Appunti su crisi ucraina e propaganda mediatica italiana (2a parte)
di ALBERTO SAGGIO
Sugli sforzi diplomatici europei e americani con la Russia negli ultimi 30 anni
Qui sarò estremamente conciso, perché lo concepisco come addendum al punto precedente ma con una grande differenza: è opportuno che ognuno si faccia una sua opinione in merito. Nessuno può, infatti, a mio parere, essere giudice oggettivo di cosa sia giusto o sbagliato quando si parla di interessi dei singoli stati; quelle che seguono sono proprio le lamentele (odio il termine ma rende il concetto) russe di come tutto quello che è stato fatto dal 1991 sia stato percepito da loro come una vera e propria continua aggressione. Userò come fonte lo stesso Putin durante un suo discorso ufficiale alla conferenza di Monaco del 2007.
Ne trovate qui la traduzione (vale la pena leggerla integralmente, anche perché citato e falsificato incredibilmente più volte dai nostri giornalisti). Per i pigri, la parte che a noi interessa tocca 3 tematiche:
● I rischi per la democrazia in un mondo “unipolare” che segue solo gli USA.
● La cecità nel non considerare come, nel 2007 (figuriamoci nel 2022), accordi per un equilibro tra gli interessi di tutti gli attori mondiali debba tenere conto anche degli interessi dei paesi BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) che cumulativamente hanno un PIL superiore a quello di USA e UE messe insieme. Direi che ne stiamo vedendo le conseguenze oggi, visto che le sanzioni che dovrebbero danneggiare la Russia sembrano darci il colpo di grazia (per la gioia estera di chi da 30 anni compra con i saldi le nostre aziende e proprietà).
● Considerazioni sulla NATO che è meglio citare integralmente: “I think it is obvious that NATO expansion does not have any relation with the modernisation of the Alliance itself or with ensuring security in Europe. On the contrary, it represents a serious provocation that reduces the level of mutual trust. And we have the right to ask: against whom is this expansion intended? And what happened to the assurances our western partners made after the dissolution of the Warsaw Pact? Where are those declarations today?”.
Sulla rivoluzione Ucraina
Addentriamoci ora nel merito della questione Ucraina partendo da uno dei capisaldi della narrazione mediatica: la rivoluzione ucraina. Senza appesantire inutilmente la narrazione partiamo dalla storia recente. Siamo nel 2013 e Viktor Yanukovych è il presidente ucraino eletto democraticamente nel 2010 con il 52% dei voti. L’elezione del 2010 mostra un paese spaccato a metà e senza una chiara identità nazionale (qui sarebbe utile appesantire la narrazione tornando indietro, ma resisterò alla tentazione). Non voglio entrare troppo in opinioni personali, ma, semplificando, il contesto ucraino era allora formato da tre “gruppi” rilevanti:
● una minoranza di estrema destra dichiaratamente nazionalista, neo-nazista, neo-fascista ed anti-sovietica (Svoboda e Pravyj Sektor: verificate da soli, bastano i loro simboli);
● una buona parte di popolazione dai sogni occidentali ed europei;
● un’altra buona fetta (52% nel 2010) di persone di cultura ed ideologia filo-russa (e.g., cattolici ortodossi della chiesa di Mosca, comunisti, persone che non parlano l’ucraino ma solo il russo, etc.).
A 18 mesi dalle nuove elezioni, Yanukovych decide di non firmare nuovi accordi con l’Unione Europea necessari ad una futura possibile integrazione Ucraina nell’UE, e decide di posticipare la decisione in quanto la Russia, dopo aver ribadito l’importanza di un’Ucraina neutrale, blocca gli scambi commerciali con l’Ucraina e la mette in forte difficoltà economica. A seguito di questo evento nasce la protesta dell’Euromaidan (21 Novembre 2013), che porterà all’occupazione armata dei palazzi del potere ucraino, alla fuga di Yanukovych e di altri membri del governo dal paese (21 Febbraio 2014) ed alla proclamazione di un nuovo governo ad interim; la definizione di questi eventi diverge tra le propagande filo-occidentali (rivoluzione) e quelle filo-russe (colpo di stato). Personalmente, essendo stato modificato con la forza il vigente ordinamento dei pubblici poteri da gruppi armati, lo considero un golpe.
