Decimo anniversario del collasso finanziario, preparandoci al prossimo crollo
di UNZ REVIEW (Kevin Zeese e Margaret Flowers)
Traduzione a cura di Emilio di Somma (del FSI-Riconquistare l’Italia di Napoli)
Dieci anni fa c’è stato il panico a Washington, New York ed in tutti i centri finanziari del mondo, mentre gli Stati Uniti erano nel mezzo di un collasso economico. Il crollo divenne il tema centrale della campagna elettorale tra Obama e McCain e fu seguito da proteste, culminate nella creazione di un movimento popolare tutt’oggi esistente.
Banche: salvate; le persone: affondate
Nel corso della campagna, nel Marzo 2008, Obama incolpò la cattiva amministrazione dell’economia sia da parte di Democratici che di Repubblicani, che privilegiava la manipolazione finanziaria, più che l’effettiva produttività. Chiese che fossero istituiti dei fondi per proteggere i proprietari di casa dagli sfratti e per stabilizzare i governi locali, in più chiese una nuova regolamentazione, in linea col 21° secolo, del sistema finanziario. McCain, invece, si oppose all’intervento federale, affermando che il paese non dovesse salvare banche o proprietari che avevano, scientemente, fatto scelte finanziarie rischiose.
In Settembre 2008, McCain e Obama si incontrarono col Presidente George W. Bush ed insieme chiesero un salvataggio da 700 miliardi di dollari per le banche, non per le persone. Obama e McCain emisero una dichiarazione congiunta che affermò che il piano di salvataggio delle banche era “imperfetto”, ma anche che, “lo sforzo per proteggere l’economia americana non deve fallire”. Obama espresse indignazione per la “crisi”, che era “un risultato diretto dell’avidità e dell’irresponsabilità che ha dominato Washington e Wall Street per anni”.
In Ottobre 2008, il Programma per il Sollievo degli Asset Problematici (TARP: Troubled Asset Relief Program), o bailout delle banche, aveva ricapitalizzato le banche, il Tesoro aveva stabilizzato il mercato monetario ed i fondi per i mutui e la FDIC aveva garantito i debiti bancari. La Federal Reserve cominciò a inondare le banche di denaro, che, in ultima analisi, raggiunse un limite quasi doppio a quello precedentemente dichiarato in un’udienza federale di 16 trilioni di dollari (16 miliardi di miliardi). I ricercatori dell’università del Missouri hanno calcolato che la Federal Reserve ha dato più di 29 trilioni di dollari alle banche. (nt. Alla faccia del “non ci sono i soldi”).
Ciò non ha fermato la perdita di 9 milioni di posti di lavoro, più di 4 milioni di fallimenti e la profonda riduzione di benessere e proprietà tra le classi poveri, medie e lavoratrici. Un collasso bancario fu evitato, ma una profonda recessione per la maggioranza della popolazione non lo fu.
Il New Yorker ha descritto il crollo del 2008 come il risultato di un processo di anni, affermando:
“….la crisi ha impiegato anni ad emergere. Fu causata da pratiche di prestito sconsiderate, l’avidità di Wall Street, palesi frodi, mancanza di controllo governativo negli anni di George W. Bush, e la deregolamentazione dei servizi finanziari degli anni di Bill Clinton. Le radici più profonde, andando indietro di anni, sono da cercarsi nell’incremento della disuguaglianza. Nella buona e nella cattiva sorte, non importa quale partito avesse il potere, la stritolata classe media sprofondò sempre di più nel debito.”
Prima della sua inaugurazione, Obama propose un piano di stimolo economico, ma, come Paul Krugman ha scritto, “la prescrizione di Obama non è in linea con la diagnosi. Il piano economico che offre non è tanto forte quanto il suo linguaggio circa la minaccia economica”.
