La fine e il fine della vita
di Alessandro Bolzonello
Recentemente ho percorso i viali del cimitero del mio paese natale. Quel paese che mi ha visto crescere fino ai 25 anni. Poi ho scelto di uscire dai suoi confini, di vivere altrove il tempo rimanente.
Nell'attraversare il campo santo la mia mente è stata taggata da incisioni e foto. In pochi istanti ha ripreso vita prepotente una memoria sopita: persone e incontri, eventi e situazioni. Storie passate, ma costitutive di quel che sono.
Ebbe sì, ho messo da parte qualche decennio di vita. Ed anche io, prima o poi, sono destinato ad essere riposto in un 'simil luogo'. È probabile che possa arrivare ai 60^, un po' meno ai 70^, chissà agli 80^, difficilmente ai 90^. Avendo superato i 40^ posso già considerarmi un 'sopravvissuto'.
Lungo il mio percorso ho assistito al fine vita di molti e al venir alla luce di almeno altrettanti, ma, soprattutto, alcuni compagni di viaggio non ce l'hanno fatta, travolti da se stessi oppure dal contesto, anche semplicemente incappati in particolari circostanze. Per ora sono passato indenne alla selezione.
Ma vivere per vivere, cioè puntare a raggiungere un’età considerevole, può essere riduttivo. Il quanto è importante se e solo se accompagnato da un contenuto. E non è scontato.
Da giovane avevo paura di non raggiungere l'età adulta, cioè di non poter vivere le esperienze costitutive dell'esperienza umana: raggiungere l'autonomia, costruire una famiglia, generare figli, sperimentare la vita sociale, ….
Ora l'auspicio è poter assistere al 'compimento delle cose', poter arrivare a dire: 'tutto è compiuto'. Ho ben chiare le parole del nonno paterno che nella sua semplicità ha colto l'essenziale: 'posso morire contento: i miei figli stanno bene e sono stati in grado di fare una loro famiglia'.
E la vita continua, di generazione in generazione. Così sia.
Pubblicato su Invito a …
Foto: cimitero
E via di continuità rilkiana,fasulla,ideologica,giusto da qualche parte del mondo ed ancora per poco si può avere avuto il culo di nascere con la dotazione e la fortuna dei minima minimalia;altrimenti é una disgrazia,temperata da tonnellate di credenze sulla rassegnazione.E chi gli ha detto a questo che lo scopo della vita sia nella riproduzione materiale,o contarsi gli anni?Ah già,"superare la selezione"; facile:fai quello che ti dicono e pensa meno possibile,come il nonno.La cosa che mi dà fastidio é che si spacci l'aderenza ideologica per legge degli eventi:come vuole l'ideologia.
Rispondo a Franz Roth evidenziando considerazioni di metodo e di merito.
Metodo: non capisco toni e modi di espressione del dissenso. Ritengo legittimo avere una opinione diversa, legittimo non condividere, assolutamente legittimo esprimere il dissenso. Tutto il ‘di più’ non lo capisco e lo addebito direttamente a carico di chi lo esprime.
Veniamo al merito. Mi si accusa di spacciare per legge di natura ciò che avrebbe un’origine ideologica. Ogni comportamento e’ frutto di ‘natura’ e ‘cultura’, di bisogno primario e di comportamento considerato consono per soddisfarlo. Io non so distinguere l’uno dall’altro e, vedo ardito pretendere di farlo.
Penso sia importante ritornare ai fatti fondanti: nascere, riprodursi e morire. Se nascere e morire sono azioni chiare ed essenziali, riprodursi ha una valenza biologica e culturale. Se ci fermiamo a quella biologica saremo come gli animali, mentre la valenza culturale ci abilita ad una generativita’ più ampia. Contribuiamo a generare, tra l’altro, anche ideologie. Talvolta alcune diventano dominanti e possono risultare funzionali a qualcosa, meno ad altro e, nel tempo, diventare incapaci di svolgere la funzione per la quale sono nate. Se trascinate nel tempo possono risultare anche violente.
E' stata "taggata"? Non avevi una formula meno basso giovanilistica neogergale da propinare agli sventurati lettori?
Sulla sostanza, inutile discutere a causa dell'inconsistenza.