Simbolo, persone, scopo e organizzazione
di STEFANO D’ANDREA
Alcuni credono che una associazione, nonostante la modifica dello scopo sociale e della struttura organizzativa, resti sé stessa, sicché sono capaci di sostenere che l’associazione “deve continuare”, anche se poi propongono o appoggiano o accettano la modifica dello scopo sociale e della struttura organizzativa (e quindi in realtà, senza saperlo, propongono la distruzione di ciò che dovrebbe continuare).
Ovviamente si tratta di una ingenuità gigantesca, paragonabile a quella dei bambini che credono al lupo mannaro. Una associazione, se mantiene lo stesso scopo sociale e la stessa organizzazione, resta se stessa anche se cambia il simbolo e se cambia il gruppo dirigente. Il PCI, per recare un esempio, finché ebbe lo stesso scopo sociale e la stessa organizzazione, restò il medesimo soggetto, nonostante che la iniziale classe dirigente (parlo di quella del 1943), per una ragione o per l’altra, fosse venuta meno.
Non fu la trasformazione del simbolo da PCI a PDS a segnare la trasformazione, bensì il mutamento dello scopo sociale (della quale la trasformazione del simbolo era soltanto un riflesso) e dell’organizzazione (abbandono del centralismo democratico). Seppure avesse continuato a chiamarsi partito comunista il nuovo partito sarebbe stato una cosa diversa. Quando si cambia lo scopo sociale, vi è una trasformazione radicale dell’associazione, che diventa un’associazione completamente diversa da quella iniziale, sia pure con lo stesso nome.
E quando si cambia la struttura organizzativa, non in un elemento secondario o accessorio, ma nella sua essenza, una associazione, pur con lo stesso nome, e momentaneamente con gli stessi associati, non è più la stessa. Senza me ma con Lorenzo, senza Rizzo ma con Catello, senza Toscano ma con Nisi, e pur mutando il simbolo, l’alleanza resterebbe quella che è, se mantenesse il medesimo scopo sociale e la stessa organizzazione. Se, invece, pur restando momentaneamente immutate le persone, fosse stravolta l’organizzazione, ben presto le persone che ne fanno parte l’abbandonerebbero ed entrerebbero altri soggetti. Idem se fosse mutato lo scopo sociale.
Ciò che vale per ISP vale anche per RI. Alcuni credono che noi di RI saremmo rimasti assieme dieci anni, che nei primi quattro anni avremmo aggregato le persone sufficienti a dire “possiamo dar vita a una frazione di una futura alleanza”, avremmo poi retto quattro anni candidandoci in comuni e regioni, imparando un sacco di cose, e saremmo riusciti a promuovere, come abbiamo fatto, un’alleanza elettorale che si è candidata in tutti i collegi della camera (mettendo a disposizione molte cose che avevamo imparato), anche se ARS-FSI-RI avessero avuto una diversa organizzazione. Io invece dico che avremmo fatto esattamente la fine delle decine di organizzazioni che in questi anni sono sorte al nostro fianco e poi sono morte.
In una associazione, l’organizzazione è tutto. Poi viene lo scopo sociale. Poi vengono le persone. Infine il simbolo. L’organizzazione garantisce la funzionalità o la disfunzionalità. E attira certe persone e ne respinge altre. Lo scopo sociale è il senso dell’associazione e attira persone e ne respinge altre. I soci sono quelli che sono stati attratti e sono attratti e non sono stati respinti e non sono respinti dall’organizzazione e dallo scopo.
Essi mutano al mutare dell’organizzazione e dello scopo sociale. Il simbolo serve ad attirare l’attenzione dei passivi, dei consumatori, dei votanti. Ma di per sé è vuoto. Esso può ben restare identico quando, mutando organizzazione e/o scopo sociale, ben presto sono cambiati pure gli associati. Il simbolo serve ad ingannare gli altri. Non dovrebbe ingannare anche i simpatizzanti che credono di continuare una associazione, modificandone organizzazione e scopo sociale
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