STATO D’ECCEZIONE PERMANENTE
di ANDREA D’AGOSTO
Se fino all’applicazione delle costituzioni europee del dopo guerra il sovrano era chi decideva sullo stato di eccezione, oggi il sovrano è colui che governa grazie allo stato di eccezione; l’UE si incardina dentro lo stato di eccezione.
Se prima lo stato di eccezione costituiva un punto di squilibrio tra diritto pubblico e fatto politico, oggi, invece, esso costituisce il punto di equilibrio che fa prevalere la sovranità giuridica sovranazionale sia sul fatto giuridico che politico nazionale.
In altri termini, lo stato di eccezione una volta fattosi dispositivo della ragione politica europea si è fatto diritto e governa in modo automatico, disinteressandosi se un popolo esprime un diverso fatto politico.
Tale fatto è ontologicamente indifferente e si consuma all’interno dell’ordinamento nazionale in modo automatico.
In definitiva solo un fatto politico interno che va nella direzione imperiale del dispositivo dà potere alla classe dirigente e al popolo che la sostiene.
E questo comporta che la sovranità non può più essere più esercitata dai Popoli europei, ma solo dal governo europeo.
Non c’è più alcuna delega ma un’adesione in alcuni casi passiva perché forzata e in altri casi attiva pur sempre forzata.
Questo dispositivo tutto è, può e deve essere tranne che democratico e popolare.
La democrazia europea si è trasformata in un plebiscito imperiale, visto che la sovranità si è trasferita all’esterno degli ordinamenti nazionali, ovvero dentro lo stato di eccezione permanente.
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