Note per un programma di politica economica e morale
di Stefano D’Andrea
Allego un elenco di obiettivi e soprattutto di concrete proposte che, a mio avviso, consentirebbero di promuovere: 1) una maggiore equità nella redistribuzione delle risorse; 2) l’autonomia e l’indipendenza del popolo e della nazione; 3) un riavvicinamento dei cittadini italiani alla loro Terra; 4) una concezione e una prassi della vita lente; e 5) la tutela sacra dell’infanzia. Poi svolgo poche brevi considerazioni sul complesso delle proposte.
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Un contadino siciliano deve poter vivere dignitosamente lavorando un aranceto di cinque ettari.
Il distretto tessile di Prato va ricostruito.
Altissimi indici di risparmio energetico devono essere imposti da una legge nazionale per le ristrutturazioni di immobili su tutto il territorio della nazione.
L’acqua e ogni altra bibita o succo possono essere venduti soltanto in bottiglie di vetro, con restituzione della cauzione alla riconsegna della bottiglia.
Ogni comune deve mettere a disposizione dei singoli nuclei familiari un terreno per un piccolo orto. Il nucleo che rifiuta di coltivare il terreno paga una tassa, se non dimostra che già coltiva un proprio orto.
Gli strumenti urbanistici devono prevedere, in ogni quartiere, campi incolti – che si aggiungono alle aree verdi – nei quali i bambini possano giocare senza che i genitori debbano pagare la suola calcio e senza essere istituzionalizzati da adulti (l’allenatore, per esempio) anche nel tempo del gioco.
Deve essere proibito il commercio delle bambole vestite come fate attillate (le winx) o come prostitute con gli zatteroni (le bratz).
Una legge nazionale deve dettare i criteri che le città devono seguire per espellere e/o limitare fortemente la circolazione delle automobili all’interno delle città.
Devono essere reintrodotti: le norme che disciplinavano la stabilità del rapporto di lavoro subordinato nel 1999; le licenze di commercio; il divieto di pubblicità e i limiti tariffari per l’esercizio delle libere professioni; la separazione tra banche d’affari e banche commerciali; l’equo canone.
Deve essere limitato il credito al consumo: tra mutui, scoperti bancari, finanziamenti (finalizzati e non), leasing, carte di credito e cessione del quinto dello stipendio, il capitale finanziario prestato non può superare il 30% del reddito e/o della rendita del debitore.
Devono essere fissate per legge la percentuale (50%) dell’importo del mutuo immobiliare, nonché la durata massima del mutuo (20 anni)
Devono essere vietati i gratta e vinci e simili, nonché le slot machine ed altre macchinette elettroniche che attualmente consentono di giocare denaro. Il lotto e il superenalotto devono tornare ad avere estrazioni settimanali. Le lotterie nazionali vanno autorizzate due volte all’anno.
Deve essere dichiarata la nullità del contratto di franchising.
Deve essere introdotto il divieto di nuovi centri commerciali e deve essere previsto lo smantellamento entro dieci anni dei centri commerciali esistenti.
Deve essere limitata la pubblicità pagata alle imprese di comunicazione e intrattenimento, le quali potranno fatturare, come corrispettivo della pubblicità, una somma pari al 20% degli incassi (dell’anno precedente) derivanti dalla vendita delle informazioni e dell’intrattenimento. Le imprese abituate a “donare” informazioni e intrattenimento ai lettori, agli ascoltatori o ai telespettatori non potranno vendere pubblicità.
Un quotidiano non può essere composto da più di venti pagine.
Ogni emittente televisiva non può trasmettere più di dodici ore al giorno: dalle 6,00 alle 8,00; dalle 12,00 alle 15,00; e dalle 17,00 alle 24,00. I cartoni animati potranno essere trasmessi soltanto dalle 17,00 alle 18,00.
Devono essere limitate o escluse le delocalizzazioni dei capitali.
Le imprese nei settori strategici devono essere protette e se necessario nazionalizzate.
