Riflessioni su potenziali lockdowns (dalla pagina Pillole di Ottimismo)
Dalla pagina “Pillole di Ottimismo”, alcune importanti riflessioni su potenziali nuove chiusure finalizzate a contenere i contagi da Covid.
di Paolo Spada & Guido Silvestri
Domenica 25 ottobre 2020
Questa impennata autunnale dei casi di COVID-19 in Italia – ed infatti in tutto l’emisfero boreale del pianeta, confermando come SARS-CoV-2 abbia caratteri di stagionalità – sta creando ansia tra la popolazione e, comprensibilmente, anche tra chi deve prendere decisioni sul da farsi (i decisori politici), chi consiglia i decisori (i cosiddetti esperti tecnici, CTS in primis) e chi racconta queste vicende al pubblico (i media). E spesso ormai si sente quella parola che al contempo molti temono ed altri vedono come l’unica vera soluzione: i lockdowns generalizzati.
Nelle righe che seguono proveremo, con questa riflessione, a portare la nostra prospettiva medico-scientifica e soprattutto umana su quello che sta accadendo in questi giorni e cosa si potrebbe fare nel prossimo futuro. Lo facciamo pubblicamente, nonostante l’enorme stanchezza che entrambi proviamo in questa fase, per amore di verità, e per rispetto delle tante persone che ci hanno seguito in questi mesi, le quali si aspettano una nostra parola in questo senso. Sia chiaro che scriviamo con la massima serenità, senza nessuna voglia di fare polemica o di stimolare polarizzazioni inutili.
Il concetto che proveremo a illustrare in queste righe è molto semplice: di fronte ad una malattia a carattere epidemico, che per definizione coinvolge una società intera, il comportamento che la società stessa dovrebbe adottare per proteggersi non è dissimile da quello di una persona a cui è stato diagnosticato un tumore ed a cui viene proposta una chemioterapia anti-tumorale (una esperienza abbastanza comune sia dal punto di vista personale che professionale, alla quale pensiamo qualsiasi lettore possa relazionarsi).
Innanzitutto, è chiaro che nel momento in cui ad una donna (o uomo) viene diagnosticata una leucemia, per fare un esempio, è importante che il medico dica la verità alla paziente, senza ovviamente proporre letture idiote ed irresponsabili (del tipo: non preoccuparti, la leucemia non esiste, è solo un complotto di Big-Pharma). Allo stesso tempo il medico non dovrebbe neanche ripetere ossessivamente e cupamente il fatto che ci sono 50% possibilità di morire entro un anno, 80% di morire entro 5 anni, che ci sarà da soffrire tantissimo, che se anche la chemioterapia funziona poi ci sarà un rischio alto di ricaduta, etc.
Invece il medico serio, professionale e compassionevole, nel creare l’alleanza terapeutica col paziente, e nello spiegare la realtà della malattia basandosi sui fatti, cerca anche di motivare positivamente il paziente a lavorare insieme sul percorso terapeutico, incoraggiandolo ad essere speranzoso ed ottimista, consapevole del fatto che questo approccio onesto, empatico e costruttivo, che rappresenta lo standard-of-care in oncologia clinica, porti il paziente ed i familiari a vivere meglio le inevitabili difficoltà e sofferenze che li attendono. Non che sia una cosa facile trovare questa via di mezzo, ma sarebbe sbagliato pensare che, per paura che il paziente non segua la terapia come dovuto, la strada migliore da percorrere sia quella di terrorizzarlo continuamente sui rischi e la gravità del suo tumore.
[E qui rivendichiamo con forza l’uso del termine “ottimista”, e soprattutto la scelta di praticare questo tipo di comunicazione, a livello sia di rapporto medico-paziente che di rapporto con il pubblico durante una pandemia, perché promuovere l’ottimismo della conoscenza non significa affatto che si voglia “minimizzare” o tantomeno “deresponsabilizzare”, come purtroppo continuano ad insinuare falsamente alcuni soggetti, che speriamo invece possano riflettere a mente aperta su quanto stiamo scrivendo].
