Giacometti a Bhopal
Confesso di non avere mai sentito parlare di Alberto Giacometti fino a quando non ho cercato su internet “Van Gogh asta record”. Sapevo di un'asta record di un dipinto del celeberrimo pittore fiammingo e volevo conoscerne i dettagli. Con mia grande sorpresa tale asta (valore attorno ai 90 milioni di dollari) era stata superata da altre due strepitose vendite: un Picasso del periodo rosa (circa 100 milioni di dollari) e "L' Homme qui marche, I" una scultura bronzea del 1960 di Giacometti. Asta aggiudicata per 104 milioni di dollari.[1]
Sono felice di sapere che ci sia qualcuno che abbia così tanti soldi e così tanto interesse per l'arte. Immagino che quella scultura non finirà in un salotto, stante le dimensioni. E comunque la cosa non mi riguarda: mi reputo un grossolano ignorante di arte scultorea, fatto confermato dal non conoscere il Giacometti in questione. Ciò che mi interessa invece è comprendere come certi meccanismi sociali funzionino, come e perchè la ricchezza se ne vada in certi posti piuttosto che in altri. Da Sotheby's ad esempio ce n'è ma a Bhopal no.
Vi ricordate Bhopal, vero? La notte del 2 Dicembre 1984 una nube di gas velenoso fuoriesce dalla fabbrica indiana di pesticidi della Union Carbide, uccidendo almeno 8.000 abitanti nei primi tre giorni; Amnesty International afferma che fino ad oggi ne sono morti 20.000, e 500mila si sono ammalati a causa del disastro. [2]
Pochi giorni dopo il disastro il presidente della Union Carbide, Warren Anderson, viene arrestato dalla polizia indiana ma subito rilasciato su cauzione di 2.000 dollari e abbandona il paese. Nel febbraio del 1989 dopo cinque anni di disputa legale il Governo indiano e la Union Carbide vengono ad un accordo extragiudiziale. L’ammontare del risarcimento viene ridotto dagli iniziali 3,3 miliardi di dollari reclamati dal Governo Indiano a 470 milioni. Diciamo che 500 milioni divisi per le 500 mila vittime fanno 1000 dollari ad ognuno degli aventi diritto. Non percepì alcun risarcimento chi ebbe il torto di presentare sintomi a distanza di mesi, oppure figli di genitori “contaminati” che oggi soffrono di malformazioni o malattie croniche. La parte più consistente dei risarcimenti venne effettuata nel 2004, a vent'anni dalla strage.
Scrive Slavoj Zizek: " il disastro (ambientale ndr) è indicativo di un problema ben maggiore, un problema che ci riguarda tutti….ciò che è qui ridicolmente ingenuo è l'idea che una compagnia privata, indipendentemente dalla sua ricchezza, possa essere in grado di pagare l'intero costo del danno causato da una catastrofe ecologica; sarebbe come chiedere ai nazisti di ripagare l'intero costo dell'Olocausto.[3]
Sparisce di colpo la "mano invisibile" che regola i mercati, nel nome del dio Mercato: responsabilità e risarcimenti non fanno parte di questo credo. Nè la cosa deve stupire se è vero che, come scrivevo nella serie "Cartello petrolchimico", Hitler con il suo Neuordnung (emanato quando gli esiti del conflitto erano ormai chiari) aveva organizzato un Nuovo Ordine (Mondiale) dell’industria chimica mondiale per sostenere nel futuro le politiche del Reich sul mondo.[4]
Ovviamente per Zizek il sistema capitalistico è completamente contro l'uomo, e l'errore sta tutto nel credere che le varie forme di cui esso si nutre possano a qualche titolo avere possibilità di redenzione, magari attraverso i risarcimenti. Bisognerebbe però sentire cosa ne pensano quelle svariate centinaia di migliaia di dannati di Bhopal, Seveso etc….una volta che il disastro è avvenuto. Togliere una parte di (ma anche tutto il) capitale all'industria che ha causato la tragedia non mi sembra così sbagliato.
Nel 2001 la Union Carbide e Dow Chemicals si fondono dando origine alla più grande compagnia chimica del mondo. La Dow eredita attività e responsabilità della Union Carbide, anche se sostiene di non essere responsabile per un impianto in cui non operava. Nel 2002 un giornale britannico scopre che Warren Anderson conduce una vita di lusso a Long Island, New York. Nonostante sia ricercato dall'India e dall'Interpol, le autorità statunitensi non si erano impegnate per estradare Anderson, dichiarando di non essere in grado di trovarlo. Quel giornale lo ha rintracciato in due settimane. [5]
Posso immaginare che sia stato proprio Anderson ad acquistare anonimamente via telefono quella scultura di Giacometti. Se non è stato lui, è stato uno che come lui vive nel lusso (ovviamente perchè fa precipitare qualcun altro nella miseria). Uno che come lui può permettersi di licenziare e mettere sul lastrico famiglie, fino a causare stragi nel nome del profitto. Magari l'anonimo acquirente di Sotheby's era un Thyssen. Oppure un vertice della Hoffman-La Roche, proprietaria della ICMESA di Seveso.
