Ancora sull'europeismo di Giulietto Chiesa
Riceviamo e volentieri pubblichiamo
di Carlo Fulgheri
In merito al dibattito inerente la permanenza dell’Italia nella UE e nell’euro, se mi è consentito, vorrei esprimere le valutazioni di un cittadino qualunque che si sforza di orientarsi nel marasma di disinformazione dilagante. Innanzitutto vorrei esternare la mia delusione per la posizione assunta recentemente da Giulieto Chiesa, per il quale nutro una grande stima, ma, devo dirlo con estrema franchezza, qualora la sua linea dovesse prevalere all’interno di alternativa, ritengo inevitabile una scissione nel movimento e non potrebbe essere altrimenti, infatti, per coloro che hanno maturato la convinzione che le cause della nostra situazione attuale risiedano in quella scelta sciagurata, la necessità di dare un seguito coerente alle proprie convinzioni non lascerebbe altra scelta che andare per proprio conto.
Certo, ognuno ha il diritto di avere ed esprimere le opinioni che l’esperienza gli consente di maturare, ma le ragioni di opportunità non possono minare un progetto ancora in embrione, che si dichiara e vuole essere alternativo all’attuale modello neoliberista, che si propone di attuare la costituzione repubblicana attualmente saccheggiata e stravolta proprio sull’altare dell’adesione ai trattati. Nel momento in cui riconosciamo nella UE gli embrioni atti a generare un regime autoritario e nell’euro le cause della nostra disfatta; se siamo consapevoli che all’interno di questi meccanismi è impossibile invertire le tendenze che privilegiano le caste, allora è chiaro che i velleitari non sono coloro che vogliono uscirne ma chi si propone di correggere le incongruenze dall’interno, perché le fondamenta sono costruite appositamente per raggiungere lo scopo che vogliamo combattere. Tanto varrebbe a questo punto entrare nel PD e saltare tutto l’iter non certo roseo che ci separa dal raggiungimento di una massa tale da creare opinione, o addirittura incidere nella fase decisionale, considerato che anche all’interno di quel partito non mancano i riformisti riguardo ai trattati.
Personalmente sono del parere che le ragioni di opportunità potrebbero essere comprensibili in un quadro che ci vedesse preponderanti per le decisioni che ci riguardano, ma non è il nostro caso, al contrario, non ritengo possibile un coagulo attorno alle nostre posizioni se non nel momento in cui dovesse andare tutto a catafascio, prospettando a quel punto la necessità evidente di una nuova rinascita per il nostro paese, simile a quella conseguente alla fine della seconda guerra mondiale. Per quanto riguarda le affermazioni che vorrebbero le forze di destra prevalenti nel nostro paese mi permetto di esprimere dei dubbi. Certo, negli ultimi anni la sinistra non è certo stata egemone e sarebbe stato davvero un miracolo se ciò fosse avvenuto, considerate le forze politiche messe in campo e la visibilità che gli consente le stampa mainstream, ma questo fenomeno non si è certo attenuato con il nostro ingresso nella UE, anzi, la svolta reazionaria di cui siamo testimoni non sarebbe stata possibile prima di quella data, o perlomeno, avrebbe generato reazioni ben più massicce delle attuali. La verità è che siamo in assenza di punti di riferimento credibili e di un progetto condivisibile, e ancor più di un popolo consapevole con una sua identità, già nel nostro paese; come possiamo sperare di creare una massa critica in Europa, dove le differenze, i particolarismi, le diffidenze si accentuano in maniera esponenziale?
