelli, Giso Amendola. Qui anticipiamo una parte della relazione presentata da Chiara Giorgi. Scarica il Programma completo.
Tre sono i punti essenziali che vanno sottolineati nella lettura condotta da Basso di Marx: 1) il retaggio idealistico della formazione giovanile di Basso; 2) la ripresa di Rosa Luxemburg nello sviluppare i concetti che ruotano attorno al nesso riforme/rivoluzione, lotta quotidiana/scopo finale; 3) l’interpretazione del Capitale alla luce del concetto di alienazione, sviluppato nei termini di disumanizzazione, da cui l’approdo al socialismo/comunismo come progetti di riumanizzazione. In particolare ciò avrà una serie di implicazioni rispetto al coniugarsi di materialismo storico e materialismo dialettico; rispetto al suo collocarsi tra un marxismo della contraddizione e un marxismo vicino ad una certa versione francofortese (quella legata al Lukács di Storia e coscienza di classe).
L’interpretazione dell’opera di Marx attraversa il corso di tutta la vicenda intellettuale e politica di Basso, arricchendosi negli ultimi anni della sua biografia e giungendo a un’opera di importante sistematizzazione, pubblicata postuma, dal titolo Socialismo e rivoluzione (1980). A partire dalla seconda metà degli anni Sessanta gli studi sul marxismo si fanno infatti più intensi e raggiungono un certo grado di compiutezza. In questo periodo acquistano maggior peso alcune tematiche già presenti negli anni della sua formazione giovanile: in particolare relative sia al nesso rivoluzione/riforme (legato a sua volta alla teoria delle «due logiche contraddittorie»); sia all’alienazione e al libero sviluppo umano. Nel riproporre una determinata lettura di Marx, Basso tiene insieme lo spirito rivoluzionario ispirato a una visione processuale del cambiamento, e l’unità dialettica delle due componenti, come le definisce, attive del processo rivoluzionario: la componente soggettiva e le dinamiche oggettive del contesto storico dato, quali fattori decisivi del passaggio dalla società capitalista a quella socialista.
In più occasioni egli opera una distinzione tra i vari periodi dell’attività e del pensiero di Marx, mostrandosi senza dubbio più vicino a quello individuato come terzo e ultimo. Ciò che più egli tende a valorizzare di Marx è quella lettura della realtà la quale, sola, permette di far nascere la rivoluzione socialista dallo sviluppo capitalistico, e quindi consente di prendere atto delle contraddizioni interne al processo storico e della necessità del loro superamento. In questo orizzonte teorico e pratico la rivoluzione è intesa non come uno scontro improvviso, bensì «un fatto che si colloca all’interno dello sviluppo capitalistico stesso, quando le contraddizioni e le tensioni» da esso generate giungono al loro acme. Marx arriva, secondo Basso, a questa complessa visione del cambiamento storico attraverso più passaggi: dopo il cosiddetto volontarismo rivoluzionario iniziale, egli scopre, tramite un attento studio del Quarantotto e nell’approdo in Inghilterra, che la rivoluzione può nascere solo se esistono le condizioni obiettive, ossia se il regime esistente e la classe dominante entrano in crisi, esaurendo la loro funzione storica.
In questa concezione del processo storico – che infatti si richiama alle celebri frasi della Prefazione a Per la critica dell’Economia politica – i presupposti di una nuova società vengono a porsi oggettivamente quando si crea un conflitto, anziché una corrispondenza, tra le forze produttive in continua crescita e i rapporti sociali esistenti. A questo punto nasce la necessità di nuovi rapporti sociali corrispondenti al nuovo modo di produzione in cui si esprime l’avanzato livello delle forze produttive. La nuova formazione sociale sorge così in seno alla vecchia, rovesciandola, sostituendola.
