C’è in Italia una pletora di gente, gente vecchia – e cominciano ormai a detestarsi fra loro e scontrarsi – che si sente nata a far da fedelissimo al primo potente di turno; che non approfondisce, che non sonda, né sposta la visuale, rasenta a volte l’idiozia, e preferisce il dondolio degli agevoli schemi al rischio di sbagliare; che parla il linguaggio di tutti, e ha le confuse e mescolate idee di ognuno; che sacrifica il futuro unicamente in funzione del presente; che ha gambe avvizzite ed una tremenda voglia di divano.
Basta rovesciare la frase-monumento di Berto Ricci per fare un quadro realistico e per nulla poetico del nostro paese; possiamo affannarci dietro ai numeri, ai dati tecnici, e alle interpretazioni di questi. Ma sarebbe assai più utile ed opportuno tornare a dar giudizi politici, ossia etici ed estetici.
L’Italia della vecchiezza è l’Italia del Fascismo eretico presa e capovolta nel senso del malvagio. E’ l’Italia delle classi sociali distinte e separate, dei quartieri abbandonati, del caos liberale spacciato per democrazia. Si sente una gran puzza di stanchezza mentre l’arteriosclerosi di una intera nazione esplode in confuse urla disperate: alcune sofferenti, per davvero, risalgono silenti come dall’inferno dei gironi delle Rsa; ma sono sovrastate dai grufolati pretenziosi degli ospizi dorati che fanno capo alla rete dei salotti belli, dalle poltrone in pelle dei consigli d’amministrazione, e che riecheggiano in tutti i finti parlamenti rappresentavi: dentiere marcescenti che pretendono ora una patrimoniale a confini aperti, ora un taglio fiscale a lavoro morto. Ci cascheremo ancora?
L’Italia vecchia pensa solo a sé stessa: studia come far più soldi di quelli che già possiede, mantiene intatte tutte le asimmetriche disfunzioni che svuotano la Patria di possibilità e che riempiono i conti correnti transnazionali dei più noti. La piramide rovesciata delle nostre coorti generazionali è un Tempio innalzato a Satana: e la vecchiezza dominante non può che produrre inazione e usura. L’ipocrisia è il canto che ne compone il suo grande inno: quest’anno milioni di genitori separati non potranno far finta di essere una famiglia a Natale. Che peccato…
Ma nessuno è stanco di tutto questo patetismo? Manco più umanitarismo, magari; l’Italia dei comandanti anziani comanda per patetismo. La variante senza ossitocina e serotonina del benaltrismo. Nessuno è stanco quanto me? Nemmeno dei giovani-già-vecchi? Di quelli che avidamente hanno capito di potersi mettere soltanto in fila ad aspettare la paghetta: ventenni capaci di adorare Margaret Thatcher o Tony Blair. E di non conoscere, per stare al centro, Amintore Fanfani.
Eppure dovrà accadere qualche cosa prima o poi: lo dicono loro stessi, loro, i tecnici, lo dicono, che una società di anziani speculatori e qualche pizzaiolo nel lungo periodo non potrà reggere. Reggere non solo nel senso dei conti pubblici: quanto nel senso dell’esistere. E l’Italia, non come nazioncina qualunque, ma quale centro universale delle Civiltà, non può sparire. Non vorrà sparire. Troverà sempre il modo per rinascere.
Ecco il Berto Sour che qui si beve ogni tanto, dovrebbe essere una pozione di rivolta della giovinezza; una giovinezza disgustata da tanta sfacciata corruzione della vita. Un cordiale, si diceva un tempo, che dia coraggio a chi davvero non ne può più di studiare su richiesta, di dare esami di pazienza, di dimostrare competenza, di mettersi in fila per avere mai un paese decente e qualcosa di normale, di giusto, di fiorente. Nuovamente.
“C’è un po’ di gente…che ha buone gambe e una tremenda voglia di camminare”. Giacomo Petrella
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