Libertà del consumatore, giustizia sociale ed emergenza democratica
di LORENZO D’ONOFRIO (FSI-Riconquistare l’Italia Pescara)
“Tu ti senti libero?”, sentivo domandare a una persona al mare poco fa. “Certo, rispondeva, posso fare quel che mi pare!”
Domanda e risposta devono far riflettere, perché lo facciamo troppo poco. Siamo abituati a pensare alla libertà quasi esclusivamente come un concetto corporale, come assenza di costrizioni fisiche. Durante l’emergenza covid abbiamo visto compressa anche questa libertà, con limitazioni del diritto sancito dall’art. 16 della Costituzione (libertà di circolazione), che a ben vedere hanno in realtà sconfinato nell’art. 13, visto che ci è stata imposta una vera e propria detenzione.
Sulla legittimità della portata di queste limitazioni possiamo discutere senza dover arrivare a negare l’esistenza dell’emergenza sanitaria. Interrogarsi, anche alla luce di quanto emerso dai documenti desecretati del CTS sulla inopportunità di chiudere tutto il Paese, è secondo me doveroso, anche per le forme in cui le limitazioni sono state attuate, perché potrebbero costituire un pericoloso precedente. Ma andando oltre, come risponderemmo oggi alla domanda di Sandro Pertini, secondo cui non può esistere libertà senza giustizia sociale: “Mi dica, in coscienza, lei può considerare veramente libero un uomo che ha fame, che è nella miseria, che non ha lavoro, che è umiliato perché non sa come mantenere i suoi figli e educarli?”
Io rispondo che oggi la libertà è solo quella del consumatore, ovvero si è liberi di consumare quello che il sistema di produzione, pubblicità e consumo ci porta a desiderare. Ma nel momento in cui si esce dal circuito del “libero” consumo, per costrizione (mancanza di lavoro e risorse finanziarie) o per dissidenza, le restrizioni delle libertà diventano evidenti, così come emergono nel momento in cui ci si trova a dovere far valere i propri diritti. Più in generale, le limitazioni della libertà mi sembrano oggi poco evidenti a molti, perché tutti chiusi nella propria sfera individuale e non partecipano davvero alla vita sociale e politica del Paese (“Posso fare quel che mi pare!” rispondeva il tipo).
Ma nel momento in cui ti metti in testa di partecipare, soprattutto politicamente ed al di fuori dei grossi centri di potere, ti ritrovi a fare i conti con una vera e propria emergenza democratica, come ho avuto modo di scrivere, che diventa sempre più oppressiva ad ogni modifica normativa del nostro sistema istituzionale ed elettorale e che ricorda sempre più da vicino i tempi bui in cui il Paese si è trovato a fare i conti con una dittatura, divenuta evidente ai più solo nel momento delle privazioni delle libertà corporali: anche allora, infatti, le limitazioni al confronto politico democratico e alla rappresentanza furono salutate come una svolta verso la governabilità.
Ora rispondimi, tu ti senti libero/a?
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