L’Europa sotto il Merkel IV: un bilancio di impotenza (parte 2)
di WOLFGANG STREECK
Traduzione a cura di Massimiliano Sist (FSI Latina)
Passività in scadenza
Tra i lasciti del Merkel III c’è una frammentazione senza precedenti del sistema dei partiti politici tedeschi, con l’AfD che ottiene una presenza consistente nel Bundestag, e l’FDP appena un po’ minore. Entrambi sono arrivati sulla scia dell’apertura dei confini della Merkel nel 2015. Rispetto ad altri paesi, i sei o sette partiti parlamentari tedeschi (a seconda di come si conta la CSU) potrebbero non sembrare eccessivi. Ma due di loro, l’AfD e il Linkspartei, che insieme rappresentano il 22% dell’elettorato, sono trattati come emarginati dagli altri. Questo li esclude da qualsiasi maggioranza governativa ed è una delle ragioni per cui la formazione del Merkel IV è stata così difficile. (Nella Germania dell’Est, le due parti insieme rappresentano circa il 40 percento dei voti14)
Il parlamento tedesco è un organismo potenzialmente abbastanza potente, a condizione che utilizzi i suoi diritti. Sotto il Merkel III spesso non ci riusciva. Quando si trattava di Europa, in particolare, entrambi i partiti di opposizione, i Verdi e la Sinistra, erano ansiosi di proteggere la loro reputazione europeista evitando di essere troppo inquisitori. Ora, se l’AfD impara i meccanismi parlamentari, questo cambierà. E mentre l’FDP, come partito liberale, è chiaramente europeista, è anche un portabandiera della tradizione ordoliberale tedesca. Non si stancherà quindi di ricordare al governo dei principi, come quelli del trattato di Maastricht, che la cancelleria in pubblico si vanta di aver sottoscritto, ma che sono stati spesso disprezzati nella pratica. L’AfD, da parte sua, essendo clamorosamente anti-immigrazione, non perderà l’opportunità di chiedere l’accesso a informazioni governative politicamente sensibili su questo argomento.
Per quanto riguarda l’Europa, il Merkel III ha raggiunto il suo obiettivo principale: il salvataggio dell’euro come valuta comune. Questo non è un risultato secondario, visto il contributo essenziale dell’euro alla prosperità tedesca. A parte questo, tuttavia, l’eredità europea della Merkel è piena di passività potenzialmente distruttive.
L’improvviso invito, nel settembre 2015, a quelli che sarebbero diventati circa un milione di migranti che entravano in Germania – e di fatto, nella zona Schengen e nell’Unione europea – ha soddisfatto le esigenze tedesche, nazionali e internazionali, ed è stato esteso senza consultare i partner europei della Germania. A livello nazionale, era destinato a preparare un cambio di coalizione nel 2017, aiutando la Merkel a superare l’immagine della “regina di ghiaccio” che aveva contratto quando, all’inizio del 2015, spiegò in diretta tv a una ragazza palestinese rifugiata che stava per essere rimpatriata che “non possiamo accogliere tutti”. A livello internazionale, ha risposto, “mostrando un volto amichevole”, alla polemica sull’ultimo diktat di austerità imposto alla Grecia nel giugno 2015, che aveva provocato un’ondata di vignette in tutta Europa ritraenti la Merkel e Schäuble nelle uniformi della Wehrmacht adornate con svastiche.
Tra le altre cose, l’apertura del confine ha causato una profonda spaccatura con l’Europa orientale, che è diventata ancora più profonda quando paesi come Ungheria e Polonia sono stati successivamente minacciati, sia dalla Merkel che da Schulz, con una riduzione delle sovvenzioni UE a meno che non abbiano accettato di prendere una quota fissa di un numero indefinito di nuovi immigrati. La politica tedesca sull’immigrazione del 2015 potrebbe essere stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso in favore del “leave” nel referendum sulla Brexit di giugno 2016.
Non meno distruttivo è stato un altro aspetto della leadership europea della Germania. La politica tedesca è stata a lungo giudicata dai suoi critici come eccessivamente basata sui principi e non flessibile, in linea con gli stereotipi di rigidità teutonica. Ma questo era basato principalmente sulla retorica della Merkel, del suo partito, della Bundesbank e del Consiglio tedesco dei consulenti economici (German Council of Economic Advisers). Quello che raramente si notava era che questi ultimi erano spesso ugualmente critici nei confronti del governo della Merkel, ma per essere troppo accomodante. Infatti, a ben vedere, il Merkel III aveva ripetutamente incoraggiato la BCE e la Commissione europea a guardare dall’altra parte quando, per esempio, la Francia superava il limite del debito, o lo stato italiano aveva bisogno di rifinanziare il suo sistema bancario flessibilmente eludendo le regole di Maastricht. 15 Per mantenere unito il campo politico della Merkel, tutto cio’ non può essere ammesso pubblicamente. Il costo di tale duplicità e’ stato l’accrescimento del malcontento popolare all’estero contro la rigidità tedesca, a volte culminando in richieste di riparazione per i crimini di guerra tedeschi, o in verdetti dei tribunali italiani che autorizzavano il sequestro di proprietà del governo tedesco, come le strutture dell’Istituto Goethe, in Italia.
