Emergenza covid regredita ma nei reparti ospedalieri i parenti restano fuori
di RAFFAELE VARVARA (FSI-Riconquistare l’Italia Milano)
Un altro paradosso di questo periodo balordo riguarda l’accesso dei familiari nei reparti di degenza ospedalieri. Vi sarà capitato, se sfortunatamente avete un parente ricoverato, di essere interdetti alla visita del vostro caro. La fase acuta del covid è alle spalle e pian piano, pur con le discusse precauzioni, si è tornati alla vita normale: hanno riaperto bar, ristoranti, discoteche, librerie ecc… Tuttavia in gran parte delle strutture ospedaliere d’ Italia, le porte delle unità operative rimangono ancora chiuse alle visite dei parenti. L’accesso di familiari e visitatori è ancora considerato pericoloso e, quindi, rimane vietato. Queste politiche restrittive sono motivate dal timore riguardo al rischio di riesplosione del contagio: tuttavia queste paure sono irrazionali e infondate, se pensiamo che al di fuori dell’ospedale tutto è tornato alla normalità.
Negli ospedali della penisola spuntano regolamenti che applicano diverse gradualità di limitazioni: ci sono strutture che interdicono totalmente le visite dei parenti anche di pazienti critici e/o terminali, altre che impongono limitazioni alle visite dei familiari sia sul versante del numero di visitatori ammessi, sia su quello del tipo di visitatori (sono ammessi solo familiari più stretti), sia sul tempo per la visita (massimo 10 min); altre strutture concedono visite più prolungate per pazienti critici e/o in fine-vita.
Al momento del ricovero, dunque, i pazienti vengono letteralmente sottratti agli affetti dei familiari e rinchiusi nelle loro camere di degenza; queste limitazioni fanno sì che il paziente sia completamente spersonalizzato, come se privarlo della sua dimensione relazionale fosse un normale prezzo da pagare in cambio di terapie volte alla guarigione, in tempo di (post) covid.
Eppure la presenza del familiare è una valida risorsa per l’assistenza medico-infermieristica. A causa della carenza di personale, la presenza del familiare diviene spesso indispensabile per l’assistenza alla mobilizzazione e all’alimentazione dell’assistito, per prevenire cadute accidentali (complicanza che incide notevolmente sui costi della degenza) o per la raccolta dati anamnestica. Numerosi dati della letteratura scientifica, inoltre, suggeriscono che la presenza di familiari e visitatori riduce in modo significativo le complicanze cardio-vascolari e gli indici ormonali di stress.
Come spesso succede le misure emergenziali permangono anche a emergenza passata. Se durante la fase acuta della pandemia, le limitazioni all’accesso dei familiari era una misura emergenziale e straordinaria per impedire l’espandersi del contagio, adesso in ospedale bisogna tornare alla normalità. Il paziente ha diritto a essere accompagnato, nel tempo della malattia, dalle persone per lui più significative; la presenza dei familiari accanto ai nostri assistiti non è una sorta di «concessione» ma rappresenta una scelta utile e motivata, una risposta efficace ai bisogni del malato e della sua famiglia. Questa scelta esprime il rispetto e l’attenzione dovuti al paziente e alla sua dignità di essere umano.
Questo problema è rafforzato dalla, secondo me folle, aziendalizzazione della sanità; non è il governo ne la regione che impone questi limiti ma i responsabili, manager, direttori o come diavolo volete chiamarli che forti dell’idea che l’ospedale, il distretto ma anche il territorio sono parti di un azienda “sanitaria” o azienda essi stessi, si comportano come si comporterebbe un manager della FCA o di Prada trasformandosi in legislatori ed emanando regolamenti che diventano leggi in quanto “responsabili” di quell’azienda, peccato che però essa sia, in realtà, un servizio pubblico anzi IL SERVIZIO PUBBLICO per eccellenza, quello cioè che si occupa della nostra salute(più servizio pubblico di così, secondo me, non si può). Morale, ci sono tante cose da riformare in Italia ma togliere i manager dalla sanità e smetterla di considerarla un azienda è una priorità….ma ci rendiamo conto che ci sono persone che sono avvocati, ingegneri, ragionieri, laureati in scienze politiche o filosofia che decidono come devono essere organizzati i reparti di un ospedale o i distretti o gli interventi nel territorio? e tutto perché a loro è stato assegnato il ruolo di “responsabili”? cioè la nostra sanità, nel suo insieme è pagata da tutti ma gestita da un esercito di manager che prendono lauti stipendi pur non sapendo un cazzo di sanità ma essendo solo “manager”, per me questo è uno scempio che reclama vendetta. Si spiegano le assurdità dei reparti chiusi, il manager infatti non si occupa del benessere delle persone ma della funzionalità dell’azienda ed è fuor di dubbio che se si sta in isolamento non ci si contagia e quindi non ci sono problemi e se i pazienti sono nervosi,depressi,ansiosi o catatonici anche a causa dell’isolamento ci sono tanti psicofarmaci da somministrare l’importante è che loro (i manager) non abbiano problemi e possano continuare a prendere i loro lauti stipendi se non è una follia questa ditemi voi cosa lo è?-