Tre capoversi del nostro Manifesto sono in qualche modo dedicati al tema della televisione: "25. Muoviamo dalla consapevolezza della enorme superiorità della scrittura rispetto alle immagini. 26. Sappiamo che la televisione è droga e in particolare sappiamo che è un narcotico. 27. Sappiamo che i narcotici affievoliscono la volontà e così ostacolano l’esplicazione delle capacità". Condividiamo, pertanto, riga per riga l'articolo che segue, il quale è una composizione di frasi di studiosi autorevoli o autorevolissimi ovvero, in un caso, di un uomo che dirige un canale televisivo. Per coloro che ancora non si siano sottratti dalla dipendenza dallo schermo televisivo, è una occasione per riflettere e magari per andare ad approfondire l'argomento, svolgendo qualche buona lettura (SD'A)
di Valerio Pignatta letto su ariannaeditrice fonte Terranauta
“La vera cultura non è accumulo di informazioni dalla tv, nei nostri pc o in Internet. La vera cultura esiste solo alla condizione di interrogarsi sul senso dell'esistenza e di mettersi al servizio e alla ricerca dei valori che costituiscono il significato della vita umana sul pianeta e nella società.”
Le statistiche ci dicono che in media passiamo davanti alla tv dagli 11 ai 14 anni della nostra vita, complici i divani corruttori che il “vivere civile” ha posto in ogni casa. Ma grazie al cielo in quei 14 anni c'è chi fa tantissime altre cose. Pensate… 14 anni… E poi dicono che la tv fa comunque conoscere il mondo… In 14 anni uno se lo può conoscere “dal vero” il mondo, viaggiando, parlando, toccando, annusando… che è tutt'altro, direi, che 14 anni di segregazione nella cella-salotto di famiglia a “voyeurizzare” la realtà degli altri con la scusa di farsi una cultura.
Ma purtroppo siamo arrivati al punto per cui confondiamo cultura e informazione spazzatura.
La vera cultura non è accumulo di informazioni dalla tv, nei nostri pc o in Internet. La vera cultura esiste solo alla condizione di interrogarsi sul senso dell'esistenza e di mettersi al servizio e alla ricerca dei valori che costituiscono il significato della vita umana sul pianeta e nella società.
Ecco alcune riflessioni di noti intellettuali che si sono interrogati sulla televisione ed il suo rapporto con la società umana:
Omologazione
«La televisione […] è un sistema di trasmissione che si fonda sull'idea che tutti gli esseri umani siano essenzialmente simili […]. La tv non vuole riconoscere la rigogliosa diversità dei suoi utenti. La gente fa migliaia di lavori differenti, ha hobby variegati, legge centinaia di migliaia di differenti pubblicazioni. La tv ignora la realtà che gli esseri umani non sono patate lesse, ma reagiscono ai messaggi e interagiscono.
La gente ha poco in comune, se non i suoi interessi pruriginosi e le paure e ansietà morbose. Naturalmente la televisione, puntando a raggiungere il bersaglio al suo più basso denominatore comune, peggiora sempre di più ogni anno. […] La tv morirà perché offende la vera natura umana: la tendenza verso l'automiglioramento e l'autonomia» (Gilder, George, La vita dopo la televisione. Il Grande Fratello farà la fine dei dinosauri?, Castelvecchi, Roma, 1995, p. 9).
«Fondamentalmente, il mestiere di TF1 [TeleFrance 1] è, ad esempio, aiutare la Coca-Cola a vendere il suo prodotto. Per far sì che un messaggio pubblicitario sia percepito, è necessario che il cervello del telespettatore sia disponibile. La vocazione delle nostre trasmissioni è proprio quello di creare tale disponibilità: facendo divertire il telespettatore, rilassandolo e preparandolo nello spazio tra due messaggi.
Ciò che vendiamo alla Coca-Cola è tempo di cervello umano disponibile» (così il direttore di TF1, il più importante canale televisivo francese, in Le Lay, Patrick, Les Dirigeants face au changement, Les Editions du Huitième Jour, 2004, citato in Gruppo MARCUSE, Miseria umana della pubblicità, Elèuthera, Milano, 2006, p. 35).
«“Il mondo visto lascia dei vuoti”, il cittadino si annoia spaventosamente in campagna, mentre gli spettacoli sul mare e la montagna gli riempiono gli occhi! La televisione così, ritagliando e ricostruendo il reale, finisce per creare uno schermo tra il reale e noi: “Vedo, ma poiché c'è lo schermo, resto lontano. Questa diventa un'attitudine costruita: ciò che vedo per la strada è reale come ciò che ho visto sullo schermo. Quando incontro un mendicante o un disoccupato, gli rivolgo lo stesso sguardo superficiale e disincarnato che rivolgo agli scheletri viventi del Terzo Mondo che la televisione periodicamente mostra. È esattamente l'estremo della derealizzazione: la confusione tra il mondo reale e quello mostrato”.