E’ necessaria la reintroduzione di una moneta nazionale.
Deve essere reintrodotto un ferreo controllo sui movimenti di capitali.
Devono essere prese tutte le misure possibili volte a far sì che il debito pubblico sia in mano agli italiani e non agli intermediari finanziari. Devono essere mantenute e aumentate le riserve di oro.
Se gli obiettivi indicati implicano limitazioni alla libera circolazione delle merci e dei capitali – e le implicano necessariamente – le limitazioni vanno introdotte nell’ordinamento. Se le limitazioni implicano l’uscita dall’Europa unita, bisogna uscire. Se le limitazioni implicano l’uscita dal WTO e da altri trattati istitutivi di organi sovrannazionali – e la implicano – allora bisogna uscire dal WTO e dagli altri trattati.
Più in generale se gli obiettivi indicati sono incompatibili con il diritto europeo, che attualmente prevale sul diritto italiano – persino su gran parte della Costituzione Italiana –, ed è indubbio che sono assolutamente incompatibili, bisogna uscire dall’Europa. Allo stesso modo se gli obiettivi indicati sono incompatibili con il WTO o con altri trattati internazionali bisogna uscire dal WTO e recedere dai trattati internazionali.
Ai trattati economici globali, ai quali partecipano tendenzialmente tutti gli stati, bisogna sostituire trattati regionali: i trattati della regione del mediterraneo; e i trattati della regione dell’eurasia.
Tutti coloro che condividono anche soltanto il 50% di questo programma dovrebbero unirsi in un unico nuovo partito, accettando la rimanente parte del 50% del programma. Infatti, senza ipotizzare un partito che persegua per intero il programma, i singoli provvedimenti non verranno mai presi. Essi hanno una logica unitaria e si fondano su basi comuni. Accettate quella logica e quelle basi, non ha senso opporsi alla singola proposta, soltanto perché siamo in una condizione nella quale essa non è per noi conveniente. I vantaggi del mutamento di paradigma saranno complessivi. Saranno per noi, per i nostri figli e per i nostri nipoti.
Non so se il programma può essere definito della decrescita. La decrescita non è un obiettivo è al più un risultato. Il risultato dell’attuazione di provvedimenti che perseguono: 1) una distribuzione delle risorse equa – che sposti ricchezza: dal capitale finanziario al capitale direttamente produttivo; dal capitale in generale al lavoro, autonomo e subordinato; dalle rendite ai profitti e ai redditi -; 2) l’autonomia e l’indipendenza del popolo e della nazione; 3) una concezione e una prassi della vita lente; 4) il rispetto civile, se non sacro, della nostra Terra; 5) la tutela sacra per l’infanzia.
Condivido tutto in pieno (in più toglierei la televisione totalmente), diffondiamo questi messaggi il più possibile e si realizzeranno!
alcune cose importanti:
1) il bilancio dello stato non può essere in deficit
2) ogni nuovo edificio deve avere nel sottosuolo una cisterna per la raccolta dell'acqua piovana, da usare per innaffiare giardini, o scarichi dei Wc.
3) una merce non deperibile, non può costare più del doppio del prezzo all'uscita dalla fabbrica o dalla dogana, se importata.
4) una merce deperibile non può costare più di quattro volte il prezzo pagato al produttore, o al porto di importazione.
5) le province vanno abolite e le competenze trasferite o ai comuni o alle regioni
6) i comuni con meno di 10.000 abitanti vanno accorpati se non distanti più di 3 Km.
varie ed eventuali.
Non capisco perchè vorresti reintrodurre le licenze, le quali creano in massima parte speculazione e corruzione. L'uscita dal WTO è la prima cosa da fare, mentre l'unione europea è relativamente uniforme per quanto riguarda il modello di vita e la considero + una forza che una debolezza.
Per andrea: perchè eliminare le province quando puoi eliminare le regioni e i comuni e tenere solo le province? La vita di una persona è mediamente legata all'amministrazione dell'area provinciale non regionale o comunale. Gli hinterlamd concentrano la maggior parte della popolazione.