Tra le élite europee sembra che le concessioni non riconosciute della Merkel siano state apprezzate, poiché hanno contribuito a mantenere i nuovi “populisti” fuori dal potere. Con il tempo, tuttavia, poiché la situazione nel Mediterraneo ha continuato a deteriorarsi, la permissività tedesca ha dovuto essere integrata con promesse informali di riforme nell’area dell’euro dopo il rinnovo del mandato della Merkel. Non c’è, ovviamente, alcuna registrazione pubblica che tali promesse siano state effettivamente fatte. Ma senza di loro è difficile immaginare come le richieste europee di un cambiamento istituzionale fondamentale possano essere passate sotto silenzio per la durata della campagna elettorale tedesca. La strategia della Merkel potrebbe essere stata ispirata dalla memoria di Helmut Kohl, che era ampiamente venerato per aver aperto le borse quando non c’era altro modo di risolvere le tensioni tra gli stati membri dell’UE, in particolare le controversie che coinvolgevano la Germania. 16 Quando i conti europei crebbero molto, in particolare dopo l’unione monetaria, la generosità tedesca raggiunse i suoi limiti e l’austerità di Schäuble prese il posto della generosità di Kohl come il prototipo del contributo tedesco all’integrazione europea.
Il problema fondamentale con le promesse tedesche di fare futuri cambiamenti strutturali all’edificio europeo, a spese tedesche, era (ed è) che inevitabilmente divennero sempre più irrealistiche, sia economicamente che politicamente. Lo stile personale di leadership della Merkel, che ha sempre fatto affidamento sul rendere poco chiari i problemi attraverso un’ambiguità abilmente elaborata e, più spesso, di un linguaggio incomprensibile, potrebbe averla aiutata per un po ‘. Ma alla fine, quando la situazione diviene critica, il rischio è che capacità limitate vengano prese per cattiva volontà, e l’incapacità di portare a termine le promesse venga vista come non volonta’. La difesa di cio’ che va oltre le proprie possibilita’ è preclusa quando la disapprovazione morale ostacola un aggiustamento realistico delle aspettative. La distanza tra il promesso e il possibile viene identificata come un problema morale piuttosto che politico o economico, e la delusione si traduce in una retorica altamente infiammabile, emotiva ed ostile.
Dall’epoca della crisi dell’euro dopo il 2008, la politica europea della Merkel è consistita in aggiustamenti di corto respiro a quelli che erano e rimangono problemi strutturali, accompagnati da segnali di futuri rimedi strutturali quando le condizioni politiche in Germania sarebbero state adatte. La prospettiva di una coalizione con i Verdi è stata utile in questo, così come i socialdemocratici come Gabriel e Schulz. Il primo come ministro degli Esteri e il secondo come candidato cancelliere cercarono di ottenere credibilita’ tra gli elettori tedeschi di mentalità europea, annunciando ripetutamente contributi tedeschi più elevati verso l’Europa, da concedere unilateralmente e incondizionatamente e promettendo generalmente una fine all’austerità attraverso un aumento degli investimenti senza specificare di che tipo. Quando Schulz fece sapere che stava progettando di succedere a Gabriel come ministro degli esteri, i giornali italiani furono estasiati dalla prospettiva di un governo tedesco “veramente europeo”. Infine, la Germania sarebbe stata disposta a riciclare il surplus commerciale tedesco – presumibilmente situato nel seminterrato della Bundesbank – verso dove apparteneva legittimamente, in Italia. 17 (Alcuni giorni dopo, Schulz è scomparso nel vortice del post-elezioni dell’SPD)
Aspettative come queste fanno parte del difficile lascito europeo della Merkel e del suo partner di coalizione, l’SPD, che ora dovranno essere approntate in modo doloroso. Dopo la scomparsa di Schulz, la nuova stella della SPD e’ diventata Olaf Scholz, designato per essere ministro delle finanze e per rappresentare l’SPD nel gabinetto come vice cancelliere. Scholz, a differenza di Schulz, è un politico esperto che era stato ministro del lavoro a Berlino e in precedenza era stato sindaco di Amburgo (un Land sotto la costituzione tedesca). Scholz, socialdemocratico fiscalmente conservatore, è stato uno dei manager dell’agenda di Schröder nel 2010. Nonostante abbia conosciuto in prima persona i problemi che i Länder e le comunità locali hanno nel chiudere in pareggio i loro bilanci, Scholz è un sostenitore vigoroso del “freno all’indebitamento” che la Germania si è auto imposta, a livello nazionale e di Länder. Tuttavia, dopo la scomparsa di Schulz, la stampa europea ha scelto di essere entusiasta di Scholz – nella convinzione che, con Schulz o Scholz, l’SPD nel governo si sarebbe attenuto alla sua retorica sulle responsabilità tedesche per l’assorbimento degli shock, gli investimenti e la solidarietà.
Dalla connessione francese. . .