Un altro aspetto della televisione: non solo spinge verso il conformismo e costruisce un implacabile mezzo di uniformazione, ma crea un clima mentale generale. “Quando migliaia di immagini si imprimono nel nostro profondo, nel nostro 'inconscio', e tutte portano lo stesso messaggio fondamentale, questo finisce per essere una componente determinante del nostro comportamento e delle nostre opinioni”. I messaggi fondamentali sono violenza e sesso. […] Ma il pubblico vuole veramente queste immagini? Quando glielo si chiede, i telespettatori rispondono che la televisione è “una comodità, un sogno, e che non ha alcuna importanza”, pur ammettendo che non possono più farne a meno. […] Ecco il principale effetto della televisione: uccide il vuoto imbottendo i cervelli» (Porquet, Jean-Luc, Jacques Ellul, l'uomo che aveva previsto (quasi) tutto, Jaca Book, Milano, 2008, pp. 168-170)
Dominio
«La natura del tubo catodico e dello spettro di radiofrequenze ha modellato il potere e le limitazioni della televisione come medium informativo e come forza culturale. Queste tecnologie hanno imposto che la televisione fosse un sistema top-down (alto-basso), in termini elettronici un'architettura master-slave (padrone-schiavo): pochi centri di trasmissione generano programmi per milioni di ricevitori passivi, o terminali stupidi. La scarsità dello spettro costringe la televisione ad adottare un sistema centralizzato, limitato a relativamente pochi canali, con nessuna comunicazione bidirezionale» (Gilder, George, La vita dopo la televisione. Il Grande Fratello farà la fine dei dinosauri?, Castelvecchi, Roma, 1995, pp. 27-28)
«La maggior parte dei problemi di fronte ai quali si trovano i genitori non hanno a che fare direttamente con la tv stessa, ma col controllo esercitato su di essa. […] Una soluzione immediata e a portata di mano ci sarebbe, ma sembra che molti non ci hanno mai pensato: spegnere il televisore. […] Essi in realtà non vogliono risolvere il problema. […] Permettete alla vostra bambina di tre anni di andare in giro con un coltello affilato? Le permettete di attraversare la strada da sola? […] evidentemente il bambino capisce quando dite fermamente una cosa» (Winn, Marie, La droga televisiva, Armando, Roma, 1978, pp. 177-178)
Realtà
«Nulla sfugge. C'è sempre una cinepresa nascosta da qualche parte. Si può essere filmati senza saperlo. Si può essere chiamati a rieseguire tutto davanti a qualsiasi canale televisivo. Si crede di esistere in versione originale, senza sapere che questa non è nient'altro che un caso particolare di doppiaggio, una versione eccezionale per gli happy few. Si è in balia di una ritrasmissione istantanea di tutti i fatti e di tutti i gesti su qualsiasi canale. Un tempo avremmo vissuto ciò come un controllo poliziesco. Oggi lo viviamo come una promozione pubblicitaria» (Baudrillard, Jean, Il delitto perfetto. La televisione ha ucciso la realtà?, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1996, p. 32).
«“In diretta dalla realtà! Visitate questo strano mondo! Concedetevi il brivido del mondo reale!”. […] L'oggetto di antiquariato sembra già un oggetto reale per contrasto con gli oggetti industriali, ma non è che una prefigurazione del tempo in cui il minimo oggetto percepibile sarà prezioso quanto una reliquia egiziana» (Baudrillard, Jean, Il delitto perfetto. La televisione ha ucciso la realtà?, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1996, p. 49).
«Inizialmente [le immagini] costruiscono intorno a noi una finzione: quando sempre più ci allontaniamo dall'ambiente naturale, quando abbiamo perso il contatto con la realtà “che fu la realtà sostanziale della nostra vita”, il mondo delle immagini ci fa credere di vivere ancora “in un mondo d'acqua, di vento, di alberi e di animali”. Il numero di trasmissioni televisive su animali esotici e grandi spazi incontaminati cresce di pari passo al crollo della biodiversità e alla sparizione di spazi vergini» (Porquet, Jean-Luc, Jacques Ellul, l'uomo che aveva previsto (quasi) tutto, Jaca Book, Milano, 2008, p. 167).
Cultura
«È vero che un'immagine può valere più di mille parole. Ma è ancora più vero che un milione di immagini non danno un solo concetto. Riassumo in tre punti. Primo: il vedere non è conoscere. Secondo: il conoscere può essere aiutato dal vedere. Terzo: il che non toglie che conoscere per concetti (il conoscere in senso forte) si dispiega tutto quanto oltre il visibile. Mi dispiace per il tele-vedere ma è così» (Sartori, Giovanni, Homo videns, Laterza, Roma-Bari, 1999, p. 149)
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