Ferkin,
condivido l'obiezione che rivolgi ad Andrea. Io non mi senzo Avezzanese, né Abruzzese ma Marsicano e Italiano. La dimensione dell'autonomia in Italia è quella della provincia.
Il problema delle licenze è complesso e – sempre che la mia idea sia persuasiva – la spiegazione richiede più passaggi. Servirebbe un post (come per ogni punto del programma) . Mi limito a spunti. La concorrenza ha impovereito i commercianti. Questo è certo. Esempio. Il bar con le sedie da cinquemila lire che duravano dieci anni e i tavolini tondi e ruvidi, che vendeva la semplice bottiglia da 0,66 di birra tende a scomparire. Non si guadgana più. Bisogna investire. Ma l'investimento non è sicuro. Tu butti duecentomila euro su un locale? Sei mesi dopo ti apre a sorpresa (non lo ipotizzavi) un tizio che investe trecentomila; a pochi metri di distanza da te. E tu che pensavi di restituire quel denaro in dieci anni impieghi quindici anni. E devi pure abbassare i prezzi. Ti dai lavoro e niente più. Lavori "come un negro". Non sei mai "libero" la domenica, a pasqua e a ferragosto. Guadagfni una somma che è poco superiore a quella di un lavoratore subordinato che fa venti ore di lavoro di straordinario (tu le fai). Paghi interessi per il mutuo.Se non ti fai una pensione autonoma hai una pensione inferiore al tuo dipendente. E le ore di straordinario non le scegli: le devi fare. Se consideri tutto ciò, scoprirari come la concorrenza faccia tanti danni. Psicologici, economici, culturali, politici.
Proteggiamo i venditori ma stabiliamo noi cosa vendere, come vendere e a quanto vendere. Questa mi sembra la direttiva.
A
LOL
Deve essere proibito il commercio delle bambole vestite come fate attillate (le winx) o come prostitute con gli zatteroni (le bratz).
Deve essere dichiarata la nullità del contratto di franchising.
Deve essere introdotto il divieto di nuovi centri commerciali e deve essere previsto lo smantellamento entro dieci anni dei centri commerciali esistenti.
i fascisti rossi non moriranno mai.
il cambiamento non si fa a colpi di divieti. proibisciti il cervello secondo me.
Il cambiamento si è sempre fatto a colpi di divieti. Divieto di considerare il sangue o l'appartenenenza al clero come fattore di provilegio. Divieto di escludere un figlio completamente dall'eredità. Divieto di licenziare. Divieto di approfittare dello stato di bisogno. Divieto di truffare. Divieto di rubare. Divieto di uccidere. Divieto di discriminare. Divieto di picchiare le mogli. Divieto di picchiare gli allievi. Divieto di aggredire un altro stato.
Dimmi un qualche cazzo di valore che non sia tutelato da un divieto.
Compratelo il cervello. Visto che ti manca.
Spero che la leggano in tanti la tua risposta. Sei un fascista. E con il termine intendo solo dire che sei un totalitario nell'anima, non mi importa niente il colore della tua camicia. Fortunatamente il nuovo verrà costruito sulla LIBERTA' DI, e NON SUL DIVIETO DI. Creati il tuo mondo di divieti e stacci bene. (Tra l'altro sei a un passo dall'essere eletto con questa piattaforma piena di NON, alla gente piace molto).
Saluti, a mai più.
(PS: Vado a fottermi una bambola attillata).
LOL , DIVIETO DI LICENZIARE. Non l'avevo letto. Già…, facciamo sucidare chi si è creato un'azienda che non riesce più a pagare gli impiegati perché le banche e lo stato (dei divieti) lo derubano. Questa è geniale. Divieto di licenziare, non la metterebbero neanche in un film perché è troppo inverosimile. Divieto di licenziare. Divieto di bestemmiare no? Io lo aggiungerei per legge.