Dobbiamo prendere atto che non esiste un popolo europeo; non esiste solidarietà europea, esiste solo competizione, una peste che ci ha reso indifferenti alla tragedia del popolo greco e che fa presagire altrettanto nei nostri confronti e di tutti i perdenti di questa area geografica. Quando non esisteva ancora la UE i francesi erano nostri cugini e con i tedeschi intrattenevamo rapporti cordiali e una sorta di fratellanza ci univa agli altri popoli dell’Europa. Adesso ci si guarda in cagnesco addebitando ai vecchi amici, ora rivali, responsabilità e cialtronaggine e se la tragedia della seconda guerra mondiale aveva creato gli anticorpi che potevano evitare nuovi conflitti in Europa, ora, alla luce di ciò che è avvenuto nella ex Jugoslavia sappiamo che non possiamo più escludere nemmeno questa possibilità. Come si fa a credere possibile un ribaltamento degli attuali equilibri fidando nella sollevazione popolare, se i popoli sono così diversi e mossi da esigenze a volte contrapposte? E cosa dire degli effetti che talora provocano i movimenti, quando non hanno una identità precisa e non effettuano una scelta di campo netta? In Spagna gli indignados per cui avevamo tanto simpatizzato, sono riusciti unicamente a far eleggere un parlamento di destra che sarà ancora più solerte nell’ applicare le direttive della UE e da noi ogni scorreggia di Napolitano viene acclamata quasi fosse veramente il salvatore della patria e non il suo procuratore fallimentare ligio alle stesse direttive, e tutto ciò sta accadendo ora e probabilmente si accentuerà nell’immediato, mentre siamo all’interno della UE. E noi dovremmo preoccuparci di una svolta autoritaria qualora uscissimo dai trattati? Ci rendiamo conto o no, che la svolta è sotto i nostri occhi?
La presa di posizione di Chiesa e di tutti coloro che lo sostengono mi risulta incomprensibile, nel momento in cui gli scettici e i contrari alla UE aumentano di numero e, ne sono certo, se dovesse prevalere, ci metterebbe fuori gioco nell’inevitabile sequenza degli avvenimenti che si prospettano per il futuro: la frantumazione forzata, o l’unione coatta contro gli interessi dei popoli, perciò mi auguro un ripensamento e una scelta di rotta che non lasci adito a perplessità.
Sono essenzialmente in sintonia con lo spirito dell'articolo.
Volevo sottolineare due affermazioni che non trovo reali.
La prima è che le forze di destra non sono prevalenti nel nostro Paese. Mi risulta che la voce più a sinistra dell'attuale arco costituzionale, Nichi Vendola, abbia detto:
" Mi aggrappo con tutta la forza ad una parola chiave usata da Bersani e da Susanna Camusso: discontinuita’. Se un governo di transizione serve per fare il primo passo in questa direzione, allora evviva”
Se questa è sinistra……come vogliamo definire tutto il resto quindi?
La seconda affermazione dice che i popoli sono "mossi da esigenze a volte contrapposte". Non capisco di quale contrapposizione si stia parlando. A me risulta invece che tutti i popoli desiderino la pace e detestino quelle tensioni sociali che il modello di sviluppo attuale genera. In Grecia come in Germania le genti desiderano un lavoro, una casa, dei servizi sociali. Peccato che mentre in Germania tutto questo sia disponibile, in Grecia grazie alla cura Euro stia diventando tutto sempre più difficile.
Un saluto.
Caro Carlo,
intanto mi fa piacere che tu sia "un cittadino qualunque che si sforza di orientarsi nel marasma di disinformazione dilagante". E capisco la tua delusione per la posizione assunta da Giulietto Chiesa del quale hai grande stima, visto che coincide con la mia delusione, dovuta al fatto che Giulietto Chiesa di recente aveva proposto di uscire dall'euro e, sia pure in modo vago, di riprenderci la sovranità.
Non reputo esatto, però, che si imponga una scissione in caso di mancato ripensamento da parte di Chiesa e di coloro che si sono schierati sulle sue posizioni. Alternativa è essenzialmente un laboratorio politico. Non è un partito e nemmeno un movimento. Scissione è addirittura parola fuori luogo.
Certamente, è difficile che coloro che sostengono tesi opposte rispetto a quella che a mio avviso è la contraddizione principale (fuori o dentro dalla UE) possano stare nei gruppi dirigenti o partecipare ai dibattiti con l'entusiasmo che sarebbe necessario. Tuttavia, basta rimanere in posizione di ascolto e attendere; e magari dare un contributo relativo a profili secondari (insomma basta restare un semplice militante).
Infatti, è possibile impegnarsi diversamente per la battaglia che mi sta a cuore.