Su di una cosa non vi sono però dubbi concreti: di pacifico non vi è stato nulla. La fazione “rivoluzionaria”, infatti, non avrebbe mai potuto conquistare i palazzi di Kiev senza l’uso della forza armata ed il numero di morti e di feriti tra le forze dell’ordine (soprattutto tra le Berkut antisommossa) lo conferma. Allo stesso modo, sebbene inizialmente le forze dell’ordine fossero state molto moderate, al protrarsi delle proteste la violenza aumentò fino a dilagare in veri e propri scontri armati che portarono molti giornalisti a parlare di guerra civile.
Una forte presenza dei noti gruppi organizzati neonazisti (Svoboda e Pravyj Sektor) è confermata sia dalla grande presenza delle loro bandiere e dei loro gruppi armati nelle foto della protesta, sia da giornali come l’israeliano “Haaretz”, che descrisse le sue preoccupazioni per gli incidenti antisemiti avvenuti durante l’Euromaidan oppure l’ebraico “Aish”, che nel 2015 scrive come “il paese stia glorificando i collaboratori nazisti; il mondo dovrebbe esserne allarmato”.
In generale, però, su questa parte, mi sono trovato impossibilitato a seguire un approccio basato su documentazione chiara ed ufficiale per il semplice fatto che regna il caos giornalistico. Inoltre, personalmente, ritengo che quando vengono commesse così tante azioni brutali da entrambe le parti diventi veramente difficile ricostruire gli eventi senza trasmettere l’emozione e quindi la soggettività del narratore. Per questo, non dirò altro, per ora, sull’Euromaidan; troverete facilmente tante informazioni da soli con punti di vista diversi e necessari per farvi una vostra idea personale.
Sulla strage di Odessa e sulle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk
A seguito del golpe e della proclamazione di un governo ad interim nazionalista, vi furono due regioni culturalmente e storicamente filo-russe che non riconobbero l’autorità del nuovo governo di Kiev e si ribellarono occupando a loro volta i palazzi dei consigli regionali locali. Indotto, così, un referendum (che si tradusse in un plebiscito con oltre 95% di voti favorevoli), nacquero il 12 maggio 2014 le due Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk. Non vi sono fonti certe con le quali valutare quanto sia stato violento questo processo di indipendenza.
Bisogna nuovamente considerare che difficilmente l’occupazione di un palazzo istituzionale possa essere eseguita senza la forza, anche se, in questo caso, parliamo di una popolazione locale che non parla ucraino, che ha sempre sostenuto presidenti ucraini filo-russi (Yanukovych compreso) e che non aveva alcun interesse a restare sotto l’influenza di Kiev; è ragionevole credere ad un processo estremamente più semplice di quello dell’Euromaidan di Kiev e la sua rapidità lo conferma ampiamente.
Completamente diverso è quanto avvenuto ad Odessa il 2 maggio 2014 “ad opera di estremisti di destra, neonazisti e nazionalisti filo occidentali ucraini ai danni dei manifestanti e sostenitori del precedente governo filo-russo”. Uso Wikipedia come fonte iniziale solo per chiarire quanto sia diffusamente accettata la partecipazione di gruppi neonazisti (in particolare Pravyj Sektor, Svoboda ed altri cultori di Stepan Bandera di cui parleremo a breve) a questa strage. Non voglio aggiungere altro di mio pugno a questo episodio, se non quanto strettamente necessario a guidarvi verso delle fonti indiscutibili.
La prima fonte è un report dell’OSCE (organizzazione intergovernativa di sicurezza regionale ed osservatore delle Nazioni Unite, insomma, niente di più affidabile quanto meno per noi occidentali; Putin e “separatisti” la criticano aspramente) che documenta le vittime scaturite dagli eventi di Odessa:
OSCE – Accountability for killings in Ukraine from January 2014 to May 2016 “42 people (34 men, seven women and a 17-year-old boy) died in a fire that erupted in the House of Trade Unions, at Kulykove Pole Square. All victims were either pro-federalism supporters or people who happened to be at the site of the incident. Thirty-two of the victims (26 men and six women) died of asphyxiation with carbon monoxide while trapped in the building; 10 people died as a result of injuries sustained after jumping out of the building (eight died on the spot – six men, a woman and a 17-year old boy – and two men died in hospital)”.