Giorgino Piratello,,
Non sei abituato a ragionare. E sei invece abituato a qualificare, quasi che tu fossi su un gradino più in alto degli altri (tutti i liberali, in effetti, tendono ad avere questo vizio).
Tu avevi asserito che "il cambiamento non si fa a colpi di divieti". Potevi argomentare questa tresi e fare degli esempi ma non l'hai fatto. E ti sei permesso pure di qualificarmi fascista (sia pure rosso) e di tentare di offendermi ("proibisciti il cervello, secondo me").
Se hai tempo leggi a caso un po' di commenti agli articoli di questo blog e dimme se ne trovi uno soltanto strutturato come il tuo. Qui la gente è abituata a ragionare. Perciò nel tuo caso avrabbe almeno fatto esempi o svoltoi argomenti.
Io ti ho risposto, troppo educatamente,che la emancipazione delle masse è avvenuta attraverso divieti. Ti faccio un indice più preciso. Divieto di schiavitù; divieto di servitù della gleba; divieto di privilegi del clero e della nobiltà (non è stato un passo storico importante?); divieto di distinzione dei cittadini in base al censo ai fini del diritto di voto; divieto di discriminazione dei cittadini in base al sesso, ai fini dell'ottenimento del diritto di voto; divieto di licenziare a proprio piacimento, ma soltanto in presenza di precise condizioni e presupposti; divieto di concordare salari inferiore ad un certo minimo; divieto di mezzadria. Poi ovviamente ho risposto al tuo insulto (e ci mancherebbe), dicendoti che non sono io che devo vietarmi il cervello sei tu che te lo devi comprare
Tu, se eri uno che amava ragionare, pur in disaccordo con la linea del blog, avevi due possibilità: 1) negare che i divieti da me indicati fossero stati fonte di emancipazione e di liberazione (senza attaccarti a frasi ellittiche come divieto di licenziare; comunque ho testé chiarito il significato) e argomentare la tua opinione; 2) prendere atto che i grandi passaggi dell'emancipazione delle masse sono avvenuti introducendo divieti e che quindi la tua teoria va rettificata e resa almeno un po' più complessa. Poi dovevi prendere atto di essere venuto qui ad offendere, di aver meritato la risposta e dovevi evitare nuove offese o battutine del cavolo.
E invece nessun’ombra di un ragionamento, nell'uno o nell'altro senso segnalato. Solo "fortunatamente il nuovo verrà costruito sulla libertà di". Che è una previsione e non un ragionamento; nemmeno argomentata, poi.
Ne dovrei dedurre che sei il solito liberale e/o monarchico di destra ricco che è contrario al divieto di schiavitù, di seritù della gleba, di privilegio, di discriminazione, per sesso e per censo, di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo, di mezzadria. Ma credo che le cose stiano peggio. Non sei nemmeno quella insopportabile figura di liberale di destra alla quale ho accennato. Sei semplicemente uno squilibrato che non sa nemmeno che cosa è un ragionamento.
Prima della parentesi deplorevole imposta dal liberal-liberista molto aggressivo e poco argomentativo (una volta i liberali avevano almeno stile, vestivano giacca e cravatta e ragionavano educatamente con gli interlocutori), l'ottimo D'Andrea aveva fatto una serie di asserzioni di grande interesse. Ne riprendo una: "proteggiamo i venditori ma stabiliamo noi cosa vendere, come vendere e a quanto vendere". Faccio notare che questa è una definizione perfetta dei compiti che si assumevano le corporazioni medievali. Lo dico senza polemica ma con la soddisfazione di chi approva..
Per attuare questo programma basta la macchina del tempo.
Non capisco, però, perché la vita debba essere vissuta lenta. Cosa prevede il programma, per le persone dinamiche? la fucilazione?
Comincia a zappare l'orto e capirai che con la lentezza, al massimo puoi fare la spesa al supermercato, non certo fare produrre la Terra. La Natura appare lenta a chi non la conosce.