Ho organizzato già in ottobre l'assemblea di Chianciano, dove abbiamo discusso di questi temi molto approfonditamente. La mia idea era di costruire un'associazione trasversale, nella quale potessero confluire tutte le componenti sovraiste, nel campo accademico come in quello politico e, proprio per il carattere semplicemente associativo, avevo proposto a svariati amici di alternativa di entrare nell'associazione. Purtroppo i coorganizzatori dell'assemblea di Chianciano hanno deciso di prendere una strada che qui su appello al popolo (l'articolo è stato pubblicato in dicembre) ho giudicato frettolosa (la costituzione prematura e immediata di un movimento politico) e non inclusiva (il movimento si pone l'obiettivo del socialismo). Mi sono rimasti molti contatti di persone che avevano partecipato all'assemblea di Chianciano e che sono d'accordo con me. Altri mi hanno scritto. Ho poi stretto rapporti con la rivista indipendenza. Ho fiducia che un paio di economisti possano essere favorevoli a promuovere con me l'associazione.
L'associazione sarà in certo senso monotematica, anche se si tratta di tema dal quale tutto discende e la tessera di socio sarà compatibile con tessere di partito. Figuriamoci con la tessera di associazioni (arci) o laboratori politici.
Sono certo, d'altra parte, che tra meno di un paio d'anni, Alternativa muterà linea, abbracciando le nostre idee, e magari tutti coloro che oggi aderiscono alle posizioni di Chiesa si iscriveranno all'associazione.
Insomma di scissione non ha senso parlare e nemmeno di abbandono del laboratorio politico, nel quale ho conosciuto moltissime persone valide e nobili d'animo e con le quali intendo rimanere amico e che voglio continuare a frequentare.
Hai fatto bene, Stefano, a specificare il tuo pensiero sulla scissione. Avresti potuto farlo anche con maggiore nettezza, ma mi rendo conto che è questione di sensibilità. A me, come miltante di Alternativa e collaboratore di Appello, quel riferimento, quasi un auspicio alla scissione, da parte di chi non appartiene al movimento e non mi pare ne conosca le dinamiche interne, mi ha sinceramente dato molto molto fastidio. E mi aveva molto sorpreso vedere pubblicata su Appello una presa di posizione del genere.
Simone,
credo che Carlo non conoscesse a fondo la natura di Alternativa e abbia creduto che Alternativa fosse un vero e proprio movimento politico e non un laboratorio politico.
Muovendo dal punto di vista che Alternativa fosse un vero movimento politico, la frase criticata mi appare non soltanto dotata di senso ma quasi ovvia. Muovendo dalla reale natura di Alternativa, la scissione si esclude a priori.
Probabilmente siamo tutti un po' dispiaciuti o confusi per ciò che è accaduto, perché, se ben leggi, nella frase contestata, non c'era un auspicio che andasse oltre ciò che era logico coerente e incontestabile qualera fosse stato vero il presupposto dal quale muoveva Carlo (che Alternativa fosse un vero e proprio movimento politico). Ovvio che nel PD o persino nel PDCI (ma nemmeno tanto) possono coesistere posizioni diverse sul punto; ma in un movimento politico minuscolo che è allo stato nascente, le due opposte tesi sarebbero davvero incociliabili. D'altra parte l'auspicio di Carlo va in direzione opposta: "mi auguro un ripensamento e una scelta di rotta che non lasci adito a perplessità."
La lettera poi si caratterizza per il rigore del ragionamento (interessante il riferimento agli indignatos). Quindi perché non pubblicarla? Salvo, forse, il quotidiano del partito che rischia la scissione (ma si tratta pur sempre di censura), non vedo perché un giornale o un blog dovrebbe rifiutare una lettera soltanto perché essa contiene la valutazione di una scissione come inevitabile. Si può rispondere che non è inevitabile. O si può precisare che non vi è ragione anche soltanto per pensare alla scissione, perché non si tratta di un vero e proprio movimento politico. D'altra parte Carlo ha grande stima di Chiesa e dimostra di aver seguito il dibattito. Dove poteva indirizzare la lettera se non ad appello al popolo, a megachip, ad Alternativa o a uno dei pochi altri siti che hanno ospitato i contributi?