Gli inglesi non si sono mai preoccupati molto dell’UE, a patto che non diventasse eccessivamente unita e che ottenessero il loro sconto annuale. Ma assicurarono nei suoi ranghi un minimo di diversità e multipolarità che fu segretamente apprezzato dal segmento meno francofilo e più “atlantista” della classe politica tedesca, specialmente la sua ala ordoliberale. Dopo la Brexit, tuttavia, è rimasto solo uno Stato membro dell’UE che è una potenza nucleare e che detiene un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Quello stato non è la Germania, e non ci sono indicazioni che la Francia considererà l’europeizzazione del proprio veto nel Consiglio di sicurezza o della Force de frappe (la forza di dissuasione nucleare francese), o comunque condividendole con la Germania. In Germania ci sono correnti politiche che possono tollerarlo, in primis gli eredi della tradizione “gollista” degli anni ’60 che considerano il rapporto speciale tra Francia e Germania come motore e obiettivo dell’integrazione europea. 18 Per quanto riguarda la Merkel, la sua principale priorità è la sopravvivenza del mercato unico europeo e dell’euro, per cui è disposta a pagare qualsiasi prezzo finché potrà permetterselo politicamente. 19 Né sembra essere impressionata o offesa dallo sfarzo militare e diplomatico di stampo francese. Dal 2017, tuttavia, lei e il suo governo stanno affrontando un nuovo, molto ambizioso sforzo da parte della Francia sotto il presidente Macron per rilanciare l’integrazione europea sotto la leadership francese, uno sforzo che cresce ed è inseparabilmente legato al progetto di “riforma” interno di Macron.
Le idee francesi sullo stato, sull’Europa e sulla legittimità degli interessi nazionali differiscono significativamente da quelle tedesche. Dalla fine della seconda guerra mondiale, l’obiettivo principale della politica francese è stato quello di vincolare la Germania, o ciò che ne è rimasto, in un’Europa a guida francese. 20 Mentre la Francia fornirebbe alla Germania una rappresentanza internazionale attraverso le istituzioni europee, la Germania fornirebbe alla Francia, o ad una Europa guidata dalla Francia, la sua abilità economica. L’Europa che doveva essere unita al piu’ presto è stata concepita, di fatto, come un’estensione dello stato francese, così come la Commissione di Bruxelles è stata concepita come un sotto-dipartimento della tecnocrazia francese. Che la Francia insistesse nel difendere la propria sovranità nazionale non era, da una prospettiva francese, mai un problema. 21 Ad esempio, quando l’adesione britannica minacciava di interferire con la concezione di un’Europa integrata come una specie di Grande Francia, Charles de Gaulle pose il veto. La successiva riluttanza da parte dei governi francesi a discutere la finalité dell’integrazione europea sembra essere dovuta in parte alla mai risolta questione se sia possibile creare una costruzione europea che possa includere gli stati europei del nord senza compromettere il dominio francese. Il federalismo tedesco del dopoguerra rimase estraneo alle idee politiche francesi come l’ordoliberalismo economico, nonostante l’ammirevole esposizione di Foucault. 22 Per molto tempo le differenze furono insabbiate dalla felice acquiescenza dei tedeschi all’abitudine francese di rassicurarsi sulla loro supremazia generale attraverso elaborati ritualismi, compresi test nucleari, e l’evocazione della loro tradizione imperiale.23
Un altro aspetto delle relazioni franco-tedesche divenne particolarmente importante dopo l’unificazione tedesca. Per alcune parti della classe dirigente francese a quel tempo, compresi i socialisti dopo la rinuncia di François Mitterrand al keynesismo, l’economia tedesca non era solo una risorsa utile per una potente Europa guidata dalla Francia, ma un modello per la Francia da emulare attraverso “riforme strutturali” ad aumentare la competitività francese. Per forzare tali riforme sulla loro riluttante società, i governi francesi dalla metà degli anni ’80 hanno cercato di ottenere l’aiuto della Bundesbank collegando il franco al marco tedesco. 24 Ma questo non poteva che essere poco più di un espediente temporaneo poiché il “vincolo esterno” così creato rischiava di essere troppo forte e troppo debole: troppo forte, perché probabilmente avrebbe creato problemi di aggiustamento ingestibili per l’industria francese; troppo debole, perché non escludeva del tutto la svalutazione. Per questo Mitterrand mandò il suo ministro delle finanze, Jacques Delors, a Bruxelles per preparare, come presidente della Commissione europea, l’introduzione di una moneta comune europea. 25 Quando Kohl sentì di aver bisogno dell’assenso francese per la riunificazione tedesca, Mitterand chiese in cambio l’unione monetaria e Kohl ha forzatamente esautorato la Bundesbank e ha aperto la strada all’euro.
Fin dall’inizio, la politica francese sull’unione monetaria era afflitta da una contraddizione fondamentale. Quando la Banca centrale europea ha sostituito la Bundesbank come banca centrale de facto dell’Europa, l’unione monetaria è stata venduta in Francia e nei paesi mediterranei, con due obiettivi allo stesso tempo contrastanti, a seconda del pubblico e delle occasioni: da un lato, aiutare le economie europee a riformare se stesse, per diventare competitive quanto la Germania; d’altra parte, per porre fine una volta per tutte alla dittatura della stabilità tedesca. Quest’ultimo ha significato un passaggio verso una politica fiscale e monetaria più “orientata all’occupazione” e socialmente accomodante – in effetti, un approccio politico più guidato dalla politica piuttosto che guidato dalle regole. Analogamente al suo ritiro dalla Comunità di Difesa Europea nel 1954, la Francia – sempre all’erta sulla sua sovranità nazionale – si è tirata indietro dall’incorporare l’unione monetaria nell’unione politica, come suggerito da Kohl. Di conseguenza, i paesi le cui élite non erano in grado di sostenere le “riforme strutturali” richieste da una moneta forte in stile tedesco erano condannati a soffrire economicamente, poiché non avevano più la possibilità di ripristinare la propria competitività adeguando occasionalmente il loro tasso di cambio. Quando ciò causò la resistenza “populista” all’euro, i governi nazionali iniziarono a incolpare della loro situazione il quadro giuridico teutonico-germanico del trattato di Maastricht. Alla fine ciò portò alla richiesta ai fanatici dell’austerità tedesca di compensare i paesi meno fortunati per i costi che dovevano sopportare a causa dell’ossessione tedesca per la stabilità monetaria.