E' un vero peccato che io non conosca il Giacometti della scultura più costosa al mondo. Conoscevo invece (un po') Van Gogh e la sua vita di miseria e pazzia. Un'arte, la sua, mai adeguatamente stimata mentre era in vita, pure avendo avuto un fratello mercante d'arte. Nessuno avrebbe mai comprato un suo quadro per le cifre pazzesche che alcuni sborsano oggi. Lui, poeta della miseria irreparabile, diventa il pittore più costoso del mondo. I ricchi non hanno temuto di comprare le sue immagini di disperante povertà. [6]
Questo perchè i ricchi non temono la miseria: la giustizia (umana o divina che sia) sta sempre dalla loro parte, pochissime le eccezioni. Anderson se l'è cavata con un'ammenda di 2000 dollari per avere rovinato 500.000 persone. Van Gogh si è tolto la miseria che lo perseguitava con una morte precoce, probabilmente suicidio. Ha così regalato un'opportunità d'oro per i mercanti d'arte. Torniamo sempre lì, che ci piaccia o meno.
Il Mercato è l'ombelico funzionale di questo disfunzionale mondo.
Non mi meraviglierei che un'opera d'arte ispirata a Bhopal (Guernica della postmodernità) fosse venduta in una casa d'aste inglese per un valore simile ai miseri rimborsi per le innumerevoli vittime. Baudrillard parla dei simulacri della società postmoderna. Si esorcizza l'orrore attraverso la desacralizzazione che il Mercato impone. Si compra l'orrore a prezzo di Mercato, con i ritmi e le dinamiche che il Mercato stesso inopinatamente determina. L'orrore di una vita distrutta vale a seconda di ciò che il Mercato giudica, in base ad i suoi insindacabili parametri di valutazione.
Si arriva così all'intelligenza vivida di un artista che interpreta così intensamente i tempi che vive da far valutare ragionevole ai sacerdoti del Dio Mercato l'equiparare invalidità e morte di 100.000 persone (colpevoli di vivere ai margini dell'Impero e di essere stati nel posto sbagliato al momento sbagliato) ad un'unica opera d'arte. Quei 500.000 disgraziati di Bhopal valgono quanto 5 opere di punta firmate Picasso, Van Gogh, Giacometti e soci.
Ripeto: cinque opere d'arte sono equivalenti alla vita infame di 500.000 malati, hanno lo stesso prezzo. Perchè la vita, la salute e l'infelicità di sapersi ammalati hanno un prezzo determinato da contrattazioni nelle sedi più appropriate. Che possono essere le aule di quei tribunali che vedono uscire raggianti gli Anderson come le aule di contrattazioni borsistiche che temono risarcimenti adeguati che farebbero crollare le quotazioni societarie. Invece no: tribunali, borse e propaganda devono concorrere unanimemente al sostentamento del mito modernista.
Ogni domanda di risarcimento deve essere adeguata all'offerta di manodopera ed indipendentemente dal valore intrinseco della vita di un uomo: quest'ultima vale molto meno della quotazione di una nota opera d'arte.
Forse se l'Occidente non fa più figli è perchè gli occidentali possiedono auto, mobili e oggetti contrabbandati per arte dai media: il nostro immaginario collettivo ormai preferisce le nature morte alle nature vive.
[1]http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/02/05/aste-da-giacometti-van-gogh-quando.html
[2]http://www.lanuovaecologia.it/view.php?id=11671&contenuto=Notizia
[3]S. Zizek "Benvenuti in tempi interessanti" pg.39
[4]https://www.appelloalpopolo.it/?p=2216
[5]http://www.greenpeace.it/bhopal/cronologia.php
[6]http://www.ilgiornale.it/news/vincent-van-gogh-e-l-arte-dell-infelicit.html
gli oggetti d'arte, sottolineo oggetti, avendo un valore d'uso pari a zero, si prestano particolarmente ad una valorizzazione infinita del valore di scambio
Il ricco e il povero sono fratelli, e il fratello ricco si chiama Caino.
(Oscar Wild)