Alla fine, lo stimolo fu ancora minore di quanto Obama aveva proposto. L’economista Dean Baker ha spiegato che (Obama) potrebbe anche aver creato 2 milioni di posti di lavoro, ma ce ne sarebbero serviti 12 di milioni. Lo stimolo fu di 300 miliardi nel 2009, lo stesso nel 2010, e 100 miliardi seguirono negli anni successivi – troppo poco per ridurre la perdita annuale di 1.4 trilioni in consumi.
Il New York Magazine riporta che il piano fu “uno stimolo di spesa maggiore, in qualche misura, dell’intero New Deal”. Ma, al contrario del New Deal, che beneficiò le persone in fondo alla scala e creò le fondamenta per una economia di lungo termine, lo stimolo bipartisan post-2008 ha salvato Wall Street e lasciato Main Street (l’economia reale) indietro.
I dirigenti di Wall Street non furono condotti in giudizio, nonostante la crisi finanziaria fosse stata causata, per la maggior parte, dalle loro frodi. I banchieri ricevettero multe equivalenti a pochi spiccioli senza che fosse loro chiesto di ammettere alcuna colpa, o senza che i loro casi fossero inviati alle procure. Le multe furono, infine, pagate dai detentori di azioni e obbligazioni e non dai responsabili.
Ancora a rischio
Molte delle cause scatenanti della crisi esistono ancora oggi, rendendo un altro collasso o una recessione economica possibile. Il New Yorker riporta che, dal 2008, poco o nulla è cambiato, con le banche di Wall Strett che ritornano ad atteggiamenti rischiosi ed i già inadeguati regolamenti della Dodd-Frank ulteriormente indeboliti. La grande finanza è ancora più concentrata e dominante di quanto non lo fosse prima del crollo. La disuguaglianza ed il debito si sono espansi e, nonostante i capitalisti stiano diventando sempre più ricchi grazie a profitti in salita record nel mercato azionario e corporativo, i salari reali sono paralizzati a livelli pre-crisi (nt. Si intende crisi del 1980, l’anno di riferimento è il 1974).
Le persone sono economicamente insicure negli Stati Uniti e sopravvivono con crescente disperazione, come è stato misurato dai rapporti sulla salute pubblica. La Federal Reserve ha comunicato, nel 2017, che “2 americani su 5 non hanno abbastanza risparmi per coprire una emergenza di 400 dollari”. In aggiunta, “più di 1 americano su 5 afferma di non essere in grado di pagare le bollette mensili a pieno, e più di 1 su 4 afferma di aver rinunciato ad esami medici necessari, lo scorso anno, perché incapaci di pagarli”.
Positive Money scrive: “10 anni dopo, le grandi banche si comportano ancora in maniera sconsiderata, ingiusta e non-curante. I problemi strutturali con il nostro denaro ed il sistema bancario ancora non sono stati affrontati. Molti esperti temono che, se le cose non cambiano subito, andremo come sonnambuli incontro ad un altro crollo”.
William Cohen, un ex-banchiere di Wall Street specializzato in acquisizioni ed assorbimenti, scrive che le fondamenta dell’economia degli Stati Uniti sono ancora piene di storture. L’Economist descrive l’attuale situazione come: “Un paziente in remissione, ma non curato”.
La Risposta del Movimento Popolare
Larry Elliot ha scritto nel Guardian, “l’esperienza di quasi-morte del capitalismo con la crisi bancaria fu un’occasione d’oro per I progressisti”. Ma il movimento negli Stati Uniti ancora non ha sfruttato il vantaggio derivato dall’evento.
Ci furono proteste immediate. Gruppi allineati col partito Democratico come USAction, True Majority ed altri organizzarono azioni a livello nazionale. Più di 1000 persone manifestarono a Wall Street ed i telefoni del congresso squillavano impazziti. Mentre c’era opposizione al bailout, c’era però zero consenso nazionale su cosa avrebbe dovuto essere fatto.