. . . all’abbraccio francese
L’ascesa di Macron ha aggiunto nuovi aspetti alle relazioni franco-tedesche che creano ulteriori complicazioni. Dopo che Macron ha ottenuto l’incarico nel maggio 2017, è diventato un luogo comune nel mainstream politico tedesco che, dopo due presidenti ad un solo mandato, Nicolas Sarkozy e François Hollande, lui fosse l’ultima difesa della Germania contro un’anti-tedesca, un’anti-europea e forse anche anti-euro Francia. Se Macron dovesse fallire, per essere sostituito da Jean-Luc Mélenchon o Marine Le Pen, o da altri “populisti” di sinistra o di destra, l’euro fallirebbe. E come la Merkel non si stanca mai di ripetere: “Se l’euro fallisce, l’Europa fallisce”.
Paradossalmente, è proprio la sua vulnerabilità politica interna, dovuta alla sua sottile base elettorale e alla fragilità del suo personale partito, che conferisce a Macron un potere contrattuale senza precedenti in relazione alla Germania. 26 Ciò si rifletteva nella prominente presenza di dichiarazioni europeiste di Macron in Germania durante l’interregno postelettorale. Ogni volta che i colloqui della coalizione minacciavano di bloccarsi, la Merkel, i Verdi, e, in seguito, la dirigenza dell’SPD insistevano che la Germania “doveva una risposta” alle “lungimiranti” e “coraggiose” visioni europee di Macron e alla sua “mano tesa” (una frase ripetuta ancora e ancora).
Non può essere sottovalutato il modo in cui l’Europa e la Germania sono fondamentali per Macron, anche per la sua politica interna. Per esprimere il suo senso di urgenza, Macron ha programmato un discorso pubblico sull’Europa per il 25 settembre 2017, il giorno dopo le elezioni tedesche, ovviamente aspettandosi che la Merkel avrebbe ottenuto un altro mandato certo per allora. Se il contenuto del discorso, dato agli studenti della Sorbona, fosse stato discusso con la Merkel in anticipo, non si può sapere; certamente, è stato elaborato con cura per adattarsi all’europeismo tedesco, nascondendo i conflitti dietro la retorica decifrabile, se non del tutto, solo agli iniziati. Nel discorso, Macron più apertamente di prima si è impegnato verso una versione tedesca dell’europeismo francese, basato sulla credenza nell’effetto salutare che la riforma economica tedesca avrebbe avuto sulla Francia. In questa visione, le concessioni tedesche sarebbero assicurate non attraverso un’alleanza politica con altri paesi mediterranei, formando una maggioranza strutturale in una zona euro “democratizzata” (come previsto dalla sinistra francese), ma dalla restaurata fede tedesca nel riformismo francese. Come una prima misura di rafforzamento della fiducia, Macron suggerì che Francia e Germania rinnovassero il trattato sulla cooperazione franco-tedesca, firmato il 22 gennaio 1963 da Konrad Adenauer e Charles de Gaulle, noto anche come trattato dell’Eliseo o (in particolare in Germania) il Trattato di amicizia franco-tedesco. Questo è stato accolto entusiasticamente in Germania per il suo valore cerimoniale e sentimentale. Per riempire il vuoto durante l’interregno della Merkel, il Bundestag ha celebrato il cinquantacinquesimo anniversario (!) del Trattato nel gennaio 2018, con un discorso del presidente dell’Assemblée nationale, consegnato, in perfetto tedesco, a un’assemblea piena. Più tardi quello stesso giorno, una delegazione di membri del Bundestag ha partecipato a una sessione parallela a Parigi, dove Wolfgang Schäuble ha parlato come presidente neoeletto del Bundestag. Questa volta, tuttavia, l’auditorium era quasi vuoto, qualcosa che i media tedeschi cercarono di nascondere come meglio potevano.