@ Ferkin e d'Andrea
va benissimo teniamo le province e aboliamo comuni e regioni.
l'importante è arrivare a ridurre il numero di "parlamentini" che poi decidono poco o nulla perchè non hanno fondi.
non dimentichiamo i consigli di quartiere.
per cosa riguarda licenze e negozi, avrei bisogno di un po' più di tempo per rifletterci sopra.
se dal punto di vista macroeconomico, è un danno che la ricchezza creata , subisca degli aumenti relativi di prezzo troppo alti, in assenza di nuovi mercati in cui esportare, io mi sento solo di affermare che tutto ciò che sta tra produzione e consumo, non deve appropriarsi di una fetta troppo grossa del valore finale dei beni.
l'obiettivo degli aumenti di produttività non deve andare ad incrementare la manomorta sui beni creati aumentando surrentiziamente i servizi, ma deve puntare a ridurre i tempi di lavoro a parità di stipendio, per tutti coloro che creano ricchezza.
poi come ottenere questo risultato, discutiamo pure.
Un programma politico, una modello della società, fatto di divieti, fa un po’ paura; ma, come in questo caso, un programma di riforma politica composto da divieti mi pare molto interessante: "Tra il debole e il forte, è la libertà che opprime e la legge che libera" (Rousseau).
@Frugale
Le persone dinamiche vivranno dinamicamente. E nessuno le contesterà. La lentezza consisterà nel fatto che si va a lavorare a piedi o in bici; che si attende l'autobus; che si risparmia prima di fare un acquisto importante (non si anticipano i desideri mediante carte di credito revolving); che si torna indietro a restituire la bottiglia di vetro, anziché gettare quella di plastica nel cestino; che si affitta una casa ad equo canone in periferia per risparmiare e poi modificare la propria posizione. Che, stando spenta la televisione, c'è il tempo di leggere. Che i genitori non devono andare ad accompagnare i figli di qua e di là, perché le strade saranno libere da automobili e i bambini potranno tornare a spostarsi da soli. Ecco cosa voglio dire con lentezza. Credo che sia un valore anche per le persone dinamiche.
Comunque grazie per avermi fornito occasione di chiarire il mio pensiero, che nelle note effettivamente appena affiorava in superfice.
@ menici60d15
Rousseau è il padre di noi tutti. E' così. Noi possiamo liberarci dal potere di formare l'opinione pubblica che hanno i grandi media, soltanto vietando ad essi di vendere pubblicità al capitale marchio. La eliminazione di questo potere, ai fini della liberazione o emancipazione della massa dei cittadini (noi compresi, perché viviamo insieme ad altri) è importante come lo fu un tempo il divieto della proprietà dei mezzi di produzione.
@ Andrea
Concordo con il tuo primo intervento. Quanto all'ultimo, potresti interrogarti sulla concorrenza. Sulle conseguenze deleterie che produce e sulle quali gli economisti tendono a non soffermarsi.
OK chiarito, però non la definirei vita lenta, anzi probabilmente sarebbe molto più intensa.A me appare lenta la vita attuale. Pensa al tempo perso imbottigliati nel traffico, in fila davanti uno sportello, davanti la televisione. Penso a tutti gli sprechi generati dalla pigrizia.
@ stefano
quando parlo di ridurre la quota di valore prelevata dai servizi, ovvero tutta quella parte che si trova tra produzione ( o importazione) e consumo, non necessariamente penso ad esasperare la concorrenza, a scapito dei lavoratori dei servizi.
io penso proprio ad abolirli.
per esempio per i prodotti ortofrutticoli ai famosi Km 0, ovvero produzione e consumo nella stessa area, diversificando maggiormente la produzione.
quando i pomodorini cigliegini prodotti nell'area palermitana, vengono mandati a napoli, per essere selezionati, pesati e imballati e riportati al supermercato di palermo, dopo avergli fatto percorrere 2000 km, allora dico che siamo fuori di testa, che questa è una organizzazione malata.