Per dare un contesto in poche parole, parliamo del massacro di manifestanti sostenitori del precedente governo filo russo che, rifugiatisi presso la Casa dei Sindacati di Odessa a seguito di scontri nelle strade, sono stati uccisi in un rogo.
La seconda fonte è fornita dall’impegno del “the 2 May Group” ovvero di “un’organizzazione di 13 giornalisti locali ed esperti che hanno investigato la tragedia come volontari” fornendo una cronologia dettagliata minuto per minuto degli eventi. Vi sono contesti nei quali qualche video in diretta trasmette molto più di diverse pagine scritte; il mio consiglio è di visionare i seguenti reperti video (qui, qui e qui) per osservare la brutalità del contesto e poi in caso di approfondire direttamente con il resoconto del sito ufficiale del “the 2 May Group” (essendo in Ucraino dovrete usare il traduttore; il risultato è comunque accurato).
Uno degli aspetti più sconvolgenti di quanto accaduto è che non siano seguiti processi o detenzioni degne di nota. Tutti gli aggressori che si sono macchiati di omicidio sono poi rimasti impuniti. In particolare, Sergei Khodiak, noto come attivista dell’Euromaidan, è stato ufficialmente accusato di omicidio ma è stato rilasciato dopo due giorni di detenzione sotto le pressioni di altri attivisti dell’Euromaidan. Questi eventi sono sistematicamente evitati o stravolti dalla narrazione nostrana.
Sul nuovo governo democratico di Poroshenko e di Zelenskij
Il 25 Maggio 2014 il governo ad interim indice nuove elezioni Ucraina e viene eletto Petro Poroshenko con il 54% dei voti. Ovviamente non parteciparono alle elezioni le nuove Repubbliche indipendenti e quella parte di popolazione ucraina migrata verso la Russia a seguito dello spettro della guerra civile. La partecipazione scese così dai 24 milioni di votanti nel 2010 ai 17 milioni del 2014 (-29%, ovvero quasi un terzo della popolazione è scomparsa dalla “scena democratica”).
Il neo-eletto Poroshenko, oltre ad approvare accordi con l’Unione Europea, si distingue subito per leggi russofobe che pongono le basi per un clima di pulizia culturale volto a riscrivere le radici russe dell’Ucraina occidentale. Risulta molto difficile usare in maniera oggettiva una linea più moderata, in quanto le azioni di questo governo sono monodirezionali e riscontrabili sulla stessa comoda Wikipedia nel paragrafo “decommunization”. Prendiamo come esempio il consiglio europeo PACE che descrive le ripercussioni scolastiche dell’obbligo di utilizzare la lingua ucraina, che non era, e non è tuttora, completamente diffusa nel territorio ucraino al contrario del russo.
Possiamo trovare esempi anche nella vita religiosa. Cosa può succedere, vi chiederete, nella religione? Semplice, uno scisma! Uno scisma della nuova chiesa ortodossa ucraina dalla chiesa ortodossa russa che rappresentava la normalità religiosa dell’Ucraina credente. Noi Italiani, storicamente, dovremmo essere in grado di intuire le ripercussioni culturali di uno scisma. Tuttavia, senza ombra di dubbio, la ciliegina sulla torta per un territorio che ha visto cadere 25 milioni di Russi nella lotta contro il nazismo è stata la consacrazione di Stepan Bandera ad eroe nazionale ucraino.
Chi era Stepan Bandera? Parliamo di un ultra-nazionalista che durante la seconda guerra mondiale ha dichiarato lealtà ad Hitler, aiutandolo nella sua campagna russa. Si è macchiato, tra le altre cose, insieme al suo gruppo OUN-B, della pulizia etnica dei Polacchi a Volhynia… pensate che non si è ancora riuscito a stabilire il numero esatto delle vittime, che oscilla tra 50.000 e 100.000 persone. Bene, questo personaggio apparentemente controverso (anche se me ne sfugge il motivo, ma sarà una mia limitazione) oggi è considerato eroe nazionale poiché ha combattuto contro i comunisti sovietici e per l’indipendenza ucraina.