La risoluzione congiunta dei due parlamenti approvata in occasione dell’ “anniversario” del trattato presenta una lista pressoché infinita di progetti comuni “pratici” (cioè di facile realizzazione), ad esempio per facilitare ogni tipo di scambio e cooperazione transfrontaliera a livello locale; come gli asili nido franco-tedeschi nelle zone di confine. Molti di questi progetti compaiono anche nel discorso della Sorbona di Macron, ma lì servono come imbottiture per una serie di iniziative di alta politica che sono, a vari livelli, difficili per la parte tedesca. Questi ultimi comprendono la cooperazione militare contro il terrorismo, accompagnati da un aumento degli aiuti allo sviluppo economico. In particolare, Macron propone una “capacità operativa autonoma” della UE, “in complemento alla NATO”, sulla base e l’estensione della cosiddetta cooperazione strutturata permanente (PESCO) tra gli stati membri della UE inaugurata nel 2016. A differenza della NATO, la nuova forza di difesa europea potrebbe essere schierata ovunque, per qualsiasi motivo e indipendentemente dagli Stati Uniti. Per la Germania, questo probabilmente implicherà una presenza più forte delle truppe di terra tedesche nelle guerre postcoloniali di quella che si chiamava Françafrique. 27
L’avversione pubblica nei confronti di spedizioni militari in luoghi lontani e’ molto radicata in Germania. Sebbene i Verdi e l’FDP insisteranno su una severa supervisione parlamentare, e l’AfD e il Linkspartei saranno contrari tout court, alla fine Macron otterrà quello che vuole, se non altro perché questo è qualcosa che deve ottenere. Lo stesso può essere vero per la sua richiesta di porre fine all’immigrazione clandestina attraverso le frontiere esterne della UE. Dopo vari episodi terroristici all’inizio del 2018, Macron ha adottato una serie di misure per ridurre drasticamente il numero di immigrati che entrano in Francia. Ottenere l’Europa per sigillare il confine europeo sarebbe un’estensione della sua politica nazionale e renderla più efficace. Tale politica è tuttavia incompatibile con quella tedesca dell’immigrazione senza tetto per i richiedenti asilo, anche con la versione annacquata che è entrata a far parte dell’accordo di coalizione del 2018. Ma mentre la protesta dei socialdemocratici, dei verdi e della sinistra è certa, la CSU – ora responsabile del ministero degli Interni – e anche la leadership dell’SPD saranno grati ai francesi per aver precluso la ripetizione della politica sui rifugiati del 2015 della Merkel e sarà felice di pagare per controlli di frontiera europei più severi.28
Le cose sono molto diverse rispetto all’altra grande iniziativa di Macron, molto probabilmente quella più a lui cara, che richiede un rapido completamento dell’unione bancaria con un budget separato, un ministro delle finanze europeo e un parlamento per la zona euro. Quel pacchetto esiste da un po’ di tempo, in vari formati.29 La Merkel, in modo tipico, l’aveva accolto pubblicamente mentre lavorava internamente per ridefinirlo in base alle esigenze e agli interessi tedeschi. Ciò che l’ha aiutata è che Macron si era astenuto dall’essere eccessivamente specifico su dettagli cruciali, almeno in pubblico. Si diceva, tuttavia, che l’unione bancaria avrebbe in qualche modo distribuito la responsabilità per i crediti inesigibili, in particolare quelli accumulati dalle banche italiane, a livello europeo30. È stato anche riferito che il bilancio della zona euro, finanziato da tasse e, forse, debito, sarebbe arrivato fino al 3% del PIL della zona euro.31 Inoltre, questo budget sarà speso dal ministro delle finanze europeo per investimenti e per “solidarietà europea” di un tipo ancora non specificato, come determinato da una maggioranza parlamentare della zona euro.32 E’ facile vedere che, da una prospettiva tedesca, questo potrebbe sembrare aprire un percorso per eludere i limiti del debito nazionale e consentire alle istituzioni dell’eurozona di avere un debito garantito, in ultima analisi, dagli stati membri economicamente forti. La Merkel, cercando di non rendere la vita politica domestica di Macron ancora più difficile, sembra essere stata pronta a concedere il ministero delle finanze e il bilancio, ma solo a condizione che il primo si impegni a far rispettare il Fiscal Compact, in particolare il suo limite di debito. Il budget, nel frattempo, rimarrebbe piccolo e potrebbe essere dedicato solo a scopi specifici, dettagli da risolvere successivamente.33 In molti modi, ciò avrebbe trasformato la proposta francese nel suo opposto.
Come indicato, un tema ricorrente durante l’interregno della Merkel era che la Germania aveva bisogno di un nuovo governo il più presto possibile, per essere in grado di rispondere alle proposte di Macron per la riforma europea. Tuttavia, solo nella primavera 2018 i piani francesi iniziarono a essere seriamente studiati in Germania, e discussi con la Francia.34 Quanto difficile fosse la politica postelettorale tedesca si può vedere confrontando i vari documenti emersi dai discorsi su una nuova coalizione. La bozza “Giamaica” del 15 novembre 2017 prometteva “un adeguato contributo tedesco al bilancio dell’UE”, escludendo esplicitamente “strumenti per i trasferimenti automatici o la mutualizzazione del debito”. Questo era tutto, poche righe su sessanta pagine densamente scritte. Due mesi dopo, CDU, CSU e SPD hanno cercato di trovare un equilibrio tra le concessioni all’UE e alla Francia. All’Unione europea hanno promesso, tra le altre cose, maggiori poteri al Parlamento europeo e maggiori contributi tedeschi al bilancio generale dell’UE. A vantaggio della Francia, hanno aggiunto “il rafforzamento e la riforma della zona euro affinché l’euro possa meglio resistere alle crisi globali”. A tal fine hanno previsto di sviluppare “il meccanismo europeo di stabilità attraverso un Fondo Monetario Europeo, sotto il controllo parlamentare e ancorato a livello di legge comunitaria”. (Le istituzioni separate, formali o informali, per la zona euro sono anatemi per la Commissione.) Hanno anche impegnato la Germania ad “andare avanti con la sola Francia” in aree in cui l’UE a 27 Stati membri non è in grado di agire.