abbiamo cammions, bilici, che vanno su e giu per l'talia, portando varie merci, o vari componenti avanti e indietro più volte, e questo è semplicemente pazzesco.
tutto qui-
Oh, bene. Ci siamo. Mi stavo giusto domandando quando sarebbe intervenuto il primo troll. Perchè è chiaro che più aumenta la visibilità, maggiori sono i rischi di incontrarne uno. Mi sento quindi di applaudire Stefano per i suoi divieti. Adesso ne dovrà aggiungere qualcun altro alla già nutrita lista. Vietato offendere e portare argomenti ad hominem, ad esempio. Sono sicuro che saprà esercitare questa sua incombenza in modo ineccepibile.
Sulle proposte ho qualche riserva, non tanto sui contenuti ma sulle speranze che possano essere tradotti in realtà. Gli imperi mediatici sono praticamente inattaccabili, e sperare che le trasmissioni vengano limitate a 12 ore al giorno (as es.) credo non troverà mai legislazione adeguata. Perchè? Per un semplice motivo: viviamo nell'era delle Aziende, lo Stato ha già lasciato il campo. Questo programma invece presuppone una notevole presenza dello Stato, che entrerebbe in conflitto con le esigenze delle Aziende. Sarà pessimismo, ma la vedo dura…….
Apro con un'affermazione che non riguarda la sostanza dell'articolo: il sedicente giorginopiratello, quello dei due commenti "pirata", è chiaramente un'idiota [in senso sociale e non naturale] e un berluscones liberales, due cose che vanno a braccetto. Le espressioni che usa – come "fascismo rosso" – ed il riferimento alla libertà [che è solo quella di sfruttamento e di "impresa"] lo rivelano in pieno, senza ombra di dubbio. E' probabile che si tratti di un "socialmente idiotizzato", drammatico fenomeno sociale con importanti risvolti culturali ed antropologici, che in Italia assume la veste del berlusconismo, del leghismo e, per quanto riguarda le minoranze istruite, dell'idiota acculturato "di sinistra". giorginopiratello quasi sicuramente appartiene al primo gruppo di idiotizzati autoctoni.
Ma passiamo a cose più serie …
Per quanto riguarda il programma tracciato nell'articolo, invece, noto che dietro ogni parola si staglia l'ombra dell'eguaglianza fra gli uomini. E' noto a tutti voi il "contenzioso storico" fra eguaglianza e libertà, la prima tradizionalmente e nell'immaginario dei più legata al socialismo e la seconda al liberalismo. L'eguaglianza, secondo la vulgata, sarebbe "di sinistra", mentre la libertà sarebbe "di destra". Io nego questa dicotomia, fondata sul falso presupposto [espresso dalla teoria liberale e neoliberale] che Il fondamento della filosofia liberale è la fede nella dignità dell’individuo, nella libertà di trarre il massimo vantaggio dalle sue capacità e opportunità conformemente alle sue possibilità, alla sola condizione limitativa che non interferisca nella libertà di altri individui di fare lo stesso. [Milton Friedman, Efficienza economica e libertà, Vallecchi editore]. Così, secondo l’ultraliberista Friedman, l’eguaglianza entra nettamente in conflitto con la libertà, e bisogna scegliere [Ibidem], perché non si può essere nello stesso tempo egualitario e liberale. Io nego questa dicotomia storica perché contrappone una libertà formale non concretamente accessibile alle maggioranze all’eguaglianza reale fra gli uomini. Questa libertà, nel concreto, è esclusivamente quella che si riserva ai “privati” proprietari e postula l’intangibilità di proprietà ed iniziativa economica private. Come coniugare, allora, eguaglianza reale e libertà effettiva? Rispondo con una citazione da un mio vecchio scritto, dal titolo I tre comunismi – Comunismo comunitario: Se dovessimo pensare a delle parole d’ordine efficaci, che possano caratterizzare le auspicabili lotte anticapitalistiche future, non potremmo che proporre – oltre a Comunismo e Comunità – “Eguaglianza e Solidarietà”. La parola libertà non compare esplicitamente, ma nel suo significato più proprio ed autentico la possiamo intendere come il principale esito, storico e culturale, dell’unione fra l’eguaglianza comunistica ed il solidarismo comunitario. Idealmente, la parola Libertà non pronunciata risuona insieme a Eguaglianza e Solidarietà e con queste si armonizza. Eguaglianza e Solidarietà, che riflettono l’unione di Comunismo e Comunità, oltre a garantire la Libertà dei singoli nel senso più proprio e profondo che si attribuisce a questa espressione, potranno innescare un nuovo processo rivoluzionario con esiti trasformativi ed intermodali.