Se posso consigliarvi un solo articolo, leggete questo articolo, che sottolinea la confusione locale dietro questo personaggio. Provate adesso ad immaginare quale impatto possa avere avuto per la popolazione russa la consacrazione ad eroe di una figura dichiaratamente filo-nazista e russofoba. Purtroppo la situazione non è migliorata dopo l’elezione di Zelenskyj. L’attore ucraino (onde evitare dubbi, questo era il suo mestiere prima della presidenza), non ha semplicemente seguito la direzione filo-occidentale del predecessore, ma ha mantenuto le stesse misure russofobe continuando il cambiamento radicale della percezione ucraina rispetto al mondo russo.
Senza estendere ulteriormente questa parte con opinioni personali, vi fornisco un interessante articolo dell’ European Federation of Journalists (EFJ), ovvero della più grande organizzazione giornalistica Europea (indipendente no-profit). L’articolo descrive come Zelenskyj abbia deciso di proibire una testata giornalistica dell’opposizione e di sanzionarne il direttore; tutto questo ovviamente solleva forti dubbi sulla pluralità d’informazione in
Ucraina (non che qua, invece, la situazione sia migliore, se persone come me sentono l’impulso di scrivere articoli per chiarire una propaganda contraddittoria) e si contestualizza in un clima fortemente penalizzante verso la minoranza russa all’opposizione.
Queste riforme ed un massiccio controllo dei media hanno rafforzato un fortissimo sentimento estremista ed anti-russo nel paese. Sono nati addirittura campi estivi per bambini e questo è un aspetto fondamentale da capire e da visionare. Vi consiglio caldamente la visione di questo video della NBC sui “campi estivi” dove si intuisce la follia culturale sulla quale si crescono le nuove generazioni ucraine. Reuters, da cui ho preso il video NBC, affronta proprio la questione neonazista e di idolatria dei nazionalisti ucraini che in passato hanno combattuto insieme ad Hitler contro i Sovietici (parleremo di questo più avanti).
Sulla guerra che non c’è
Uno dei pilastri della narrazione propagandistica nostrana si erge sulla descrizione di “un Putin folle, spietato ed imperialista e portatore della guerra in un paese pacifico Europeo, per la prima volta da immemore tempo”. Non mi addentrerò in opinioni schiette e sincere su affermazioni simili o da essa derivate perché sono convinto che ognuno di voi possa autonomamente farsi una propria idea (o quanto meno ricordarsi dei disumani bombardamenti a Belgrado). La mia speranza è che i documenti ufficiali che qui vi fornisco possano aiutarvi a costruire un contesto chiaro della crisi attuale da cui non si può prescindere per esprimere opinioni costruttive.
Nonostante ciò, vale la pena approfondire un aspetto che non dipende dal nostro giudizio psicologico di Putin e che quindi può essere oggettivamente screditato: l’Ucraina è in guerra da 8 lunghi anni, ovvero ben prima dell’invasione russa del 2022. Pocanzi abbiamo descritto gli eventi che hanno portato all’auto-proclamazione delle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk nel territorio est-ucraino. Questa auto-proclamazione, però, non venne mai accettata dal nuovo governo di Poroshenko prima, e di Zelenskyj dopo.
Il risultato è stato che dal 2014 l’esercito Ucraino sia stato incessantemente impegnato nella riconquista armata delle due regioni, creando una crisi umanitaria senza precedenti (almeno per durata) nella storia contemporanea europea. Per toccare questo argomento così delicato, citiamo subito le fonti più attendibili in nostro possesso a livello mondiale (di nuovo, Putin e “separatisti” non sarebbero concordi, ma, d’altronde, questo avvalora ulteriormente le nostre conclusioni), ovvero l’OSCE e le Nazioni Unite.