Ed ora parliamo della scelta della terapia e nella gestione degli effetti collaterali, che è l’aspetto più importante del problema. E’ chiaro che se potessimo usare la combinazione di chirurgia, chemioterapia e radioterapia senza minimamente preoccuparci degli effetti collaterali, praticamente quasi ogni tumore potrebbe essere eliminato, e non avremo i 175.000 morti di cancro che abbiamo in Italia ogni anno. Invece dobbiamo tener conto del banalissimo fatto che non esiste solo il tumore, e che il resto del corpo deve comunque continuare a funzionare, perché altrimenti ci salveremmo dal tumore, ma si morirebbe comunque per altre cause (e, forse, invece di 175.000, i morti sarebbero in numero molto maggiore). Infatti, nel momento in cui si decide l’approccio terapeutico ad una leucemia non si parte solo ed unicamente dal principio che ogni cellula neoplastica deve essere distrutta, ma dal fatto che l’obiettivo finale è la salute della persona nella sua interezza. Per questo le dosi di chemioterapia o radioterapia che si fanno sono precise e limitate, e basate su protocolli medici e dati scientifici che tengono conto non solo della loro efficacia nel ridurre di ridurre la massa tumorale, ma anche del rischio di causare effetti collaterali pericolosi (immuno-soppressione, anemia, disturbi della coagulazione del sangue, nefrotossicità, epatotossicità, cardiotossicità, etc). Qualunque medico o infermiere sa esattamente di cosa stiamo parlando e chiunque abbia avuto una esperienza personale, diretto o indiretta, con le terapie oncologiche è perfettamente in grado di capire questo ragionamento.
A questo punto si può tornare sul tema COVID0-19, e svelare la facile chiave della metafora. Il paziente è la nostra società civile, la leucemia che viene all’improvviso è come l’arrivo di SARS-CoV-2, il medico che decide la terapia rappresenta chi ci governa, la chemio/radioterapia sono le chiusure generalizzate, e l’efficacia come gli effetti collaterali di queste terapia ormai li sappiamo abbastanza bene. Ed infatti, anche se ci possono giustamente essere opinioni discordanti su quale sia la dose giusta del farmaco da somministrare, credo che tutti concordino sul fatto che se da un lato le chiusure sono efficaci nel ridurre la diffusione del virus (e come potrebbero non esserlo?) nel contempo esse causano effetti collaterali profondamente negativi dal punto di vista socio-economico (e come potrebbe essere altrimenti?).
In questo momento, quindi, continuando con la nostra metafora, noi vorremmo chiedere, molto semplicemente ed umilmente, a chiunque (governo, CTS, media, scienziati, etc) proponga un lockdown generalizzato come misura per ridurre i contagi ed i morti di COVID-19, di adottare il comportamento di un bravo oncologo che deve affrontare una neoplasia potenzialmente molto grave con una terapia dagli effetti collaterali molto seri. In altre parole, chiediamo che informi il paziente dei potenziali effetti avversi della terapia esattamente con la stessa accuratezza e rigore scientifico con cui lo ha informato dei rischi della neoplasia, e proponendo fin da prima dell’inizio della cura un piano preciso sia di monitoraggio dettagliato degli effetti collaterali che di ottimale gestione clinica degli stessi, allo scopo di ridurne il più possibile la gravità (ad esempio: copertura antibiotica in caso di immunodeficienza, trasfusioni in caso di anemia o piastrinopenia, riduzione del dosaggio in caso di nefrotossicità, etc).
Senza dilungarci ulteriormente, e nella speranza che la descrizione di questa metafora (o allegoria, scegliete voi, non siamo puristi della retorica) sia stata sufficientemente chiara, vorremmo chiedere, molto serenamente e sommessamente, a chiunque proponga chiusure generalizzate del paese per contenere i danni di SARS-CoV-2 e COVD-19, di completare il suo “piano di trattamento” del paziente Italia descrivendo nel contempo, con chiarezza ed in modo dettagliato e quantitativo, quale sia il suo approccio o piano programmatico per:
-sostenere le persone che perderanno il lavoro a causa delle chiusure
-sostenere le persone che avranno una notevole riduzione del reddito a causa delle chiusure
-sostenere le piccole aziende, botteghe artigianali, esercizi commerciali e studi professionali che chiuderanno o ridurranno di molto l’attività a causa delle chiusure
-recuperare risorse per sanità pubblica, istruzione pubblica, pensioni, ricerca scientifica etc. — risorse che si ridurranno in caso di prevedibile caduta del PIL conseguente alle chiusure
-quantificazione di questi fondi di “sostegno” all’economia ed al welfare sociale del paese, spiegando con chiarezza come verranno trovati ed a quali altre voci di spesa verranno tolti
-eliminare le disparità educative che la chiusura delle scuole crea sulla base del censo delle famiglie
-risolvere i problemi psicologici causati dalle chiusure, soprattutto in persone con pre-esistenti problemi sanitari
-ridurre l’aumento dei suicidi e degli abusi domestici associato ai lockdowns
Non diciamo che sia facile farlo, esattamente come non è facile trattare una leucemia o gestire gli effetti collaterali di una chemioterapia aggressiva. Non è facile, ma lo si deve fare, e lo si deve fare adesso, perché non pensiamo che si possa risolvere un’emergenza sanitaria creando un’altra emergenza, di tipo socio-economico ma potenzialmente altrettanto grave. Altrimenti si rischia di fare l’equivalente di un medico che prescrive una terapia anti-tumorale senza tenere conto degli effetti collaterali.
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