Saluti
Eugenio Orso
D' accordo con i cinque punti che si vogliono promuovere che sono in linea con i principi della nostra costituzione e non invece con quelli UE e WTO da cui bisogna uscire. Forse qualche divieto è eccessivo o probabilmente non occorre una volta che si è dato via a un virtuoso processo di ricostruzione dell' economia nazionale ( con controllo di movimenti di capitale, moneta nazionale, credito controllato ecc ) in ogni caso però condividiamo i principi di fondo e come detto da D' Andrea se si condivide almeno il 50% è opportuno aderire. Sui commenti tipo " fascista rosso" o " totalitario nell' anima" non spendiamo una parola perché basterebbe leggere il resto del blog per capire che sono falsi.
Un appunto:
Tra regioni, province e comuni ragionando su dimensione nazionale le meno utili a nostro avviso sono le regioni. Ci sono servizi come la sanità, l' edificazione delle scuole superiori e i trasporti che se fossero gestite da regioni senza province andrebbero sicuramente a mancare ( venendo tagliati ) in quei comuni che non sono capoluoghi di provincia ma che hanno comunque un numero consistente di abitanti. E' quello che in realtà accade oggi con la logica eurocratica dello stato commissariato, con le regioni che prendono i fondi europei e possono legiferare concorrenzialmente allo stato su questioni come commercio, ecc… Certo le province negli ultimi anni sono diventate troppe: bisognerebbe come minimo tornare ad una situazione come quella che si aveva 15 – 20 anni fa in questo campo e poi vedere se occorre fare ulteriori accorpamenti tra province. L' abolizione dei comuni, specialmente quelli piccoli non giova a nessuno. I veri sprechi sono nelle regioni che oltretutto, ogni volta che possono, delegano agli uffici provinciali i lavori di cui possono liberarsi.
Inoltre riguardo al bilancio dello stato: perché non dovrebbe essere in deficit? Con moneta nazionale se si ha una prospettiva di prosperità ( sia pure sostenibile, decrescita, sana, compatibile con l' ambiente ecc ) può essere utile spendere a deficit l' importante è che si spenda bene e si mantenga il debito più internamente possibile al territorio nazionale. Anzi si può usare questo come incentivo al risparmio per i cittadini ( a un tasso ragionevole ovviamente ) e qui appunto sarebbe utile qualche vincolo che incentivi i cittadini ad affidare il proprio risparmio in mano pubblica piuttosto che al settore bancario privato.
Mi sembra sbagliato predisporre dei provvedimenti definiti in modo così specifico e chiedere un'adesione aprioristica ad essi. E' vero che consideri necessaria l'adesione al 50%, ma alcuni sono soprattutto di principio generale e altri di natura più concreta o tecnica, per cui l'adesione ai primi e/ o ai secondi non credo possa essere valutata, per così dire, con un unico punteggio.
Io immagino che occorra definire gli obiettivi generali da perseguire e in parte anche alcuni strumenti per raggiungerli, senza entrare così tanto nello specifico. Si possono fare delle esemplificazioni, ma senza richiedere su ogni cosa una precisa condivisione.