OSCE – Accountability for killings in Ukraine from January 2014 to May 2016 Executive Summary pag. 3 “The armed conflict in certain districts of Donetsk and Luhansk regions, which has been ongoing since mid-April 2014 and which is fuelled by the inflow of foreign fighters and weapons from the Russian Federation, including former servicemen and servicemen on leave, accounts for the majority of violations of the right to life in Ukraine over the last two years. OHCHR estimates that between mid-April 2014 and 31 May 2016, at least 9,404 people, of which up to 2,000 are civilians, have been killed as a result of the conflict. The vast majority of civilian casualties, recorded on the territories controlled by the Government of Ukraine and on those controlled by armed groups, were caused by the indiscriminate shelling of residential areas, in violation of the international humanitarian law principle of distinction.”
Office of the United Nations High Commissioner for Human Rights, “Report on the human rights situation in Ukraine 16 February to 15 May 2017″ OHCHR, 2017 Executive summary pag. 2 “OHCHR is deeply troubled by allegations indicating the systematic use of torture and illtreatment by the
Security Service of Ukraine (SBU) against conflict-related detainees in order to extract confessions. The lack of effective investigation into complaints of torture and ill-treatment fuels a sense of impunity surrounding such actions. Conflict-related sexual violence also persisted, most often in the context of deprivation of liberty, at a similar level as recorded in the previous reporting period.”
Office of the United Nations High Commissioner for Human Rights, “Report on the human rights situation in Ukraine 16 February to 15 May 2017,” OHCHR, 2017 Executive summary pag. 5 “During the reporting period, OHCHR continued to witness the positioning of Ukrainian Armed Forces and armed groups in or nearby residential areas, without taking necessary precautions, in violation of international humanitarian law.18 According to residents, the occupation and use of residential neighbourhoods by Ukrainian Armed Forces have often been followed by shelling of the areas.”
Oltre a questi spezzoni, vi invito a visitare il sito OHCHR (Nazioni Unite, Dipartimento sui diritti umani) per la crisi ucraina) ed a verificare la mole di documenti tra il 2014 ed il 2021 riguardo palesi violazioni dei diritti umani da ambo le parti. Non è abbastanza? Ok, controllate anche il sito OSCE sulla crisi ucraina; io ho contato 27 pagine da 100 report ognuna per un totale di 2700 report ad oggi. La cosa che ovviamente stupisce è che (non penso di sbagliare) durante questi anni nessuna testata giornalistica abbia dedicato anche solo poche righe a quello che avveniva nell’Est europeo. I giornalisti sono cascati tutti dal pero all’improvviso ed all’unisono carichi di moralità ed indignazione anti-russa.
Continuando la nostra analisi delle fonti, a mio avviso, vi sono diversi aspetti da sottolineare:
1. Il numero di vittime è già molto alto tra il 2014 ed il 2016, per arrivare recentemente (prima dell’invasione russa) su numeri superiori alle 15000 vittime.
2. L’OSCE parla chiaramente di combattenti russi che si uniscono alla causa delle Repubbliche Popolari portando anche armi dalla Federazione Russa. L’interesse russo su questi territori è innegabile, come lo è anche lo stretto legame tra queste popolazioni che hanno sempre vissuto a contatto e parlato la stessa lingua.
3. Le Nazioni Unite parlano esplicitamente di torture, maltrattamenti e stupri sistematici eseguiti dai servizi segreti ucraini (SBU) in violazione ai diritti umani.
4. L’OSCE riporta come i propri agenti sul posto hanno continuato a rilevare la presenza dell’esercito armato ucraino dentro o in prossimità di aree residenziali senza precauzioni per la popolazione civile ed in violazione della legge internazionale umanitaria 18. I civili lamentano ufficialmente l’occupazione di interi quartieri residenziali da parte delle forze armate con successivi bombardamenti della zona.
Questi documenti descrivono un contesto molto chiaro: un territorio di combattimenti e bombardamenti ininterrotti che da 8 anni affliggono una popolazione civile alla disperata ricerca di sopravvivere in comprovate condizioni umanitariamente estreme. Inoltre, sebbene oggi ci preoccupiamo dei flussi migratori dall’Ucraina verso l’Europa, la nuda e cruda verità è che il flusso migratorio dai territori bombardati verso la Russia non si è mai interrotto dal 2014. Una considerazione che fa (o dovrebbe far) riflettere.