Solo un mese dopo, tuttavia, i venti avevano iniziato a cambiare.35 L’accordo di coalizione, concluso il 7 febbraio e firmato il 12 marzo, dedicò solo 4, sebbene le prime 4, di 179 (!) Pagine a “Un nuovo inizio per l’Europa “, seguendo il protocollo ma con modifiche significative. Più prudente rispetto al suo predecessore, prevedeva “specifiche disposizioni di bilancio per la stabilizzazione economica e la convergenza sociale, anche per sostenere le riforme strutturali nell’Eurozona, come possibile punto di partenza per un futuro bilancio di investimento dell’Eurozona.” Inoltre, a differenza del protocollo, l’accordo ha sottolineato l’importanza del patto di stabilità e crescita e ha chiesto che “assunzione di rischi e responsabilità” non siano separati. Riguardo a un futuro Fondo monetario europeo, ha mantenuto il punto del protocollo, ma ha aggiunto come condizione che “i diritti dei parlamenti nazionali rimangano integrali”.
Ancora più sobrio è stato il lungo avvio ufficiale del Merkel IV. Euro-entusiasti e, senza dubbio, l’Eliseo avevano reagito con entusiasmo al fatto che la SPD si era assicurata sia il ministero degli esteri sia il ministro delle finanze. Ma ci volle solo un giorno in ufficio per il nuovo peso massimo dell’SPD, Olaf Scholz, per dichiarare in un’intervista a un quotidiano con riferimento all’Europa che, “Un ministro delle finanze tedesco è un ministro delle finanze tedesco”. 36 Scholz non perse nemmeno l’opportunità di impegnarsi pubblicamente sul lascito del suo predecessore di uno schwarze Null (uno “zero nero”), ovvero un bilancio in pareggio, per l’intera durata. Per assicurarsi che fosse correttamente capito, rinominò l’architetto della politica di bilancio equilibrata di Schäuble, Werner Gatzer, come uno dei suoi quattro segretari di stato.37
Quanto siano distanti le posizioni franco-tedesche è ulteriormente indicato dalle sezioni della politica di bilancio del protocollo CDU / CSU / SPD e dall’accordo di coalizione, che riflettono la crescente influenza di Scholz dopo la scomparsa di Schulz. Qui è prevista un’eccedenza di bilancio di 46 miliardi di euro per i quattro anni del mandato (2018-21), tutti assegnati a vari progetti di politica interna.38 Non sono previste disposizioni per contributi più elevati al bilancio UE post-Brexit,39 figuriamoci per un Fondo monetario europeo o un bilancio separato per la zona euro. Se, come sembra, il budget dell’area dell’euro dovesse avere la funzione di eludere i limiti del debito nazionale, qualcosa di simile agli Eurobond, sarà respinto dal Ministero delle Finanze, se non altro perché si può ritenere che violi la costituzione tedesca. Poiché i finanziamenti a livello europeo con imposte armonizzate tra i vari stati sono lontane da venire, tutta la Germania può concedere qui un piccolo contributo fiscale, per lo più simbolico, con, forse, una promessa di ulteriore finanziamento in futuro. Si può dubitare che questo sarà sufficiente per Macron. Inoltre, la resistenza tedesca sarebbe stata sostenuta e richiesta da una “Alleanza del Nord” organizzata dai Paesi Bassi e comprendente l’Irlanda, i tre paesi scandinavi, i tre Stati baltici e l’Austria, un gruppo che si è incontrato all’inizio di marzo per esprimere la propria preoccupazione per un possibile riavvicinamento tra Germania e Francia.40 D’altro canto, se le modifiche al Trattato non dovessero passare, la Francia potrebbe esortare la Germania ad aderire comunque alle sue riforme, come espressione dell’amicizia franco-tedesca, invitando altri paesi a unirsi più tardi.
Allo stato attuale, qualsiasi spesa aggiuntiva per l’Europa richiesta alla Germania deve essere reperita nel bilancio generale e quindi ridurre la spesa interna. Trasferimenti segreti agli Stati membri dell’UE attraverso la BCE, la Banca europea di sviluppo o un Fondo monetario europeo sono a rischio di essere denunciati pubblicamente dai due partiti meno europeisti all’opposizione, FDP e AfD. Lo stesso vale per i finanziamenti statali della BCE in caso di elusione di Maastricht, per i quali il governo tedesco dovrà passare al vaglio della Corte Costituzionale più spesso di quanto non sia successo in passato. Ovviamente si possono immaginare tutti gli altri tipi di manovre fiscali con cui fare assegnazioni all’Europa, specialmente nel nome dell’amicizia franco-tedesca. Ma con la nuova composizione del Bundestag e del SPD che cerca disperatamente di ritrovare il favore degli elettori della classe operaia e della classe medio-bassa, le possibilità di manovra della Merkel sembrano estremamente ridotte.
Note:
14 Il reddito pro capite della Germania dell’Est è stato per molti anni circa tre quarti della media tedesca, nonostante i trasferimenti finanziari annuali per circa il 4% del PIL tedesco. Le implicazioni della tenace persistenza delle disuguaglianze regionali persino in uno stato federale come la Germania per la politica e l’economia della zona euro sono raramente discusse. Guarda Wolfgang Streeck and Lea Elsässer, “Monetary Disunion: The Domestic Politics of Euroland,” Max Planck Institute for the Study of Societies, Cologne (2014), Discussion Paper 14–17.
15 Johannes Becker and Clemens Fuest, “Deutschlands Rolle in der EU: Planloser Hegemon. Ein Gastbeitrag,” Frankfurter Allgemeine Zeitung, December 13, 2016.