Se è chiaro che lo sviluppo sociale delle forze produttive entra in conflitto con una determinata natura, «il carattere privatistico», dei rapporti di produzione, spingendo oggettivamente verso il cambiamento, l’elemento decisivo è l’intervento soggettivo, come la chiama la prassi rivoluzionaria, che dovrà poi realizzare lo scopo della conquista del potere politico. A Basso interessa propriamente occuparsi – più che dei processi di trasformazione concernenti il terreno della produzione materiale e le sue condizioni, più che delle «operazioni del capitale» – «dell’atteggiamento soggettivo del movimento operaio, della sua strategia». Così come gli interessa esaltare la conquista da parte degli esseri umani «alienati nella società capitalistica, del dominio sul processo produttivo sociale», ossia la loro trasformazione in «liberi, coscienti e responsabili costruttori del futuro comune». Tuttavia, proprio rispetto a questo punto, sembrerebbe permanere un retaggio del giovanile idealismo bassiano.
Ciò che era mancata alla generazione a cui Basso appartiene era stata una piena consapevolezza del contenuto nuovo del materialismo di Marx. Ciò che era rimasto in sordina nell’orizzonte di questa generazione di marxisti dei primi anni del Novecento è quel rovesciamento completo operato da Marx: come ha scritto Balibar, una costituzione del mondo che non è «l’opera di un soggetto, ma è una genesi della soggettività (una forma di soggettività storica determinata) come parte (e contropartita) del mondo sociale dell’oggettività». Gli era mancato cioè di afferrare il nuovo elemento introdotto da Marx «nella discussione sui rapporti tra soggezione, assoggettamento e soggettività», tale per cui «ripensando la costituzione dell’oggettività sociale, Marx aveva nello stesso tempo rivoluzionato virtualmente il concetto di soggetto»1.
La loro era stata una lettura dei testi di Marx tesa alla valorizzazione e all’attualizzazione della praxis, capace in modo attivistico di realizzare il mutamento, laddove era il lato soggettivo, di una soggettività a tratti trascendentalizzata a ergersi sulla comprensione dei processi sociali di sua costituzione e produzione.
È questa attenzione prevalente ai processi di soggettivazione – intesi nei termini della formazione della coscienza di classe, della costruzione di soggettività e dell’organizzazione della classe operaia – a incidere sulla stessa lettura bassiana del Marx del Capitale. In alcuni passaggi, l’analisi condotta da Basso dei nessi tra rapporti di produzione e forze produttive, sembra trascurare le complesse co-implicazioni e retroazioni tra lo sviluppo capitalistico e le figure soggettive tra cui si determina il rapporto sociale che è il capitale. Si tratta cioè della problematica della «produzione di soggettività», connessa a quell’analisi del processo di valorizzazione del capitale che produce le figure soggettive del capitalista e dell’operaio salariato, a loro volta necessario presupposto2. E vedremo come non a caso ciò influirà sulla lettura del Capitale, a partire dalla influenza lukacsiana e del «paradigma soggettocentrico»3.
Senza dubbio, nell’elaborazione marxista di Basso il riferimento a Luxemburg è centrale. Ulteriore tappa delle sue riflessioni è quanto iscritto nella nota teoria delle «due logiche contraddittorie», maturata sulla sua scia. La parte più originale della riflessione marxiana, capace di fornire alla classe subalterna gli strumenti della propria prassi rivoluzionaria, è secondo il pensiero di Basso quella che individua il conflitto presente oggettivamente nella società tra due opposte tendenze. L’una tesa a mettere in moto spinte sempre più progressive, le quali si muovono sulla «logica socializzante dello sviluppo delle forze produttive»; l’altra rispondente alla logica del profitto, intenta a resistere e a bloccare in senso conservatore lo sviluppo delle spinte socializzanti.
