Il culto della stabilità
di DAVIDE IEZZI (FSI-Riconquistare l’Italia Torino)
Dal 18 aprile 1948 al 4 marzo 2018 in Italia vi sono state 18 legislature (conteggiando quella in corso come nei casi a seguire). Nel medesimo periodo si sono alternati 12 Capi dello Stato. Nel medesimo periodo anche la Germania ha avuto 12 Presidenti federali ma 19 legislature, una in più dell’Italia. La Francia della quarta e quinta Repubblica ha avuto complessivamente 10 Capi di Stato e 15 legislature. Insomma, in Italia non c’è alcuna anomalia e nessuna instabilità.
Ma allora perché si continua a ripetere che le nostre Istituzioni sono instabili? La convenienza politica verso un costante richiamo all’Unità nazionale e alla stabilità consiste nel poter perseguire determinati fini politici (come lievissime forzature negli iter legislativi o nel contenuto di taluni provvedimenti) in nome di un bene “superiore”. La prova che generalmente si porta a sostegno di questa instabilità istituzionale è la breve durata dei Governi, fatto che nella nostra Costituzione è del tutto contemplato e anzi quasi dato per scontato.
In Italia il Governo è fondamentalmente un accordo interforze, il cui obiettivo è attuare alcuni provvedimenti specifici. I Ministeri hanno propri funzionari e dirigenti che si occupano dell’amministrazione ordinaria, non attendono Ministri e sottosegretari per funzionare. Vi sono poi gli organi che coadiuvano la gestione della res publica come
• la Ragioneria di Stato
• la Corte dei Conti
• l’Avvocatura di Stato
• la Banca d’Italia
• il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro
Tuttavia, il baricentro politico del Paese poggia sui due Rami del Parlamento e il vaglio della Corte costituzionale. La collegialità, la temporaneità e la distribuzione delle magistrature rende la Repubblica italiana uno dei modelli più stabili che esistano al mondo, persino in momenti di grande pericolo come il Piano Solo, il tentativo di colpo di Stato del Golpe borghese e gli anni di piombo.
Mi perdoni il redattore dell’articolo, ma dalla sua disamina parrebbe risultare l’inutilità o la marginalità del Governo rispetto alla gestione del paese.
Non è così.
E’ vero che la Costituzione repubblicana ci ha fornito un modello stabile, ma il Governo in questo modello gioca un ruolo fondamentale.
Gli artt. 92-100 individuano nel Governo il supremo gestore di tutta la Pubblica Amministrazione ed il motore dell’azione di programmazione.
In modo molto sommario, il Governo da un lato sviluppa un’azione di pianificazione generale, dall’altro coordina ed ottimizza le azioni della PA in funzione degli obiettivi prefissati.
La mancanza di un Governo stabile provoca quindi due ordini di problemi:
1. L’impossibilità di sviluppare politiche di lungo periodo.
2. L’acquisizione di maggior potere da parte della PA.
Il primo punto determina il continuo cambiamento delle norme ed è (anche se non unico) motivo alla base dell’elevata produzione normativa.
Il secondo è fra le cause di quello che volgarmente viene definita “burocrazia”, ovvero una struttura organizzativa dello Stato che, anche a causa della mancanza di un organo di controllo che abbia la caratteristica di essere stabile nel tempo, diventa priva di controllo politico, autoreferenziale, scarsamente efficiente.
Il redattore dell’articolo converrà quindi sull’importanza del Governo e sulla indispensabile azione di indirizzo che la Costituzione ad esso attribuisce, che purtroppo viene ostacolata dalla fragilità dei nostri esecutivi.
Concludo invitando ad una maggiore analisi sul tema ed auspicando si possa iniziare un fecondo dibattito sui motivi della fragilità dei nostri esecutivi.
Ma quale stato… ma di cosa parlate…
Abbiamo visto che dal 1933, Mussolini ha svenduto l’Italia iscrivendo la stessa, al SEC. usa.
Assieme a tutti gli organi territoriali….https://www.sec.gov/cgi-bin/browse-edgar?action=getcompany&CIK=0000052782
Gli altri organi hanno ampiamente dimostrato di nn esistere… in quanto al soldo delle finanze.
Carissimo,
il tema richiede indubbiamente approfondimento e non può ritenersi esaurito con un breve editoriale.
È però mia opinione che nella Carta costituzionale il ruolo del Governo non sia stato precisamente normato, se non nei rapporti reciproci con gli altri organi dello Stato.
È solo con la legge 400/88 che si indicano infatti dettagliatamente le attribuzioni del Consiglio dei Ministri.
Detto questo, pare evidente che per definizione le politiche di lungo periodo spettino al Parlamento, il quale per propria natura è il solo organo istituzionale capace di assicurare rappresentanza e continuità.
Proprio la continuità è il requisito essenziale alle politiche pluridecennali.
Ciò che più è mancato in questi ultimi anni, ritengo essere stata una vera “cultura di governo”, più che un governo duraturo.
Avere “cultura di governo” significa non interrompere progetti validi già intrapresi per il puro tornaconto elettorale, significa conservare la linea diplomatica di fondo nelle relazioni internazionali, significa avere cura di prediligere sempre nelle nomine a importanti Enti e Istituti la competenza e la fedeltà allo Stato, più che al gruppo dirigente del Partito.
Insomma, senza ledere il ruolo e la funzione del Governo, credo che in questi anni si sia parlato di Governo e governabilità fin troppo e troppo poco di Parlamento.
L’editoriale ovviamenre è una provocazione, che vuole spingere a riflettere.