Stiamo cercando di capire una guerra combattuta sul confine tra delle Repubbliche autoproclamate (o separatiste, come preferite) che da 8 anni difendono strenuamente i propri confini a suon di mortai e proiettili. Parliamo di molte vittime civili e di molti profughi ormai fuggiti; insomma, non è possibile non notare forti contraddizioni nella narrazione secondo cui dei violenti separatisti russi stavano razziando le popolazioni locali, infatti:
● Che senso avrebbe per dei civili fuggire in Russia a causa dei separatisti russi? Non viene il dubbio che se per 8 anni fuggivano verso la Russia forse fuggivano dall’esercito ucraino?
● Che senso avrebbe per le popolazioni separatiste locali bombardare gli stessi obiettivi civili nei quali vorrebbero vivere? Non è più probabile che sia l’esercito ucraino ad impronta nazionalista a fare scempio delle popolazioni al confine con la Russia?
Sui battaglioni delle forze armate ucraine
Qui sarò telegrafico per scelta: non potrei mai, infatti, essere obiettivo vista l’emotività che sento su questa tematica dopo essermi informato; tuttavia, allo stesso tempo, trovare fonti globalmente accettabili sarebbe estremamente oneroso, se non impossibile. Sempre l’OSCE e le Nazioni Unite documentano come le forze armate ucraine includano e schierino molti battaglioni speciali di estrema destra.
OSCE – Accountability for killings in Ukraine from January 2014 to May 201 Executive Summary pag. 3 “OHCHR also found acts of arbitrary deprivation of life allegedly committed by elements of Ukrainian armed forces and law enforcement. In some cases, described in this report, the servicemen of the following units were allegedly involved: ‘Aidar’, ‘Azov’, ‘Dnipro-1’, DUK, ‘Harpun’, ‘Kyiv-2’, ‘Shakhtarsk’ (‘Tornado)’, 25th Separate Airborne Brigade, and the Security Service of Ukraine (SBU).”
United Nations, “General Assembly, Human Rights Counsil 27th session,” UN, Sep. 2014 pag. 156 “The Ukrainian security operation involves the army, the military police (National Guard), the National Security Service (SBU) and a number of volunteers’ battalions. The involvement of battalions of volunteers (Donbas, Azov, Aydar, Dnipro, Ukraina, etc.) raises important questions.”
Potete cercare in autonomia, il più famoso è senza ombra di dubbio il battaglione Azov, definito come neo-nazista dalla stessa Wikipedia e di cui abbiamo visto un campo estivo per bambini. Purtroppo, penso si possa unicamente asserire in tutta onestà che in Ucraina esista un movimento neo-nazista che, sebbene rappresenti una minoranza (intorno ai 500.000 voti alle elezioni), è stata rafforzata e messa a piede libero grazie alle politiche attuate dai governi “filo-occidentali” post-golpe.
Sugli interessi USA nell’Euromaidan
Ci accingiamo a trattare una questione veramente spinosa e di cui è difficile, ma non impossibile, ottenere fonti certe. Proprio per questo motivo, partiamo dall’analisi di un discorso di Victoria Nuland, ovvero della Assistant Secretary of State for European and Eurasian Affairs del Dipartimento di Stato degli USA. La diplomatica americana nel 2014 inizia parlando della situazione ucraina e spiegando come Yanukovic dovrebbe fare un cambio di direzione per accontentare gli allora manifestanti dell’Euromaidan i cui sogni coincidono con quelli della democrazia americana.
Propaganda a parte, dal minuto 7:27, la diplomatica ammette candidamente che dal 1991 gli USA hanno speso oltre 5 miliardi di dollari per promuovere, incoraggiare e supportare la transizione ucraina verso i valori democratici americani ed europei che, ovviamente, le daranno un futuro di grande prosperità (una guerra civile con golpe, la strage ad Odessa, 8 anni di guerra in Donbass ed un’invasione russa… che dire, well done, non mi aspettavo niente di meglio dagli autori dei disastri in Jugoslavia, Afghanistan, Iraq, Libia e Siria).