Si tratta dell’antagonismo tra tendenze e controtendenze di socializzazione. Qui la lotta di classe ha un ruolo decisivo. Qui la politica organizzata gioca un ruolo fondamentale, a partire dal protagonismo delle soggettività politiche capaci di inserirsi all’interno della logica antagonistica, di prendere atto della «tensione dialettica», utilizzando questa spinta oggettiva per realizzare di volta in volta le conquiste che ad essa si agganciano. Da qui deriva peraltro il modo con cui Basso considera la democrazia e i suoi mezzi, il diritto e l’ordinamento istituzionale. Da questa analisi discende una nuova valutazione dello stesso terreno giuridico e istituzionale, che sono considerati da Basso alla luce delle stesse analisi di Marx. Così come ne discende che la stessa conquista della democrazia è, a suo parere, scopo del socialismo marxista.
Lo sviluppo dei rapporti di forza apre infatti nuove possibilità alle classi subalterne anche sul terreno giuridico-istituzionale. Contro il riformismo e contro il revisionismo, Luxemburg si è fatta interprete del «marxismo rivoluzionario», la cui essenza risiede nel vedere le contraddizioni interne del processo storico, prevedendone il necessario superamento «attraverso la vittoria del socialismo». Il punto centrale dell’attività politica di Basso sta dunque in questa interpretazione del marxismo: nell’accento da lui posto sul nesso che deve unire la lotta quotidiana allo scopo finale, affinché la prima non scada nel riformismo. In questa luce egli legge l’annoso rapporto tra rivoluzione-processo e rivoluzione-salto, assumendo nuovamente come punto di riferimento Luxemburg (sulla scia di un primo Lukàcs).
Addentrandoci nella lettura bassiana del Capitale, il punto di osservazione prescelto è quello del libero sviluppo della condizione umana/delle capacità umane quale fine a sé stesso, quello cioè della realizzazione dell’infinita potenzialità contenuta in ciascuno/a. Esso è strettamente intrecciato a quello che Basso definisce «il problema capitale» del pensiero di Marx negli anni della maturità, ossia l’alienazione. La scelta è sin da subito volta a denominare l’alienazione come «disumanizzazione». Il richiamo generale è a tutti quei fenomeni che comportano «un rovesciamento del rapporto produttore-prodotto». Ciò che più gli preme evidenziare è la dinamica sottesa a questo rovesciamento, a cagione del quale il prodotto non è più sotto il controllo e il dominio del produttore, in quanto sua creazione, bensì «se ne distacca, si oggettivizza in forma autonoma e gli si contrappone dominandolo e impedendogli la propria piena autorealizzazione, in una parola il processo per cui il prodotto domina il produttore».
Il capitalismo è responsabile di questo capovolgimento, generativo della massima disumanizzazione che soprattutto il Marx del Capitale coglie e descrive, assegnando, viceversa, alla rivoluzione lo scopo della riumanizzazione. In tal senso, per Basso il Capitale nasce dallo sforzo tanto di indagare la struttura interna e le leggi di movimento del modo di produzione capitalistico, quanto di fornire la prova della possibilità e necessità del grande salto qualitativo destinato a sopprimere l’autoalienazione umana. Ad essere sottolineati sono dunque due aspetti cruciali del Capitale: 1) più che la potenza della realtà dell’astrazione (l’astrazione «praticamente vera nei luoghi della produzione»4) o quella di una analisi delle strutture simboliche, la potenza di una dialettica storica tra «una forza liberatrice e una chiusura disumanizzante». L’altro aspetto valorizzato dalla lettura bassiana sta nel sottolineare la compresenza nel Capitale dell’individuazione delle leggi del capitalismo, così come delle tendenze future, dove cioè quest’ultimo possa aprire alla rivoluzione. Nel Capitale insomma vi è non soltanto la critica scientifica del capitalismo, ma è altrettanto presente la politica e la lotta di classe (come sono presenti lo Stato, la legislazione, il diritto, mai disgiunti dal terreno del conflitto). Il Capitale è allora l’opera fondamentale di Marx anche rispetto all’analisi di questo meccanismo di rovesciamento del rapporto soggetto-oggetto; il Capitale possiede una impareggiabile forza rivoluzionaria, scrive Basso, nel dimostrare l’origine storica e la natura transitoria del capitalismo, e quindi la necessità storica del suo superamento; il Capitale è per Basso in primis un’opera «di sociologia della conoscenza», in quanto offre a suo parere una guida per svelare la vera sostanza dei rapporti sociali nascosti dietro alle categorie della scienza borghese, per comprendere in primo luogo gli esseri umani. Basso si concentra allora sui numerosi passaggi – del Capitale e dei Grundrisse – nei quali emergono in modo nitido il processo e i meccanismi propri della disumanizzazione «sotto ogni aspetto, dei lavoratori». Lavoro sociale e tempo libero sono le condizioni per il passaggio allo stadio successivo, quello comunista, la cui «nota distintiva» è precisamente l’umanizzazione, «conseguita tramite il dominio cosciente sul processo produttivo, sul processo di creazione e autocreazione». La riumanizzazione, specifica Basso, corrisponde pertanto al «controllo cosciente, condotto secondo un piano», alla «realizzazione del progetto», alla «finalizzazione della prassi», alla «reale appropriazione dell’umana essenza».