Per quanto riguarda il discorso sui divieti, è chiaro che occorrono anche quelli, ma in molti campi non possono essere così tassativi (a meno di non voler proprio abolire l'economia di mercato, avendo la forza per farlo, il che mi sembra poco realistico).
Perciò in molti campi io punterei sull'incentivazione e la disincentivazione (ad esempio l'equo canone ha prodotto una miriade di affitti in nero o appartamenti sfitti), in altri casi la battaglia dovrebbe essere prevalentemente culturale (per esempio sulle bambole). In ogni caso non si può prescindere dal considerare la situazione di partenza (ad esempio è irrealistico prevedere che ognuno debba avere un orto e coltivarlo, soprattutto se abita in una grande città). Per certe cose (tipo il controllo sui mutui e l'erogazione del credito) mi sembrerebbe più facile nazionalizzare le banche che obbligarle). Altre scelte, come la restituzione delle bottiglie di vetro o i criteri per la limitazione del traffico automobilistico, che ovviamente condivido, dovrebbero essere lasciate agli enti locali. (Tra parentesi, siccome mi interesso alla questione dei rifiuti, mi piacerebbe postare qualcosa che ho scritto, pensi sia il caso o lo consideri un argomento troppo specifico?). Quando poi parli di divieto di delocalizzazioni, e all'inizio fai l'esempio del contadino siciliano o del distretto tessile di Prato, dovresti considerare il problema dela globalizzazione nei suoi vari aspetti. I divieti possono servire ma non sono sufficienti. Sui divieti prospera il nero e il protezionismo non è senza ripercussioni.
Occorrerebbe valutare caso per caso. Perciò personalmente mi limiterei a indicare i problemi da affrontare e una linea di (contro) tendenza, ipotizzando qualche strumento ma lasciando aperta la discussione. Tra l'altro un problema spinoso come quello dell'immigrazione non è chiaro come andrebbe affrontato. Quello che metterei all'apice del programma è quello che indichi alla fine, la reintroduzione della moneta nazionale (non parli però di mettere la Banca Centrale al servizio dello Stato), e il controllo sul movimento dei capitali. L'uscita dalla UE la poni come conseguenza logica ma io la metterei al primo posto insieme all'abbandono dell'euro. Stabilire con chi fare i trattati invece mi sembra sia meglio farlo successivamente.
Io poi avrei indicato molti altri obiettivi, ma qui mi sono limitata ad esprimere qualche commento su quelli da te enunciati, spero che tu considererai la mia una critica costruttiva.
Un ottimo commento.
Cara Lidia,
si tratta di un articolo che scrissi in maggio, che effettivamente ha i "difetti" da te indicati. E voleva soltanto orientare. In particolare voleva introdurre il problema dei divieti. Non credo che si tratti di un problema da risolvere per via culturale. I nostri figli vanno a scuola con i figli di chi acquista le bambole e vedono le medesime trasmissioni televisive (io spero di no; ma non è che si possa vivere fuori dal mondo). Accettare che il problema vada risolto per via culturale significa accettare il paradigma liberale. Vietando o ostacolando la pubblicità toglieresti il potere al berlusca a tronchetti e ad altre tre o quattro persone di conformare l'opinione pubblica.
In ogni caso il programma dell'associazione sarà del tipo di quello che tu proponi.
Su alcuni punti dissento, come quello sull'equo canone; o sulla disciplina dei mutui (il capo della banca centrale del Libano nel 2008 è stato eletto banchiere dell'anno perché è stato l'unico ad evitare la bolla immobiliare. Sai come ha fatto? Introducendo da tempo le norme che ho suggerito e che avevo pensato senza sapere nulla dell'episodio. Se fossi stato capo della banca centrale del Libano mi avrebbero eletto banchiere dell'anno!). Ma mi servirebbe un post o un commento troppo lungo.
Invece, attendo il tuo contributo in una materia che conosco poco. Hai la mia email. Quindi puoi inviarmelo quando vuoi.