Noi sovranisti
di GIAMPIERO MARANO (FSI Varese)
Credevano di avercela fatta, i signori della globalizzazione. La loro hybris feroce, impudente, li aveva convinti di essere gli arbitri della vita e del destino comuni, custodi di un universo tecnicamente perfetto ma, alla prova dei fatti, distopico e ogni giorno più maledetto per miliardi di uomini. Nell’arco di un quarto di secolo, a partire dai mesi in cui il gigante sovietico si squagliava con facilità inverosimile, un pugno di criminali, burocrati e apprendisti stregoni non ha soltanto coltivato l’illusione pseudo-escatologica che fosse giunta, insieme alla fine della storia, la pienezza dei tempi, ma ha pure attuato un’opera di plagio e corruzione delle coscienze che non ha precedenti per intensità e profusione di mezzi – una mistificazione anch’essa presto sconfinata nel terreno della teologia. Perché i signori della globalizzazione sono riusciti, almeno per qualche istante, a trasformare la Scimmia in Dio. A inculcare nelle masse la persuasione che il tornaconto esclusivo degli happy few fosse, per tutti indistintamente, il paradiso. E invece, come sappiamo, è stato, è tuttora, l’inferno.
L’anno decisivo 2016 ha squarciato il velo, proclamando il fallimento della Grande Parodia. Per chi ha occhi e orecchie, l’uscita dell’Inghilterra dalla morsa letale dell’Unione Europea e la sconfitta dell’élite cosmopolita alle presidenziali americane non possono significare che questo: l’incantesimo è finito, il tentativo di sovversione sventato. E le nazioni non sono morte, come ci è stato invece raccontato troppo a lungo; il risveglio dei popoli non è più un’ipotesi strampalata ma una verità ormai positiva. Fra Ottocento e Novecento la Prima globalizzazione, imposta dall’imperialismo britannico insieme al dogma perverso della “libera” circolazione delle merci, dei capitali, delle persone, creò squilibri catastrofici su scala mondiale: oggi soltanto una netta svolta sovranista può scongiurare l’eventualità che l’epilogo della Seconda globalizzazione si riveli altrettanto luttuoso.
Noi sovranisti denunciamo la vergognosa e smaccata ispirazione liberista dei Trattati europei e ci battiamo per il ripristino della Costituzione del 1948 (e in particolare del Titolo III, dedicato ai rapporti economici), che non disconosce il ruolo dell’iniziativa privata ma assegna allo Stato il compito di controllare l’economia e di rivolgerla a fini sociali. Noi sovranisti siamo per la piena occupazione, per la nazionalizzazione dei settori strategici dell’industria, per la rinascita dalle ceneri la scuola pubblica dopo vent’anni di riforme, anch’esse impregnate della deregulation più cinica e individualista. Noi sovranisti vogliamo un’Italia pacifica e autonoma che possa decidere della sua politica estera senza le interferenze dei soliti prepotenti; crediamo nella necessità dei confini ma non per questo ci lasciamo irretire dalle Sirene dei nazionalismi in crescita nella fase caldissima della post-globalizzazione.
Il cammino lungo e difficile che porterà alla riconquista dell’indipendenza è appena cominciato. Essa sarà un tutt’uno con la riscoperta delle radici meridionali dell’identità italiana e con il tracollo dell’ideologia neoliberista.
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