Vorrei concludere ricordando quali sono per Basso gli elementi di vitalità e di attualità del pensiero di Marx, considerato quale «critica vivente di una società in movimento» (espressione già in se evocativa nel registrare come ha scritto Harvey a proposito del Capitale un Marx che riflette costantemente sul movimento). In primo luogo la grande capacità di fornire un’analisi della realtà a lui contemporanea, definendone i processi in atto e antivedendone sviluppi futuri, ma non già come illuminazione improvvisa di un veggente, bensì come risultato di uno studio in grado di scorgere all’interno della realtà le «linee del movimento reale».
La grande lezione tratta dal metodo di Marx consiste allora nel comprendere «come egli abbia utilizzato in modo diverso alcune costanti» desumibili dalla sua riflessione critica. Questa è la premessa a una utilizzazione di Marx, la quale è soprattutto funzionale alla trasformazione radicale del tempo in cui si vive. Quella che Basso definisce l’analisi concreta della società, l’ancoraggio alla dimensione storica è al contempo l’operazione necessaria per comprendere strategia, forme, strumenti di una lotta adeguata «al movimento reale». Il pericolo di incrostazioni dogmatiche viene meno a suo parere grazie a una applicazione delle «linee generali della strategia rivoluzionaria, indicata da Marx» alla fase storica dello sviluppo capitalistico, laddove il problema centrale resta nel collegamento permanente tra la lotta quotidiana e lo scopo finale rivoluzionario. Mossa rilevante al fine di evitare la cristallizzazione di esperienze particolari in modelli pretesamente universali.
Mossa necessaria, a mio parere, per rilanciare di Marx «l’idea di pratica, o di liberazione come trasformazione», a partire dalla produzione e dalle sue condizioni5, in una interpretazione antievoluzionistica, capace di rinviare all’imprevisto, alla molteplicità (ed eterogeneità) dei processi, alla stessa rottura rivoluzionaria. Se in Basso il discorso ritorna e si chiude con una forte valorizzazione dell’elemento soggettivo, ciò che oggi a me sembra importante valorizzare della stessa concezione marxiana dell’alternativa è quella di essere «un bivio (più che un punto di arrivo)»6, la posta in gioco di un processo non lineare di trasformazione, aperto appunto all’imprevisto della politica, delle lotte. Il tema dell’anticipazione non ha dunque nulla a che vedere con il rinvio a un mondo dei sogni. Al contrario, la possibilità di trasformare questo mondo in cui viviamo proviene dalle potenzialità del conflitto, dalla capacità di re-immaginare il nesso tra libertà/uguaglianza, di espandere la democrazia, dalla ricerca di una «simmetrica articolazione» tra comune e individuale/personal/singolare7; proviene dall’agire stesso dei soggetti immersi nella logica dinamica del cambiamento (avrebbe detto Basso), in un futuro che è già presente.
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