16 La Germania paga la maggior parte dei costi della politica agricola comune (PAC), di cui ha beneficiato principalmente la Francia, in cambio di mercati aperti per il suo settore manifatturiero.
17 Si potrebbe sospettare che ciò sia stato in gran parte per impedire una maggioranza anti-euro nelle prossime elezioni italiane. Se lo fosse, ha fallito in modo spettacolare. Vedi sotto.
18 L’esponente più importante di questa tradizione è Schäuble. Si può dire che i “gollisti” tedeschi provengono per lo più dal sud-ovest tedesco, l’area vicina al confine francese. Qui i ricordi dell’occupazione dopo il 1918 e il 1945 possono ancora persistere, dando origine a un desiderio di precludere una ripetizione una volta per tutte.
19 È un argomento a sé stante perché la Merkel non ha fatto di più per prevenire Brexit. Forse per compiacere i paesi dell’Europa orientale, ha rifiutato le concessioni sulla migrazione intra-UE a David Cameron che pensava di poter vincere il referendum. In seguito lasciò i negoziati sulla Brexit ad un alto funzionario francese, Michel Barnier, che apparentemente era desideroso di rendere l’uscita della Gran Bretagna dall’UE il più dolorosa possibile. Si noti che una volta che la Brexit sarà efficace, gli Stati membri dell’Europa settentrionale rappresenteranno solo il 30% della popolazione complessiva dell’UE, cinque in meno del necessario per un veto ai sensi del Trattato di Maastricht. La quota dei paesi mediterranei aumenterà al 43%: vedi Hans-Werner Sinn, “Brexit, Deutschland und die Zukunft der EU,” Frankfurter Allgemeine Zeitung, February 23, 2018.
20 Wolf Lepenies, Die Macht am Mittelmeer: französische Träume von einem anderen Europa (München: Carl Hanser Verlag, 2016).
21 Tuttavia, ha impedito all’ultimo minuto la Comunità europea di difesa (CED) negoziata nel 1952 da Francia, Germania occidentale, Italia e paesi del Benelux. Due anni dopo, l’Assemblea nazionale francese non ha ratificato il trattato, per le preoccupazioni sulla sovranità nazionale francese. Di conseguenza, la Germania occidentale entrò a far parte della NATO e l’EDC fu sostituita dalla Comunità economica europea (CEE), creata dal trattato di Roma nel 1957.
22 Michel Foucault, The Birth of Biopolitics: Lectures at the Collège de France, 1978–79 (London: Palgrave Macmillan, 2008).
23 I tedeschi, che sono probabilmente più austeri di chiunque altro quando si tratta di manifestazioni simboliche di potere, perdonano ai loro amici francesi eventi come le parate militari che celebrano le sconfitte tedesche nel 1918 e nel 1945 notando, con un sorriso, che non ci si puo’ arrabbiare con loro perché sono una “grande nazione”. La barzelletta è che i francesi stessi non sembrano mai usare quel termine. Ciò che rimane nella memoria collettiva tedesca e viene citato solo con un po ‘di imbarazzo è il discorso di de Gaulle sulla sua prima visita di stato nella Germania occidentale nel settembre 1962, quando in una manifestazione pubblica a Bonn ha esortato i presenti, in uno stile retorico caratteristico, a considerarsi “figli e figlie di eines großen-jawohl, eines großen Volkes” (di un grande, sì, un grande popolo).
24 Bruno Amable, Structural Crisis and Institutional Change in Modern Capitalism: French Capitalism in Transition (Oxford: Oxford University Press, 2017).
25 Le élite politiche ed economiche italiane consideravano anche l’euro un vincolo esterno desiderabile che li avrebbe aiutati a disciplinare i loro cittadini indisciplinati, in particolare i sindacati.
26 Nel primo turno delle elezioni del 2017, Macron ha ricevuto non più del 24% dei voti, seguito da Le Pen (21.3), Fillon (un centristo conservatore, 20.0) e Mélenchon (19.6).
27 Non si sa bene se l’UE avrebbe potuto essere coinvolta per questo con il Regno Unito ancora membro. Si noti che Macron all’inizio del suo mandato indicava la sua volontà di aumentare la spesa per la difesa complessiva della Francia al 2% del PIL. La soglia del 2% era stata concordata anni prima in un meeting del vertice della NATO nel 2014, come obiettivo per tutti i membri della NATO, dopo la pressione degli Stati Uniti. L’aumento è stato e continua ad essere altamente impopolare in Germania. Nell’agosto 2017, l’allora ministro degli esteri e leader SPD, Sigmar Gabriel, dichiarò che l’obiettivo del 2% era completamente pazzo, accusandolo Trump, sebbene in realtà fosse stato adottato sotto Obama. Nell’accordo di coalizione “Merkel IV”, i partner si sono impegnati a “raggiungere l’obiettivo degli accordi nella NATO”. Non vi è, tuttavia, alcuna dotazione di bilancio per questo oltre a un simbolico 2 miliardi di euro per i prossimi quattro anni.
28 In effetti, per la stessa Merkel, l’intervento di Macron potrebbe essere una soluzione per salvare la faccia da una situazione autoinflitta. Al vertice UE del 22-23 marzo 2018, non ha più insistito sulle quote di rifugiati per l’Europa orientale e ha invece accettato contributi finanziari per maggiori controlli alle frontiere.
