Polarizzazioni e gioco delle parti: niente di nuovo sul fronte della Seconda Repubblica
di ROSSANO FERRAZZANO (FSI Varese)
La scelta di Salvini di pubblicare il suo ultimo libro presso una casa editrice neofascista fa parte del fenomeno vistosamente pianificato di polarizzazione che ha accompagnato e costruito l’ascesa della Lega di Salvini. Quella Lega che i media chiamano sovranista e che sarebbe invece appropriato definire nazionalista ma in modo ancor più pregnante opportunista, poi approdata insieme al M5S al governo battezzato “del cambiamento”.
Tuttavia la discontinuità fra il governo attuale e quelli precedenti non è sostanziale: nonostante certi toni elettorali che hanno fatto sperare molti, come era facile prevedere governa sempre il vincolo esterno, governa il Trattato di Maastricht. Il deficit pubblico, i cordoni della borsa, li tiene ancora la Commissione Europea. Chi parla di Terza Repubblica vende fumo, siamo ancora e sempre nella Seconda Repubblica, e vi rimarremo fino a che aderiremo al Trattato di Maastricht.
Dunque la polarizzazione che caratterizza questa fase della politica italiana, diversa ma non nuova, è di natura prettamente simbolica ed emotiva, seguendo l’essenza narrativa, mimetica e cosmetica tipica dei partiti della Seconda Repubblica. Tuttavia Il suo esito politico è tutt’altro che superficiale. La polarizzazione fra neo-fascisti (veri come Casa Pound o presunti come la Lega) e liberali taglia infatti fuori i socialisti dal quadro interpretativo della politica italiana. Essendo al di fuori dell’inquadratura, nella società dell’immagine i socialisti semplicemente non esistono.
Tale polarizzazione fra neo-fascisti e liberali funziona perfettamente come diverso ma non nuovo gioco delle parti, dopo che quello fra post-comunisti e liberali aveva retto perfettamente per tutta la prima parte della Seconda Repubblica, contrassegnata dalla falsa alternativa fra PD e PdL. Nel frattempo i liberali nominali sono passati da destra a sinistra, e questo ha spostato definitivamente fuori dal campo di gioco mentale il socialismo come spazio ideologico.
In sostanza i responsabili del marketing politico di Salvini sono evidentemente gente che si merita la pagnotta, e quelli del PD giocano molto volentieri di rimessa, confermando puntualmente l’intelaiatura cognitiva proposta dal teorico nemico politico. Fissando l’attenzione del pubblico e forzando l’adesione emotiva ad una delle due parti in commedia, la polarizzazione consolida -pur istericamente- il consenso intorno a soggetti politici che altrimenti mai potrebbero guadagnare o mantenere una tale popolarità. Così si spiega la presa della Lega in un meridione fino a ieri oltraggiato oltre ogni possibile decenza, e ancor di più si spiega la tenuta del PD che in quanto partito “di sinistra” ha perso ormai qualsiasi credibilità.
In tutto questo, il problema per la democrazia italiana dipende dal fatto che gli interessi strutturali legati al lavoro e allo stato sociale non si distribuiscono affatto lungo il fronte simbolico fra fascisti (antidemocratici per antonomasia, nonostante lo storico e ricorrente blaterare di interessi popolari) e liberali (antidemocratici quanto e più dei fascisti stessi). Gli interessi che dividono popolo italiano ed élite finanziarie si distribuiscono lungo il fronte sostanziale fra socialisti (che la lettura comparata fra Costituzione e Trattati colloca necessariamente fra i sovranisti) e liberali (europeisti per definizione, stante la relazione originaria fra fine e strumento).
Dunque esiste una sola via d’uscita dall’incastro a cui conduce la narrazione interna allo spazio liberale: riconoscere la natura teatralizzata e posticcia della polarizzazione costruita a quattro mani tanto dalla Lega quanto dal PD intorno all’immagine mediatica di Salvini.
Salvini non è fascista, è liberale.
Così come D’Alema non era comunista, era liberale.
Così come Berlusconi non era immorale, era liberale.
Non facciamoci scegliere il nemico dal sistema mediatico. Il nemico non è quello che i liberali si costruiscono di volta in volta, scegliendolo all’interno delle loro stesse fila per distrarre l’attenzione dalla sostanza di cui è fatta la Seconda Repubblica: il liberalismo obbligatorio imposto dal Trattato di Maastricht. Il nemico sono i liberali, denominati direttamente come tali, post-comunisti, neo-fascisti o altrimenti etichettati che siano. Il nemico è il Trattato di Maastricht. Il fronte su cui combattere la battaglia per la democrazia è dunque uno solo, l’unico anti-liberale.
Il fronte per il Recesso.
Commenti recenti