Ora, ovviamente, la domanda che sorge spontanea è: cosa avranno esattamente finanziato con 5 miliardi? Nonostante sia stata immortalata a fornire panini e bevande insieme all’ambasciatore USA in Ucraina durante l’Euromaidan, ovviamente, dobbiamo dubitare che questa sia stata un voce di spesa rilevante. Nel suo discorso, tuttavia, vengono direttamente menzionate persone (senior officers) presenti nel governo, nel mondo del business e nella comunità religiosa ucraina e che “lavorano duro per portare il proprio paese ed il proprio presidente nella giusta direzione”, ovvero, verso “un futuro democratico ed europeo”.
Quello che, quindi, possiamo concludere è che:
● Gli USA volevano un Ucraina nell’Unione Europea e nella NATO (la goccia che ha fatto traboccare il vaso recentemente) per motivi che possiamo solo teorizzare;
● sono stati spesi oltre 5 miliardi di dollari per raggiungere diversi obiettivi ed in parte anche per guidare l’Ucraina in questo processo tramite persone di grande esperienza inserite in tutti i ruoli-chiave del paese (strategia che ricorda quella adoperata in America Latina);
● le proteste dell’Euromaidan sono viste come il naturale successo di quanto fatto.
A questo punto possiamo far entrare in gioco un’intercettazione tra la Nuland e l’ambasciatore USA in Ucraina e di cui la BBC ha fornito la trascrizione e l’audio originale. Senza entrare troppo nei dettagli che potete approfondire, in questa chiamata si capisce chiaramente come i due stiano chiaramente decidendo quale debba essere il futuro ucraino e come ottenerlo tramite accordi con i vari esponenti politici. I due discutono anche di come sia necessario coinvolgere persone di caratura internazionale come l’allora Vicepresidente Joe Biden (che coincidenza!) e di un aspetto ancora più preoccupante; il ruolo delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea. Nei discorsi, infatti, la Nuland spiega come sia riuscita a coinvolgere esponenti UN per dare concretezza al loro piano mentre, alla fine, “fuck the EU”. Queste ultime tre parole incarnano la drammaticità della situazione; l’Unione Europea, secondo la BBC, è estremamente esitante e scettica a scontrarsi direttamente con la Russia a causa di quanto gli USA stanno mettendo in moto in Ucraina. Come finisce lo sappiamo; la situazione diventa instabile, la Russia interviene e si applica concretamente il “fuck the EU”.
Questo materiale prova in modo incontrovertibile il ruolo economico e politico USA nelle proteste dell’Euromaidan. Esplorare in dettaglio le motivazioni che possano portare gli USA a destabilizzare l’Ucraina e ad assoggettarla all’Unione Europea (nonostante la titubanza dei paesi europei, che giustamente temono la reazione Russa) è un mero esercizio teorico che difficilmente può trovare riscontro in qualche documento verificabile; per questo motivo, da qui in poi dovrete crearvi una vostra opinione personale basata sullo stato attuale delle cose. Le ripercussioni economiche dall’interruzione dei rapporti con la Russia sono sotto gli occhi di tutti (ed anche nelle spese di tutti).
Sul vero giornalismo di guerra
Il giornalismo sulla crisi ucraina, ovviamente, riflette la narrazione propagandistica che comunemente riempie i nostri mass media. Ci siamo così abituati a vedere giornalisti in Ucraina collegati in prima serata comodamente dalla loro stanza d’albergo con un WiFi funzionante ed il riscaldamento. Nonostante questo, è importante essere consapevoli che esistono anche tanti appassionati giornalisti di guerra che rischiano la vita documentando avvenimenti dal fronte da molto prima che la Russia invadesse e che quindi i giornalisti più famosi se ne interessassero.
Il primo giornalista che voglio menzionare è ovviamente il povero Andrea Rocchelli che, purtroppo, in Ucraina perse la vita nel 2014 insieme ad un attivista dei diritti umani. I due malcapitati vennero uccisi da un colpo di mortaio sparato verso obiettivi non militari da un soldato dell’esercito ucraino, Vitalii Markiv. In pochi ricorderanno le notizie uscite al tempo: in breve, il soldato italo-ucraino fu processato dal tribunale di Pavia, condannato a 24 anni per poi venire “inspiegabilmente” assolto per errori formali ed a causa dell’interprete che decise di non finire il proprio lavoro nel processo a seguito di minacce da parte di ignoti ucraini. Possiamo ammirarlo qua assieme ai suoi amici, perché, oltre ad essere considerato un eroe, è anche appartenente all’estrema destra neonazista ucraina. Oggi, ovviamente, combatte ancora insieme all’esercito ucraino, osannato dai commilitoni.
