Il futuro è a sud
Offriamo in lettura un articolo pescato dalla rete e che solleva il problema della "libera circolazione delle persone", guardato sotto un profilo opposto a quello dal quale tradizionalmente osserviamo il fenomeno. L'articolo induce a pensare e inquieta persino. Mentre non persuade la valutazione dell'autore che traspare dalla conclusione (SD'A)
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Il futuro è a Sud. Lo scrive la stampa polacca nell’analisi di un fenomeno nuovissimo e sempre più diffuso tra i giovani disoccupati europei: l’emigrazione verso Sud, verso quei Paesi, un tempo poveri e dilaniati da guerre civili, che oggi stanno conoscendo un vero e proprio boom economico. Africa e Sud America vivono gli effetti di un’espansione senza precedenti e alimentano le speranze degli europei senza lavoro.
“La crisi ha colpito tutti in Europa, ma i giovani hanno pagato il prezzo più alto”, scrive il settimanale polacco Tygodnik Powszechny. “La mancanza di lavoro è dolorosa per tutti, ma lo è di più per i giovani laureati che per anni hanno nutrito grandi speranze”, alimentate dai sacrifici legati allo studio.
Come tutti sappiamo in Grecia, Spagna, Portogallo, Italia, Polonia, il tasso di disoccupazione dei giovani è altissimo. In Slovacchia la percentuale dei disoccupati sotto i 24 anni raggiunge addirittura il 35 per cento.
Secondo le cifre fornite dall’Eurostat sono 7 milioni e mezzo i giovani europei fra i 19 e 25 anni che non hanno mai avuto l’opportunità di un lavoro o di apprendere un mestiere. Proprio questa mancanza di esperienza è il motivo per cui, secondo il giornale polacco, “anche quando l’Europa uscirà finalmente dalla crisi, il futuro dei giovani resterà in pericolo”.
Per molti di loro andare via è l’unica soluzione. “L’Europa non li vuole, mentre in Africa e America Latina li aspettano a braccia aperte. Così migliaia di giovani laureati stanno partendo senza troppi rimpianti” scrive Presseurop riportando l’articolo di Aleksandra Lipczak su Polityka. E una volta espatriati guadagnano il quadruplo di quanto prendevano rispetto ai loro lavori in Europa. Al Sud riescono a ricoprire posizioni di grande prestigio e a fare carriera.
Contemporaneamente Francia e Germania rivogliono le frontiere. I due Paesi, cioè, vorrebbero frenare la libera circolazione in Europa: un fatto paradossale all’interno di questa analisi. Lo rivela una lettera pubblicata dal quotidiano Suddeutsche Zeitungdei in cui i due Ministri dell’Interno chiedono “la possibilità di ristabilire i controlli alle frontiere interne”: un documento che potrebbe essere presentato ai colleghi europei in occasione della prossima riunione del 26 aprile. I motivi? Questioni di sicurezza interna, spiega il quotidiano di Monaco. O di nazionalismo economico, per dirla con parole povere.
Ma il Sud del mondo è pronto a dare accoglienza. Secondo alcune stime dell’ Observatório da Imigração di Lisbona, oggi vivono e lavorano in Brasile circa 700mila emigrati dal Portogallo.
“Il Portogallo ha già perso circa un laureato su dieci usciti dai suoi atenei. L’esodo continua da svariati anni ormai, a causa della crisi e dell’alta disoccupazione nel Paese, colpito prima del resto d’Europa. Oggi la disoccupazione in Portogallo è al 34 per cento, in Spagna al 50 e se nessuno emigrasse sarebbe di parecchio più alta”.
Come riporta ancora l’articolo di Polityka: “Quelli che in Europa sono diventati superflui ingegneri, architetti o muratori, in Africa e in Sudamerica sono accolti a braccia aperte. Il Brasile è in piena frenesia di preparativi per i mondiali di calcio del 2014 e per le olimpiadi del 2016. Per via di alcuni mega-progetti in ambito energetico (dal valore complessivo di 200 miliardi di dollari) si stanno assumendo ingegneri e architetti in gran numero. L’anno scorso l’economia brasiliana è cresciuta quasi del 3%, mentre quella argentina dell’8%”.
E poi c’è il boom dell’Africa. Tempo fa L’Economist ha dedicato un lungo approfondimento ai dieci Paesi attualmente a più rapida crescita nel mondo: sei su dieci sono africani e testimoniano gli enormi progressi del continente nonostante tutti i suoi problemi. Spicca in modo oparticolare l’Angola, uno dei Paesi in assoluto a più rapida crescita nel mondo, ricca di petrolio, diamanti e risorse naturali. E’ ricoperta da ben tremila aziende portoghesi impegnate nella costruzione di strade, ponti, grattacieli, ferrovie, oleodotti. I giovani europei del Portogallo trovano in Angola delle ottime opportunità lavorative.