29 Per una critica dettagliata della proposta francese nella forma “pro-europea” del prossimo accordo di coalizione “Merkel IV”, si veda la lettera del Comitato consultivo scientifico del Ministero degli Affari economici al Ministro della Difesa del 20 dicembre , 2017, e l’articolo di un membro del consiglio direttivo, Martin Hellwig, in Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung dell’11 marzo 2018, intitolato “Viel Vages zu Europa”.
30 La risposta di Scholz fu rapida ed identica a quella di Schäuble nell’ultimo decennio: un’unione bancaria impiegherebbe molti anni per essere messa in piedi, e in ogni caso avrebbe dovuto attendere fino a quando i rischi che risiedevano nei sistemi bancari nazionali più deboli fossero stati presi in considerazione. Politicamente, il problema era l’alto tasso di risparmio delle famiglie tedesche e la paura degli elettori tedeschi che i loro risparmi sarebbero stati utilizzati per coprire le passività di istituzioni finanziarie scarsamente regolamentate in altri paesi.
31 L’attuale bilancio dell’UE nel suo insieme ammonta a poco più dell’1 percento del PIL dei membri. I trattati stabiliscono un limite massimo dell’1,2 percento. Sembra che questo sia ciò che la Commissione ha in mente per l’UE post-Brexit.
32 Nell’indirizzo della Sorbona, la proposta si legge come segue: “Se vogliamo ridurre le nostre differenze e sviluppare i nostri beni comuni… , tra le quali la nostra moneta, [loro ]devono essere finanziati. E quindi abbiamo bisogno di maggiori investimenti, abbiamo bisogno dei mezzi per fornire stabilità di fronte agli shock economici, in quanto nessuno Stato può affrontare da solo una crisi economica quando non controlla più la sua politica monetaria. Quindi, per tutti questi motivi, sì, abbiamo bisogno di un bilancio più forte all’interno dell’Europa, nel cuore dell’Eurozona… Le tasse europee nel campo digitale o ambientale potrebbero quindi costituire un’autentica risorsa europea per finanziare la spesa comune. E oltre a questo, dobbiamo discutere in parte assegnando almeno una tassa a questo bilancio, come la tassa sulle società una volta che è stata armonizzata. “Ovviamente in previsione dell’opposizione tedesca, Macron ha continuato:” La solidarietà richiesta per un budget deve essere combinata con un aumento responsabilità, che inizia osservando le regole che ci siamo dati e attuando le riforme essenziali. Un bilancio deve essere posto sotto la forte guida politica di un ministro comune ed essere soggetto a un rigoroso controllo parlamentare a livello europeo “.
33 Anche se sarebbe probabilmente più grande di quello che la Commissione sotto Juncker è disposta a mettere da parte per l’UEM, che sembra essere solo 300 milioni di euro all’anno.
34 Poco prima del vertice UE previsto per il 22 marzo 2018, è stato reso noto che l’annunciata presentazione di una proposta di riforma congiunta dell’UE da parte di Macron e Merkel è stata annullata. Il motivo addotto era che il personale dei ministeri tedeschi competenti non aveva avuto abbastanza tempo per i preparativi finché i negoziati di coalizione erano ancora in corso.
35 Forse anche perché la formulazione del protocollo deve aver allarmato gli stati membri dell’Europa settentrionale che in passato si erano schierati con la Germania contro i tentativi del Mediterraneo di trasformare l’UEM in una “unione di trasferimento”.
36 Cerstin Gammelin e Nico Fried, “Olaf Scholz nell’Intervista: ‘Politik ist keine Vorabendserie,'” Süddeutsche Zeitung, 16 marzo 2018. Scholz ha aggiunto che “Non possiamo e non vogliamo pagare per tutti”. Questo attegiamento non è cambiato negli addetti ai lavori. Il 3 marzo, il Frankfurter Allgemeine riferì che Pierre Moscovici, ex ministro delle finanze francese e ora membro della Commissione europea responsabile degli affari economici e valutari, aveva fatto notare che Scholz sarebbe stato esattamente come Schäuble.
37 Gatzer, che aveva lasciato le elezioni per il consiglio direttivo della Deutsche Bahn, sarà responsabile del bilancio, come era sotto Schäuble. Un segretario di stato è un funzionario di grado più elevato, che riferisce direttamente al ministro.
38 Sono previsti ulteriori 8 miliardi di euro, nascosti nel testo, per aiutare i Länder e le comunità locali per gli immigrati del 2015-16.
39 Sebbene Scholz e Schulz abbiano ripetutamente affermato che la Germania avrebbe pagato generosamente. Il deficit di entrate dopo la Brexit ammonterà a circa dieci miliardi di euro netti all’anno, nel 2020. Contributi politicamente più alti in Germania possono essere presentati come pagamento di migliori controlli sull’immigrazione alle frontiere esterne dell’UE, segnalando agli elettori che l’apertura dei confini del 2015 non puo’ essere ripetuta.
40 Hanno inoltre insistito affinché i contributi dell’UE venissero tagliati piuttosto che aumentati dopo la Brexit.
Link all’articolo originale: https://americanaffairsjournal.org/2018/05/europe-under-merkel-iv-balance-of-impotence/?fbclid=IwAR2CgMzMynQpcSBY7G0gRwwJcpRvohMeJjP7lrO3vdP3Ple_Nc6VgrVqkRc
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