Il secondo giornalista che consiglio di seguire è Vittorio Rangeloni. Italiano, ma originario delle zone russe dell’Ucraina, ha seguito gli eventi dell’Euromaidan a Kiev e poi dal 2015 ha deciso di passare la sua vita in trincea per documentare una guerra apparentemente invisibile per l’Occidente: la guerra nelle Repubbliche Popolari in Donbass. Consiglio la lettura del suo libro (Donbass, le mie cronache di guerra), che chiarisce quanto successo dal punto di vista delle popolazioni locali.
Altri due giovani giornalisti da seguire sulla crisi ucraina sono Andrea Sceresini e Lorenzo Giroffi. Subito dopo lo scoppio della guerra in Donbass i due giovani giornalisti sono partiti verso l’Ucraina, girandola in lungo ed in largo per cercare di farsi un’idea chiara su cosa stesse succedendo. Il loro racconto raccolto in un libro (Ucraina, la guerra che non c’è) stupisce proprio perché evidenzia le tante contraddizioni che si possono incontrare in questo Stato così esteso da est a ovest. Andrea e Lorenzo hanno intervistato esponenti sia ultranazionalisti che separatisti, andando sul fronte con entrambi gli schieramenti.
L’ultimo libro che vi suggerisco è quello di Sara Reginella (Donbass, la guerra fantasma). Uno degli aspetti che colpisce è come i giornalisti che conoscono le vicissitudini ucraine, perché le hanno vissute sulla propria pelle, descrivono sempre una guerra “invisibile”, “che non c’è” o “fantasma”; insomma, una guerra che, sebbene stia lacerando la popolazione locale da 8 anni, non suscita nessun interesse nell’Occidente, neanche adesso che tutti i riflettori sono puntati sull’invasione russa.
Note finali
Odio, discriminazione, insulti e fobia non hanno mai fermato guerre, anzi, storicamente, ne hanno causate molte. Empatia e comprensione, soprattutto verso culture economicamente e socialmente diverse da noi, sono da sempre state la chiave per raggiungere accordi di convivenza pacifica e prosperità economica nel rispetto degli interessi, spesso diversi, delle parti in conflitto (sia esso armato, economico o culturale).
Capisco più facilmente la posizione degli USA che da sempre si sono mostrati disposti a destabilizzare interi paesi (rigorosamente lontani dai propri confini) per i propri interessi geopolitici; mi risulta tuttavia incomprensibile il comportamento Italiano: la scelta di un sacrificio economico completamente opposto agli interessi nazionali.
Le attuali scelte ci stanno portando per l’ennesima volta verso una recessione economica sconsiderata e desiderabile solo da chi negli ultimi trent’anni ha comprato con i saldi tante nostre aziende rinomate a livello mondiale (TIM, Telecom, Giugiaro, Pinin Farina, Pernigotti, Buitoni, Algida, Gucci, Valentino, Loro Piana, Agnesi, Ducati, Magneti Marelli, Italcementi, Parmalat, Galbani, Invernizzi, Ferretti Yatch, Kriza, Bulgari, Pomellato, Brioni, Ferre’, La Rinascente, Poltrona Frau, Edison, Saras, Wind, Ansaldo, Fiat ferroviaria, Tibb, Alitalia, Merloni, Di Fabriano, buona parte del sistema bancario e potrei continuare) ed ha distrutto consapevolmente la piccola e media impresa.
Se non scegliamo di essere neutrali e di agire realmente in modo diplomatico per una questione puramente etica, allora, almeno, scegliamo di essere neutrali per i nostri interessi economici, senza ipocrisia e nel pieno rispetto dell’articolo 11 della Costituzione Italiana: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
[fine]
Qui la prima parte dell’articolo
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