Si tratta di un argomento ancora assente dal circuito tradizionale dell’informazione. “In Spagna, che negli ultimi dieci anni aveva accolto circa 5 milioni di immigrati da Sudamerica e Africa, l’emigrazione spagnola in direzione delle ex colonie è un argomento così nuovo che pochi esperti sono preparati a parlarne. In realtà, le cifre dicono tutto: secondo i consolati spagnoli in Argentina, ogni mese si stabiliscono lì circa 1.200 spagnoli”.
Come sottolinea la stampa polacca, non stiamo assistendo a una nuova forma di colonizzazione, quanto piuttosto “alla nascita di una nuova classe di giovani migranti che sta determinando l’inversione del flusso migratorio: il risultato di cambiamenti molto più profondi in atto nel mondo. L’equilibrio di potere tra Nord e Sud del pianeta sta cambiando”.
E’ un nuovo vento caldo che soffia da lontano e spazza via le nuvole.
http://cronachebastarde.wordpress.com/2012/04/23/nuove-emigrazioni-i-giovani-fuggono-a-sud/
Vorrei inizialmente rispondere ad un punto di domanda posto da Stefano in precedenza e cioe':"Sei favorevole al fatto che gli stati stranieri limitino l'espatrio dei propri cittadini che hanno studiato e hanno usufruito delle cure e delle istituzioni, per quanto scadenti, del paese d'origine?".Si sono favorevole almeno per alcuni anni finche' non sia stato "restituito" l'investimento fatto dallo stato nell'istruzione gratuita dei propri cittadini.Il riferimento a nazioni come Cuba mi pare chiaro e a questo proposito,vorrei ricordare ai compagni internazionalisti "puri e duri" che la Cuba socialista di Fidel Castro,esempio di paese internazionalista al di sopra di ogni sospetto,divenne anni fa meta di "immigrazione illegale" da parte di alcuni haitiani,che vivendo nella disastrata e vicina Haiti(la "democratica" Haiti) pensarono bene di raggiungere l'isola socialista di Cuba per sfuggire alla miseria ben piu' atroce che sopportavano nel loro paese d'origine.Veri e propri "balzeros" quindi,ben diversi dai "balzeros" cubani che anni fa soprattutto,cercavano di raggiungere la Florida su mezzi galleggianti spesso inadeguati dove pero' grazie all'infame legge "de adjuste cubano" li aspettavano l'asilo politico e un sussidio di disoccupazione del quale gli immigrati cubani erano gli unici privilegiati fruitori a differenza di haitiani,dominicani,honduregni e messicani che venivano presi a calci in bocca non appena si presentavano alla frontiera americana.I "balzeros" haitiani furono "riaccompagnati" nel loro paese d'origine perche' Cuba,paese povero,non avrebbe potuto accoglierli sfamarli ed istruirli (anche se ad una piccola percentuale fu consentito di restare).La trovai l'unica soluzione percorribile e veramente sensata.Ma esiste ancora il buon senso,tra gli internazionalisti "puri e duri" di sinistra?
Significherebbe la vittoria definitiva del liberismo. Speriamo che che le nuvole si addensino sempre più e che il vento da caldo si faccia rovente. E' necessaria una guerra mondiale persa per trascinare nella rovina l'impero dell'alta finanza e il suo braccio armato, gli Stati Uniti d'America.
Lorenzo, non esagerare. Una guerra mondiale non la si può auspicare. In realtà, abbiamo un sistema che si sta logorando e logorandosi genera anche reazioni. mentre quando il logorio non era iniziato o meglio non era percebilile e percepito, il concetto stesso di reazione e opposizione radicale al sistema era impensabile.
La lunga crisi che ci attende potrebbe generare idee e partiti interessanti. Problemi nuovi, come quello segnalato dall'articolo, potrebbero divenire tra qualche anno di dominio pubblico.
Distruggere il consumatore individualista e cosmopolita, ossia generare una trasformazione antropologica inversa a quella verificatasi nell'ultimo trentennio, sarà opera di generazioni. Voler affrettare il desiderato risultato, auspicando sofferenze e dolori per milioni di persone non ha senso. Mi sembra più opportuno attuare una strenua strategia di resistenza individuale e cominciare a militare in organizzazioni collettive che muovno verso la giusta direzione.