Africa: La politica estera degli Stati Uniti giunge ad una svolta d’interessi ed obiettivi nei confronti del Continente
di REPORTDIFESA (Pierpaolo Piras)
Washington. Il Presidente americano, Joe Biden, è stato ufficialmente investito il 20 gennaio scorso alla suprema carica degli Stati Uniti.
Le sue promesse nei confronti degli Stati africani e delle loro maggiori associazioni rappresentative erano già note durante la campagna elettorale presidenziale.
La sua elezione segna un punto di rottura su alcune delle misure di punta della Presidenza di Donald Trump.
Biden ha presto e significativamente nominato un americano-guineiano, Mahmoud Bah, come leader ad interim della Millennium Challenge Corporation (MCC).
Fondata nel 2004, la MCC è un’Agenzia indipendente del Governo degli Stati Uniti che fornisce sovvenzioni e assistenza economica a paesi selezionati. Presente in una ventina di Stati africani, il MCC rivendica un approccio “innovativo” all’assistenza ufficiale allo sviluppo degli assets economici continentali.
Più specificamente, la MCC è un importante associazione che opera meritevolmente nella lotta a due dei maggiori flagelli africani: la povertà materiale delle genti e la diffusa penuria di risorse idriche ad uso umano ed industriale.
L’impulso dato da Biden con queste sue prime decisioni, indicano un ritorno degli Stati Uniti al multilateralismo e ad una distensione delle relazioni con numerosi paesi africani.
L’Amministrazione di Donald Trump è stata caratterizzata dal suo rifiuto d’impegnarsi in Africa sia in campo economico che militare.
Solo poche ore dopo il suo insediamento, Biden ha adottato una delle misure più controverse del suo predecessore, Donald Trump: è l’abrogazione del cosiddetto “bando mussulmano” che vietava l’ingresso nel territorio degli Stati Uniti a tutte persone provenienti da Paesi a maggioranza mussulmana, compresi quelli africani.
Su questa stessa linea, il Presidente ha rapidamente approvato alcune decine di ordini immediatamente esecutivi, alcuni dei quali si occupano del contrasto al razzismo in tutte le sue forme , specie nelle istituzioni pubbliche, ordinando la loro applicazione anche a tutte le Agenzie federali.
Di grande interesse per i giovani africani è l’annuncio di un disegno di legge inteso alla naturalizzazione dei giovani arrivati illegalmente negli USA, da qualunque parte essi provengano, Africa compresa.
Sono i “dreamers”, i sognatori.
Quali sono le novità nella politica estera degli USA ?
Biden rende più ufficiale la sua nuova politica estera in un video (per ragioni di Covid trasmesso in teleconferenza alla importante assemblea della Unione Africana) nel quale si impegna a lavorare in sinergia con gli Stati africani su tre emergenze che elenca con chiarezza: la lotta contro la pandemia, le problematiche legate al cambiamento climatico e il sostegno al multilateralismo inteso alla pacificazione con alcuni Paesi africani.
Per consigliarlo sull’Africa, Biden si è circondato di membri dell’ex amministrazione di Bill Clinton o Barack Obama.
In particolare, ha promesso all’Unione Africana di organizzare un vertice nel prossimo futuro al quale inviterà i capi di Stato, sul modello di quello organizzato da Obama nel 2014.
Come ha già ripetutamente sostenuto in campagna elettorale, ma ripetendo anche le posizioni politiche tradizionali del Partito Democratico americano, Biden si impegna a promuovere in Africa l’estensione dei diritti democratici iniziando da quelli più elementari, includendo anche i doveri della società verso le esigenze dei disabili e delle minoranze con diversità sessuali, spesso oggetto di discriminazioni, specie in alcuni stati africani, governati da regimi dittatoriali tra i più spietati e retrivi.
Il Presidente americano vuole recuperare il disinteresse per il continente nero di Donald Trump che nel corso del suo mandato non ha mai fatto una visita in Africa.
Biden ha un compito arduo: quello di recuperare le antiche posizioni geopolitiche degli Usa, diminuite durante la precedente presidenza, a favore del Regno Unito e ancora di più della Repubblica Popolare Cinese.
Quest’ultima è oggi la destinazione privilegiata degli studenti africani per l’istruzione superiore e persino per la formazione di circa mille giovani africani all’anno nelle scuole di giornalismo.
Inoltre, il presidente cinese Xi Jinping si è impegnato a dare ai Paesi africani l’accesso prioritario a un vaccino COVID-19 di successo sviluppato in Cina e Pechino costruirà una sede sanitaria per il controllo e la prevenzione delle malattie.
Mentre la Cina ha fatto progressi così rilevanti nel Continente, gli Stati Uniti sono rimasti indietro.
L’Amministrazione Trump, all’inizio del suo mandato, ha suscitato una strategia USA-Africa positiva creando grandi aspettative nella comunità politica africana.
Tuttavia, la mancanza di un’attuazione tempestiva, unitamente ad una prolungata retorica discriminatoria nei confronti di alcuni popoli africani del Presidente Donald Trump e all’incapacità di impegnarsi a sufficienza stabilendo buone relazioni personali con numerosi leader africani, ha minato ciò che avrebbe potuto essere un grande miglioramento nelle molteplici relazioni USA-Africa.
Il vantaggio competitivo degli USA nei confronti della Cina si palesa su numerose questioni chiave , attraversi il commercio, gli investimenti e le relazioni commerciali, anche attraverso l’Africa continentale di libero scambio (AfCFTA) recentemente adottata.
L’AfCFTA è il Trattato di Libero Commercio Continentale Africano (African Continental Free Trade Agreement) che sancisce e regolamenta l’apertura delle frontiere, la libera circolazione delle persone e la creazione di un’area di libero scambio (mercato comune) tra i Paesi africani membri.
Nel luglio 2019 sono stati 54 su 55 gli Stati africani che hanno deposto la propria firma d’adesione .
L’unico stato africano a non aver né firmato né ratificato l’accordo è l’Eritrea.
Gli Stati Uniti sono avvantaggiati per la maggiore preferenza espressa dal pubblico africano per i modelli di sviluppo, commerciale ed economico, di una nazione libera come gli USA, più sperimentati e pertanto più affidabili di altri.
Nel primo anno del suo insediamento, Biden potrebbe iniziare a sviluppare soluzioni positive con alcuni Stati dai rapporti più conflittuali per il sostegno e ospitalità donato ad alcuni movimenti terroristici come il Sudan, Zambia, Angola e Mali, concedendo loro uno status commerciale più favorevole e agiato con gli USA.
Verso il Sudan (in passato già colpito dai bombardieri USA per il legami con Al-Qāʿida) si potrebbero revocare le sanzioni economiche ed eliminarlo dall’elenco degli Stati “canaglia” che alimentano il terrorismo.
E allo stesso tempo fornire un sostanziale sostegno economico per prevenire il collasso economico di questo Stato tra i più poveri al mondo.
Biden potrebbe iniziare lo stesso processo virtuoso in tutta l’area africana convocando numerosi investitori, non solo americani.
Siamo solo all’inizio di un processo che, vista la sua complessità, sarà lungo e difficile ma l’unico in un percorso di prosperità e pace.
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