Le proteste aumentarono. Verso la fine del 2009, una campagna su “Move Your Money” cominciò per incoraggiare le persone a prelevare il loro denaro dalle grandi banche e muoverlo verso banche comunitarie e unioni di credito. La rabbia anti-establishment più visibile, in risposta al bailout, aumentò in seguito nei movimenti del TeaParty e Occupy. Entrambi i gruppi condividevano l’idea di vivere in una economia truccata, creata ad arte da una classe politica corrotta. Era evidente che gli USA fossero una oligarchia, che serviva gli interessi di pochi benestanti, mentre ignorava le necessità del popolo.
Il consenso anti-establishment continua a salire e ha fatto capolino nuovamente nelle campagne presidenziali del 2016, con Bernie Sanders e Donal Trump. Loro erano le due facce della stessa moneta di rabbia populista che ha sconfitto Jeb Bush e Hillary Clinton. Trasversalmente a tutto il sistema politico, corre una crisi che coinvolge entrambi i partiti politici main-stream, finanziati da Wall Street, che si rivelano essere impopolari, ma ancorati al potere da un sistema politico calcificato che protegge il duopolio di Democratici e Repubblicani.
Preparandoci al prossimo Collasso
Quando arriverà la prossima crisi finanziaria, il movimento popolare sarà in una posizione ancora più forte per poterne trarre vantaggio e spingere per cambiamenti significativi che beneficino il popolo e non Wall Street. Il movimento Occupy e gli sforzi di altri, da allora, hanno cambiato il dialogo nazionale, così che molte più persone ora sono consapevoli della disuguaglianza economica, della corruzione delle grandi banche e del fallimento dell’elite politica nel rappresentare gli interessi del popolo.
C’è inoltre una maggiore consapevolezza circa modelli alternativi all’attuale economia. Il movimento Public Banking è cresciuto significativamente dal 2008. Le banche che hanno bisogno di essere salvate possono essere trasformate in banche pubbliche, che servano il popolo e che siano democraticamente controllate. Vi sono anche numerose piattaforme, inclusa la nostra People’s Agenda, che propongono ed analizzano soluzioni alternative.
Sappiamo, inoltre, che il governo può permettersi quasi 30 trilioni di dollari per salvare le banche. Un sesto di quella cifra potrebbe offrire un reddito annuale di base di 12mila dollari, che costerebbe solo 3.8 trilioni di dollari all’anno. Raddoppiare i pagamenti per la previdenza sociale a 22mila dollari l’anno, che costerebbe solo 662 miliardi. Conferire un bonus di 10mila dollari per tutti gli insegnanti di scuola pubblica americani, che costerebbe 11 miliardi. College gratuiti per tutti i diplomati, che costerebbe 318 miliardi ed asili gratuiti a livello universale, che costerebbe solo 38 miliardi di dollari. Un miglioramento a livello nazionale del programma Medicare, per tutti, permetterebbe alla nazione di risparmiare trilioni di dollari in 10 anni. Possiamo permetterci di coprire tutte le necessità del popolo.
Possiamo guardare all’Islanda per cercare un esempio su come gestire la prossima crisi. Nel 2008 hanno messo i banchieri in galera, hanno permesso alle banche di fallire senza farsi carico del loro debito ed hanno messo in atto controlli per proteggere l’economia. Si sono ripresi molto più velocemente di qualunque altra economia e con minor dolore.
Come hanno fatto? In parte, attraverso la protesta. Hanno attuato continue e rumorose proteste, lanciando vasi e percuotendo pentole in fronte al loro parlamento per 5 mesi. Il numero di persone che parteciparono alla protesta crebbe col tempo. Crearono una piattaforma democratica per raccogliere idee dal pubblico e condividere le informazioni. Crearono nuovi partiti politici, il Pirate Party ed il Best Party, che proposero programmi influenzati dalle idee del popolo.
Così, quando la prossima crisi colpirà, proponiamo un’ Agenda del Popolo. Cerchiamo di essere come l’Islanda e mobilitiamoci per politiche che mettano il popolo al primo posto. Collettivamente, abbiamo il potere per sconfiggere l’elite politica e la loro classe di donatori.
FONTE: https://www.unz.com/article/tenth-anniversary-of-financial-collapse-preparing-for-the-next-crash/
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